Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30565 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30565 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME
nato a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 21/02/2024 del TRIBUNALE DI SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni dei difensori AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che hanno dichiarato di rinunziare al ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento qui impugnato il Tribunale di Salerno confermava l’ordinanza con la quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di partecipazione in qualità di organizzatore, a un’associazione per delinquere, finalizzata a commettere delitti di trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e
autoriciclaggio (capo 1), nonché per il concorso in quattro reati-fine, previsti dall’art. 512-bis cod. pen., contestati ai capi 5), 6), 7) e 9) dell’imputazione provvisoria.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo dei propri difensori, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio motivazionale con riguardo alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari.
2.1. Quanto al primo profilo, le contestate ipotesi di violazione dell’art. 512bis cod. pen. difettano innanzitutto del dato della interposizione fittizia (COGNOME, laddove partecipa effettivamente – vicende relative al locale “RAGIONE_SOCIALE” e al bar “RAGIONE_SOCIALE“, contestate ai capi 5) e 9) – lo fa sempre intestandosi la quota) ovvero della consapevolezza di una intestazione fittizia posta in essere da terzi, come per le attività de “RAGIONE_SOCIALE” (capo 6) e “RAGIONE_SOCIALE” (capo 7), alle quali COGNOME rimase estraneo: in questi due casi manca una condotta concorsuale specifica del ricorrente, oltre alla dimostrazione della provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto da parte di NOME COGNOME, essendo insufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non risulta essere formalmente titolare.
Quanto all’elemento soggettivo manca del tutto la correlazione con la volontà di sottrarsi a una misura di prevenzione, non ipotizzabile in concreto per NOME, sostanzialmente incensurato: per sostenere la finalità specifica prevista dall’art. 512-bis cod. pen. il Tribunale ha richiamato un provvedimento custodiale del 2005 in un procedimento sfociato in un’archiviazione, un carico pendente del 2021 senza alcun riferimento all’attuale stato del procedimento e una condanna per bancarotta di due altri soggetti in una vicenda che non riguardò NOME.
Il ricorrente è intestatario di una pluralità di quote in diverse società e i dato contrasta in modo assoluto con l’assunto accusatorio.
Inoltre, la pericolosità sociale di NOME COGNOME e NOME COGNOME viene ancorata, rispettivamente, a condanne per fatti risalenti al 2005 e 2006, e a condanne non successive al 2010 e 2011, risultando quindi problematico collegare questo arco temporale alle condotte di intestazione fittizia poste in essere negli anni dal 2019 al 2021. I giudici della cautela non hanno in alcun modo descritto una connessione tra una ipotetica pericolosità e le intestazioni contestate, ciò che rileva ancora di più per i terzi, quale NOME, che dovrebbero essere consapevoli di una potenzialità priva di dati concreti.
In ordine alla contestazione provvisoria di associazione per delinquere, difettano i dati oggettivi tipici del sodalizio criminoso, distinto ontologicamente
dal mero concorso in uno o più reati specifici. Mancano l’affectio societatís e un programma criminoso indeterminato posto in essere da più soggetti organizzati.
NOME è stato riconosciuto organizzatore dell’associazione sulla base di dati errati o privi di valenza accusatoria; il G.i.p. e il Tribunale gli hanno attribui anche il ruolo di finanziatore, oltre a quello di collaboratore di NOME e NOME, travalicando il perimetro fissato nei capi d’imputazione.
2.2. Quanto alle esigenze cautelari, nell’ordinanza impugnata vi è una evidente criticità in relazione ai profili dell’attualità e concretezza del pericolo reiterazione, avuto riguardo al tempus commissí delícti dei reati fine.
Anche sulla scelta della misura il Tribunale non ha dato risposta alle deduzioni difensive, rigettando la richiesta di applicazione di una misura cautelare meno afflittiva, quale l’obbligo di dimora nel luogo ove ha sede l’attività di torrefazione, estranea alle indagini.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito nella legge 23 febbraio 2024, n. 18), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate, alle quali, con memoria del 6 maggio 2024, ha replicato la difesa del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In data 10 maggio 2024 NOME COGNOME e i suoi difensori hanno depositato dichiarazione di rinuncia al ricorso, “non avendo più interesse”.
Il ricorso, pertanto, è inammissibile, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. d), del codice di rito.
La genericità della dichiarazione, in assenza del riferimento a eventuali provvedimenti adottati dal RAGIONE_SOCIALE. dopo il ricorso, non consente di ritenere che la rinuncia sia conseguenza di una sopravvenuta carenza di interesse.
Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di ammende. euro mille in favore della cassa delle
Così deciso il 14/05/2024.