Rinuncia alla Prova: La Cassazione Spiega Quando il Silenzio della Difesa Diventa Decisivo
Nel processo penale, la strategia difensiva è un gioco di precisione dove ogni mossa, o anche una non-mossa, può avere conseguenze definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in tema di rinuncia alla prova: se la difesa non si attiva per citare i propri testimoni, tale inerzia può essere interpretata come una volontà di abbandonare quella prova. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Una Condanna per Truffa e il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per truffa. L’imputato, ritenuto colpevole sia in primo grado che in appello, decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione, lamentando diverse violazioni di legge. I motivi del ricorso erano principalmente quattro:
1. La nullità della sentenza di primo grado per non aver sentito i testimoni della difesa, nonostante fossero stati ammessi.
2. Un errore di valutazione sulla sua effettiva responsabilità penale.
3. Un vizio di motivazione riguardo alla ricostruzione dei fatti.
4. Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il fulcro della questione procedurale risiedeva nel primo punto: la difesa sosteneva che il giudice avesse il dovere di sentire i testi ammessi, a prescindere da chi dovesse citarli.
L’Analisi della Corte e la Rinuncia alla Prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, bollando tutti i motivi come manifestamente infondati. La parte più interessante della decisione riguarda proprio la questione della rinuncia alla prova testimoniale.
La Mancata Citazione dei Testi
I giudici hanno chiarito che, sebbene le prove fossero state ammesse, la difesa non aveva poi provveduto a citare i testimoni per l’udienza dedicata all’istruttoria. Successivamente, quando il giudice ha proceduto con l’esame dell’imputato e ha fissato l’udienza per la discussione finale, la difesa non ha sollevato alcuna obiezione. Questo comportamento è stato interpretato come una rinuncia alla prova implicita. In pratica, l’inerzia della parte che ha richiesto la prova viene considerata come un segnale della sua volontà di non volersene più avvalere.
Il Principio della Ragionevole Durata del Processo
Questa interpretazione è supportata dal principio della ragionevole durata del processo. Consentire a una parte di attendere passivamente, per poi lamentarsi della mancata assunzione di una prova che essa stessa non ha diligentemente introdotto nel processo, comporterebbe un’ingiustificata dilatazione dei tempi della giustizia. La Corte ha richiamato precedenti sentenze che consolidano questo orientamento, sottolineando come il giudice possa legittimamente valutare la mancata citazione come un comportamento significativo della volontà della parte di rinunciare.
Gli Altri Motivi di Ricorso: Responsabilità e Attenuanti
Anche gli altri motivi sono stati rapidamente respinti. La responsabilità per la truffa è stata confermata sulla base di un dato oggettivo: l’imputato era l’effettivo titolare del conto corrente su cui era stato versato il prezzo di un bene mai consegnato alla vittima. Quanto alle attenuanti generiche, la Corte d’Appello aveva correttamente negato la loro concessione, evidenziando i numerosi precedenti penali dell’imputato e la non modesta entità del danno economico causato.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su una logica di auto-responsabilità delle parti processuali e di efficienza del sistema giudiziario. Non si può pretendere che il giudice si sostituisca all’inerzia della difesa nel portare in aula i propri testimoni. La scelta di non citare un teste, seguita dal silenzio nelle fasi successive del processo, non è un dettaglio trascurabile, ma una scelta processuale che produce l’effetto della rinuncia. Inoltre, la Corte ribadisce che i motivi di ricorso non possono essere una mera riproposizione di questioni già esaminate e correttamente decise nei gradi di merito, soprattutto quando la responsabilità si basa su elementi chiari e la valutazione delle attenuanti è adeguatamente motivata.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito per le difese tecniche: l’ammissione di una prova è solo il primo passo; è onere della parte interessata attivarsi concretamente per la sua assunzione in giudizio. La passività non solo non paga, ma può essere interpretata come una rinuncia alla prova, con conseguenze decisive sull’esito del processo. Il principio della ragionevole durata del processo impone a tutte le parti una condotta diligente e proattiva, pena la perdita di importanti facoltà processuali.
Se la difesa non cita i testimoni che erano stati ammessi, cosa succede?
Secondo la Corte, la mancata citazione dei testi per l’udienza, unita alla mancanza di obiezioni nelle fasi successive, viene legittimamente interpretata dal giudice come un comportamento che manifesta la volontà della parte di rinunciare all’assunzione di quella prova.
Perché la Corte ha confermato la responsabilità dell’imputato per il reato di truffa?
La responsabilità è stata confermata perché l’imputato era il titolare del conto corrente su cui la persona offesa aveva versato il pagamento per un bene che non ha mai ricevuto. Questo elemento è stato ritenuto sufficiente per ricondurre a lui la condotta illecita.
Perché non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
La Corte d’Appello ha negato le attenuanti generiche indicando specifici elementi ostativi, tra cui i numerosi precedenti penali dell’imputato e la non modesta entità del danno economico causato alla vittima.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31377 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31377 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCARA il 02/08/1994
avverso la sentenza del 09/12/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di Cuoco NOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la nullità della sentenza di primo grado per violazione degli artt. 495 e 190 cod. proc. pen. non avendo il Tribunale escusso i testimoni indicati dall’imputato a prova contraria ed in precedenza ammessi, è manifestamente infondato: la Corte di appello ha correttamente osservato (in conformità a quanto attestato nei verbali di udienza del 22/02/2022 e del 06/10/2022) che per l’udienza fissata ai fini dell’istruttoria dibattimentale, la difesa non aveva provveduto alla citazione dei testimoni in questione, e nulla aveva eccepito nel momento in cui il giudice, successivamente alla assunzione delle prove orali introdotte dal Pubblico Ministero, aveva fissato successiva udienza per l’esame dell’imputato e la discussione delle parti, con conseguente implicita rinuncia alla loro audizione; va ricordato l’orientamento di legittimità, che si condivide, secondo cui la mancata citazione del teste per l’udienza può essere legittimamente valutata dal giudice come comportamento significativo della volontà della parte richiedente di rinunciare alla prova già ammessa, la cui acquisizione ad una udienza successiva comporterebbe una ingiustificata dilazione dei tempi della decisione, incompatibile con il principio della ragionevole durata del processo (Sez. 3 n. 20851 del 11/03/2025, COGNOME, Rv. 263744; Sez. 3, n. 20267 del 08/04/2018, Acerbis, Rv. 259668);
ritenuto che il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con i quali si deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione in punto di giudizio di responsabilità, sono meramente riproduttivi di profili di censura già vagliati e adeguatamente disattesi dalla Corte di merito che ha ricondotto all’imputato la condotta di truffa in quanto pacificamente titolare del conto corrente sul quale era confluito il pagamento del prezzo del bene acquistato dalla persona offesa e dalla stessa mai ricevuto ( pag. 4 della sentenza impugnata)
considerato che il quarto motivo di ricorso, con il quale si censura il mancato riconoscimento di attenuanti generiche, è manifestamente infondato avendo la Corte di appello puntualmente indicato gli elementi ostativi ad una valutazione favorevole valorizzando, in tale direzione, anche i numerosi precedenti penali e la non modesta entità del danno cagionato (pag. 5 della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.