Rinuncia al Ricorso: Quando l’Inammissibilità non Comporta Costi
La rinuncia al ricorso è un atto che chiude un procedimento di impugnazione, ma quali sono le sue conseguenze in termini di spese processuali? Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale: se la rinuncia deriva da una sopravvenuta carenza di interesse non imputabile al ricorrente, non vi è alcuna condanna al pagamento delle spese. Analizziamo insieme questo importante caso di procedura penale.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Lecce che confermava una misura cautelare degli arresti domiciliari a carico di un individuo indagato per reati di turbativa d’asta, falso ideologico e truffa aggravata. Contro tale provvedimento, la difesa proponeva ricorso per cassazione, contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
Tuttavia, prima che la Corte potesse pronunciarsi, la situazione processuale dell’indagato cambiava in modo significativo: la misura degli arresti domiciliari veniva sostituita con una meno gravosa, ovvero la sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici e servizi per la durata di otto mesi.
La Rinuncia al Ricorso per Carenza di Interesse
A seguito di questa modifica migliorativa, la difesa depositava un atto di rinuncia al ricorso. La motivazione era chiara: venendo meno la misura detentiva, l’indagato non aveva più un interesse concreto e attuale a ottenere una decisione dalla Corte di Cassazione sull’originario provvedimento. Si era verificata, in termini tecnici, una “sopravvenuta carenza di interesse”.
La Decisione della Corte di Cassazione
Prendendo atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La parte più interessante della decisione, tuttavia, non risiede in questa ovvia conseguenza, ma nella statuizione relativa alle spese processuali.
Le Motivazioni: Rinuncia al Ricorso e Niente Spese se l’Interesse Viene Meno per Cause Esterne
La Corte ha specificato che la declaratoria di inammissibilità, in questo specifico caso, non avrebbe comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali né al versamento di una somma alla Cassa delle ammende. Il ragionamento giuridico, in linea con un precedente orientamento (Sez. 1, n. 15908 del 22/02/2024), si fonda su un principio di equità processuale.
La Corte ha spiegato che la condanna alle spese presuppone una “soccombenza”, ovvero una sconfitta nel merito. Nel caso di una rinuncia al ricorso motivata da una carenza di interesse sopravvenuta per una causa non imputabile al ricorrente (come la sostituzione della misura da parte del giudice), non si può parlare di una vera e propria soccombenza. L’interesse a proseguire il giudizio è venuto meno a causa di un evento favorevole e indipendente dalla volontà dell’indagato, rendendo di fatto inutile la prosecuzione dell’appello.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa sentenza offre un’importante indicazione pratica. Un imputato che impugna una misura cautelare e che, nel corso del giudizio, ottiene una modifica favorevole della sua condizione, può rinunciare all’impugnazione senza temere conseguenze economiche. La decisione di non proseguire con il ricorso diventa una scelta strategica priva di controindicazioni, evitando di impegnare inutilmente le risorse della giustizia e confermando che le conseguenze processuali devono sempre essere valutate alla luce delle circostanze concrete che hanno determinato le scelte delle parti.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso per cassazione?
Di norma, la Corte dichiara il ricorso inammissibile, ponendo fine al procedimento senza esaminare il merito della questione.
La rinuncia al ricorso comporta sempre la condanna al pagamento delle spese processuali?
No. Come chiarito da questa sentenza, se la rinuncia è determinata da una sopravvenuta carenza di interesse per una causa non imputabile al ricorrente (ad esempio, la sostituzione di una misura cautelare con una più favorevole), non vi è condanna alle spese perché non si configura una situazione di soccombenza.
Cosa si intende per ‘sopravvenuta carenza di interesse non imputabile al ricorrente’?
Significa che un evento, accaduto dopo la presentazione del ricorso e indipendente dalla volontà di chi ha fatto ricorso, ha reso inutile o non più vantaggiosa la prosecuzione del giudizio. Nel caso specifico, la sostituzione degli arresti domiciliari con la sospensione dall’ufficio ha eliminato l’interesse a contestare la misura detentiva.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32941 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32941 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Lecce il 14/05/1961
avverso l’ordinanza del 03/04/2025 del Tribunale di Lecce
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso, per l’intervenuta rinuncia.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 aprile 2025 il Tribunale di Lecce ha confermato il provvedimento emesso il 7 marzo 2025 dal Giudice per le indagini preliminari della stessa città, con cui a NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine ai reati di turbativa d’asta, fa ideologico e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha censurato la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
L’8 agosto 2025 è pervenuta la rinuncia al ricorso, formulata in quanto la misura cautelare degli arresti donniciliari, applicata al ricorrente, è stata sostituit con quella della sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici e servizi per la durata di otto mesi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, stante la rinuncia presentata, con cui si è evidenziata la carenza di interesse in ragione della sostituzione, intervenuta il 4 giugno scorso, della misura cautelare detentiva, applicata al ricorrente, con quella della sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici e servizi.
Va ribadito, in linea con quanto già affermato da questa Corte, che, in tema di ricorso per cassazione, qualora il ricorrente rinunci all’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa a lui non imputabile, la declaratoria di inammissibilità non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione GLYPH non GLYPH configura GLYPH un’ipotesi GLYPH di GLYPH soccombenza GLYPH (Sez. 1, n. 15908 del 22/02/2024, COGNOME, Rv. 286244 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso il 18 settembre 2025.