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Rinuncia all’appello: no sconto di pena (Cassazione)

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver rinunciato all’appello, chiedeva lo sconto di pena di un sesto. La Corte ha stabilito che la rinuncia all’appello non è equiparabile alla mancata impugnazione, unica condizione per ottenere il beneficio previsto dalla legge, in quanto lo scopo della norma è premiare chi evita del tutto di attivare il giudizio di secondo grado.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia all’appello: la Cassazione nega lo sconto di pena

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione procedurale: la rinuncia all’appello conferisce il diritto allo sconto di pena previsto per chi non impugna la sentenza di primo grado? La risposta dei giudici è stata netta e ha confermato un orientamento già consolidato, fornendo chiarimenti cruciali sulla portata dell’art. 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un imputato per il reato di rapina in concorso, emessa dal Giudice per le indagini preliminari. La sentenza veniva confermata in secondo grado dalla Corte di Appello. Tuttavia, durante il giudizio d’appello, l’imputato aveva depositato un atto di rinuncia al gravame. Nonostante ciò, la sua difesa aveva richiesto l’applicazione della riduzione di pena di un sesto, prevista dalla legge per chi accetta la sentenza di primo grado senza impugnarla. La Corte d’Appello aveva respinto tale richiesta, ritenendo che la norma non fosse applicabile nel caso di specie.

La questione giuridica e la decisione della Cassazione

L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la rinuncia all’impugnazione dovesse essere equiparata alla mancata proposizione della stessa, con conseguente diritto al beneficio premiale. Il fulcro della questione era se lo spirito della legge fosse quello di premiare la celere definizione del processo, obiettivo che, secondo la difesa, sarebbe stato raggiunto anche attraverso la rinuncia.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando il motivo manifestamente infondato e ribadendo un principio fondamentale.

Le motivazioni della Corte sulla rinuncia all’appello

I giudici hanno chiarito che la riduzione di pena prevista dall’art. 442, comma 2-bis, c.p.p. è strettamente legata alla radicale mancanza dell’impugnazione. Il legislatore ha inteso premiare l’imputato che, fin da subito, sceglie di non attivare il giudizio di secondo grado, contribuendo così a non appesantire il sistema giudiziario e a rendere definitiva la condanna in tempi brevi.

La rinuncia all’appello, al contrario, interviene in un momento successivo, quando il meccanismo processuale è già stato avviato. Presentare un appello e poi ritirarlo non è la stessa cosa che non presentarlo affatto. La Corte ha sottolineato che l’operatività della diminuzione di pena è una conseguenza diretta della scelta di non appellare, e non può essere estesa per analogia a situazioni diverse come la rinuncia.

La Cassazione ha inoltre precisato che questo principio è pienamente compatibile con le norme costituzionali e convenzionali, come già affermato in altre precedenti pronunce. In questo specifico caso, inoltre, non si poteva nemmeno porre una questione di applicazione retroattiva della norma, poiché sia la sentenza di primo grado sia l’atto di appello erano successivi all’entrata in vigore della disposizione in esame.

Le conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione rigorosa della norma premiale: il beneficio dello sconto di un sesto sulla pena è riservato esclusivamente a chi accetta la sentenza di primo grado senza contestarla. La rinuncia successiva all’impugnazione, sebbene porti alla definitività della condanna, non permette di accedere a tale vantaggio. Questa decisione ha l’effetto pratico di incentivare gli imputati a una valutazione attenta e immediata sull’opportunità di appellare, chiarendo che non esistono ‘vie di mezzo’ per ottenere lo sconto di pena. L’inammissibilità del ricorso ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

La rinuncia all’appello dà diritto allo sconto di pena di un sesto previsto dall’art. 442, comma 2-bis, c.p.p.?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questo sconto si applica solo in caso di mancata impugnazione della sentenza di primo grado, non quando l’appello viene prima proposto e successivamente rinunciato.

Perché la rinuncia all’appello non è equiparabile alla mancata impugnazione?
Perché lo scopo della norma è premiare la ‘radicale mancanza’ dell’impugnazione per deflazionare il carico giudiziario e accelerare la definizione del processo. La rinuncia interviene quando il processo di appello è già stato attivato, non soddisfacendo pienamente questo obiettivo.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione in questo caso?
Conformemente all’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro, fissata equitativamente, in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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