Rinuncia all’Impugnazione: Quando Conviene e Quali Sono le Conseguenze?
La rinuncia all’impugnazione è un atto processuale di fondamentale importanza nel diritto penale, che può determinare la conclusione definitiva di un procedimento giudiziario. Si tratta di una scelta strategica che, sebbene possa apparire come una resa, spesso risponde a precise valutazioni difensive. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di analizzare nel dettaglio le caratteristiche e, soprattutto, le conseguenze di tale atto, in particolare la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e le relative sanzioni economiche.
Il Caso in Esame: Dalla Condanna alla Rinuncia in Cassazione
La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello che, in parziale riforma di una precedente pronuncia, aveva condannato un imputato a tre anni e sei mesi di reclusione e 30.000 euro di multa per reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti.
La Condanna Iniziale e il Motivo del Ricorso
L’imputato, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello contraddittoria riguardo alla valutazione di un suo presunto deficit psichico, aveva deciso di presentare ricorso per Cassazione tramite il proprio difensore. L’obiettivo era ottenere un annullamento della condanna o una nuova valutazione del suo stato mentale, che avrebbe potuto incidere sulla pena.
L’Atto di Rinuncia e i Suoi Requisiti Formali
In una svolta processuale significativa, prima che la Corte si pronunciasse, il difensore dell’imputato ha depositato un atto di rinuncia all’impugnazione. È cruciale sottolineare che tale atto era accompagnato da una procura speciale. Questo documento è indispensabile perché la rinuncia è un atto strettamente personale: può essere fatta direttamente dall’interessato oppure dal suo avvocato, ma solo se quest’ultimo è stato specificamente autorizzato dal cliente per compiere quel preciso atto.
La Decisione della Corte: Conseguenze della Rinuncia all’Impugnazione
Una volta ricevuto l’atto di rinuncia, la Corte di Cassazione non entra nel merito dei motivi del ricorso. La sua funzione si limita a verificare la validità formale della rinuncia stessa e a trarne le dovute conseguenze procedurali.
La Dichiarazione di Inammissibilità
La conseguenza diretta e inevitabile di una valida rinuncia è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come specificato nell’ordinanza, la rinuncia è un atto abdicativo, irrevocabile e recettizio. Ciò significa che una volta comunicata al giudice competente (il giudice ad quem), essa produce immediatamente il suo effetto, impedendo qualsiasi esame del contenuto del ricorso originario.
La Condanna alle Spese e alla Sanzione Pecuniaria
Ai sensi dell’art. 591 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la fine del processo, ma anche precise conseguenze economiche per il ricorrente. La Corte ha infatti condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ravvisando profili di colpa nella proposizione di un ricorso poi abbandonato, ha disposto il pagamento di una somma di 500,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte
La Corte Suprema ha motivato la propria decisione basandosi sulla natura giuridica dell’atto di rinuncia. Viene descritto come una ‘dichiarazione abdicativa, irrevocabile e recettizia’ che, una volta pervenuta alla cancelleria del giudice, produce l’effetto automatico dell’inammissibilità dell’impugnazione. La Corte sottolinea come la rinuncia, per essere valida, debba rispettare le forme previste dalla legge, ossia deve essere proposta personalmente dalla parte o dal difensore munito di apposita procura speciale, come avvenuto nel caso di specie. La condanna al pagamento della sanzione pecuniaria è giustificata dalla presenza di ‘profili di colpa’, legati al fatto di aver attivato la macchina della giustizia con un ricorso e di averlo poi abbandonato. L’importo di 500,00 euro è stato ritenuto ‘congruo’ in considerazione delle ragioni dell’inammissibilità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la rinuncia all’impugnazione è un atto definitivo con conseguenze certe. Per l’imputato e il suo difensore, la scelta di rinunciare deve essere attentamente ponderata, poiché rende la sentenza di condanna definitiva e comporta oneri economici. La decisione evidenzia l’importanza della procura speciale, senza la quale l’atto del difensore sarebbe inefficace. Infine, la condanna alla sanzione a favore della Cassa delle ammende serve da monito: l’accesso alla giustizia, specialmente ai suoi gradi più alti, deve essere esercitato con responsabilità, per evitare di impegnare inutilmente le risorse del sistema giudiziario.
Cosa succede se si presenta una rinuncia all’impugnazione dopo aver fatto ricorso?
La rinuncia, se formalmente valida, comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo significa che la corte non esamina il merito delle questioni sollevate e la sentenza impugnata diventa definitiva.
Chi può presentare la rinuncia all’impugnazione?
La rinuncia è un atto strettamente personale e può essere proposta direttamente dalla parte interessata (l’imputato) oppure dal suo difensore, a condizione che quest’ultimo sia munito di una procura speciale che lo autorizzi specificamente a compiere tale atto.
Quali sono le conseguenze economiche della rinuncia che porta all’inammissibilità del ricorso?
La legge prevede che il ricorrente il cui atto viene dichiarato inammissibile sia condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la corte può imporre il pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver promosso un ricorso poi abbandonato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3129 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3129 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CUI CODICE_FISCALE nato il 11/09/1987
avverso la sentenza del 30/01/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 30 gennaio 2024 la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia del G.I.P. del locale Tribunale del 7 marzo 2023, ha ridotto in anni tre, mesi sei di reclusione ed euro 30.000 di multa la pena inflitta a NOME in ordine al reato di cui agli artt. 73, comma 4, e 80 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, contraddittorietà della motivazione in ordine alla ricorrenza di un suo deficit psichico.
In data 21 maggio 2024 è pervenuto un atto firmato dal difensore dell’imputato, munito di procura speciale, con cui è stata proposta rinuncia all’impugnazione.
La rinuncia all’impugnazione è un atto processuale a carattere formale, consistente in una dichiarazione abdicativa, irrevocabile e recettizia, da cui discende l’effetto dell’inammissibilità dell’impugnazione, una volta che l’atto sia pervenuto alla cancelleria del giudice ad quem. Si tratta di un atto strettamente personale, che può essere proposto o dalla parte personalmente o dal difensore munito di apposita procura speciale.
L’indicata rinuncia, in quanto effettuata in ossequio alle forme previste dalla legge, comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 591, comma 1 lett. d), cod. proc. pen., cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, sussistendo profili di colpa, al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in euro 500,00.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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