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Rinuncia al testimone: quando è possibile esaminarlo?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, chiarendo i limiti del diritto alla prova in caso di rinuncia al testimone da parte di una delle parti processuali. La Corte stabilisce che le altre parti possono procedere all’esame solo se il testimone era già stato inserito nella propria lista testimoniale. In caso contrario, la richiesta equivale a una mera sollecitazione dei poteri officiosi del giudice. L’ordinanza ribadisce inoltre l’inammissibilità di motivi di ricorso che replicano censure già respinte nel merito.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Testimone del PM: La Difesa Può Subentrare? Analisi di un’Ordinanza di Cassazione

Nel processo penale, la gestione della prova è un momento cruciale che determina le sorti del giudizio. Ma cosa accade quando una parte, ad esempio il Pubblico Ministero, decide per una rinuncia al testimone che aveva precedentemente indicato? Le altre parti, in particolare la difesa, hanno il diritto di procedere comunque all’esame? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo delicato aspetto procedurale, ribadendo un orientamento consolidato e offrendo importanti spunti di riflessione per gli operatori del diritto.

Il Caso: Un Ricorso Dichiarato Inammissibile

Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. La difesa dell’imputato lamentava, tra le altre cose, la revoca di un’ordinanza che aveva ammesso un testimone, a seguito della rinuncia all’esame da parte del Pubblico Ministero. L’imputato era stato condannato per il reato di calunnia e la testimonianza era ritenuta rilevante. Oltre al motivo procedurale, il ricorso reiterava censure sulla valutazione della responsabilità penale, sulla sussistenza della recidiva e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche.

La Questione del Diritto alla Prova e la Rinuncia al Testimone

Il cuore della pronuncia della Cassazione risiede nella corretta interpretazione del diritto alla prova in relazione alla rinuncia al testimone. La Corte, richiamando la propria giurisprudenza consolidata (tra cui le sentenze n. 39764/2017 e n. 1956/2024), ha chiarito un principio fondamentale: quando una parte rinuncia all’esame di un proprio teste, le altre parti hanno il diritto di procedervi solo e soltanto se quel testimone era stato inserito anche nella loro lista testimoniale.

In assenza di questa condizione, la richiesta della difesa di sentire comunque il teste si configura non come l’esercizio di un diritto, ma come una mera sollecitazione all’esercizio dei poteri officiosi del giudice, disciplinati dall’art. 507 del codice di procedura penale. Tali poteri, tuttavia, sono eccezionali e discrezionali, e il giudice può attivarli solo se lo ritiene assolutamente necessario ai fini della decisione, senza che la parte possa pretenderlo.

L’Onere della Prova sulla Difesa

Nel caso di specie, la difesa non solo non aveva dimostrato di aver incluso il testimone nella propria lista, ma non aveva neppure sollevato specificamente questo aspetto nell’atto di appello. La Cassazione sottolinea come fosse onere della parte documentare l’inserimento del teste nella propria lista, come previsto dall’art. 165 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. La mancanza di tale allegazione ha reso il motivo di ricorso infondato e, di conseguenza, inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. Per quanto riguarda la questione procedurale della rinuncia al testimone, la motivazione è netta: la difesa non ha provato di avere un diritto autonomo all’esame del teste, non avendolo inserito nella propria lista. La richiesta, pertanto, non poteva che essere respinta.

Per quanto concerne gli altri motivi di ricorso, relativi alla valutazione della responsabilità per calunnia, alla recidiva e alle circostanze attenuanti, la Corte li ha liquidati come una semplice riproposizione di censure già esaminate e respinte dai giudici di merito. I giudici delle precedenti istanze avevano fornito argomentazioni giuridicamente corrette, puntuali e logicamente coerenti per motivare la loro decisione. Riproporre in sede di legittimità le medesime doglianze, senza evidenziare vizi di legge o manifeste incongruenze logiche, rende il ricorso inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima è l’importanza cruciale della preparazione delle liste testimoniali. Una strategia difensiva efficace deve prevedere l’inclusione di tutti i soggetti la cui testimonianza potrebbe essere utile, anche se già indicati dall’accusa. Affidarsi alla lista altrui espone al rischio di perdere una prova potenzialmente decisiva in caso di rinuncia. La seconda lezione è che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione dei fatti operata dai giudici; è necessario individuare specifici vizi di legittimità o palesi illogicità nella motivazione per sperare in un accoglimento. In assenza di ciò, il ricorso si traduce solo in una condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Se il Pubblico Ministero rinuncia a un proprio testimone, la difesa può chiederne l’esame?
Sì, ma solo a condizione che la difesa abbia a sua volta inserito quel testimone nella propria lista testimoniale depositata nei termini di legge.

Cosa succede se la difesa chiede di esaminare un teste non incluso nella propria lista testimoniale a cui il PM ha rinunciato?
In questo caso, la richiesta non costituisce l’esercizio di un diritto. Viene considerata una mera sollecitazione affinché il giudice eserciti i suoi poteri officiosi (ex art. 507 c.p.p.), ovvero la facoltà discrezionale di ammettere nuove prove se ritenute assolutamente necessarie.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile anche per gli altri motivi?
Perché le censure relative alla responsabilità per calunnia e agli altri aspetti della condanna erano una semplice riproposizione di argomenti già adeguatamente valutati e respinti dai giudici di merito con motivazioni considerate corrette, puntuali e prive di manifeste incongruenze logiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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