Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26291 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26291 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti dalle parti civili:
COGNOME NOME nata a MILANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a VARESE il DATA_NASCITA
nel procedimento contro:
COGNOME NOME nato a PAGANI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/07/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, la quale, preso atto dell’intervenuta rinuncia al ricorso, ha chiesto la declaratoria inammissibilità dello stesso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte di cassazione, con sentenza n. 19075/2023, accogliendo il ricorso del PG e dell’imputato, ha annullato quella della Corte d’assise d’appello di Milano, con la quale era stata confermata la sentenza del GUP del Tribunale di Pavia di condanna di NOME COGNOME per omicidio volontario ai danni di NOME NOME COGNOME. Il giudice del rinvio ha riformato il verdetto di condanna, riqualificando il fatto contesta quale omicidio colposo ai sensi dell’art. 589, comma 1, cod. pen., rideterminando la pena e revocando le pene accessorie e la declaratoria di indegnità a succedere, oltre al sequestro dei beni.
2. La vicenda può riassumersi nei seguenti termini.
Era stato originariamente contestato all’COGNOME di avere volontariamente spinto il COGNOME in una roggia con presenza d’acqua non profonda, determinandone la morte per “asfissia meccanica da annegamento”. Sempre secondo la prospettazione originaria dell’accusa, egli avrebbe simulato un incidente stradale, facendo precipitare il mezzo nella roggia in posizione parallela al corso d’acqua, inclinata sulla destra, sì che l’acqua aveva raggiunto parzialmente il pianale lato passeggero.
Il primo giudice aveva ritenuto tale ricostruzione corroborata da valide prove e unica possibile e di contro, fantasiosa e apertamente mendace, la versione dell’imputato, questa essendosi delineata già all’indomani dell’acquisizione degli esiti delle disposte intercettazioni telefoniche nei suoi confronti (le prime avendo preceduto l’interrogatorio del pubblico ministero del giugno 2019, le ulteriori seguito formulazione dell’accusa di omicidio) avendo l’COGNOME iniziato a raccontarla ancor prima di riferirla nell’interrogatorio del giugno 2019. In base ad essa, egli era andato prendere la vittima a casa per recarsi a Pavia; lungo il percorso avevano imboccato su suggerimento della vittima una strada risultata contromano; per fare manovra era entrato in una cascina e il COGNOME aveva suggerito di proseguire per i campi; ad un certo punto, un insetto era entrato nell’abitacolo spaventando entrambi e, mentre cercava – sbracciandosi – di liberarsene, l’auto finiva con la fiancata destra sulla roggia il passeggero si era spaventato e, slacciata la cintura di sicurezza, aveva aperto la portiera cadendo dentro l’acqua con la testa e il tronco, i piedi e le ginocchia rimanendo all’interno dell’abitacolo; i tentativi per tirarlo fuori dall’acqua erano stati l’COGNOME era riuscito solo a fatica a portarlo sulla riva erbosa con il busto e il capo fuo dall’acqua e il resto del corpo dentro l’acqua; risalita la riva , l’uomo si era re sull’alzaia per chiedere aiuto, ma invano; era ritornato e aveva visto il COGNOME impigliato nei tronchi affioranti dall’acqua; sempre a fatica era riuscito a trascinarlo pe pantaloni, portandolo a riva dietro l’auto, affinché questa potesse fare da barriera
contro
la corrente, correndo nuovamente verso l’alzaia per chiedere aiuto e, questa volta, incontrando un ciclista.
Il giudice del gravame aveva confermato la decisione del primo, ritenendo come sia la difesa che la parte pubblica del giudizio di appello si fossero limitate ad affermare che la versione difensiva avrebbe potuto essere la (il Procuratore generale) o era rispondente alla (la difesa) verità, rinunziando a configurare un’alternativa plausibile, a fronte della ricostruzione del movente effettuata dal primo giudice.
Tale valutazione non ha superato, tuttavia, il vaglio di legittimità: i giudici gravame erano partiti da un dato (la natura menzognera della ricostruzione operata dall’accusato), leggendo ogni altro come ascrivibile all’iniziativa dell’COGNOME, compreso il contenuto delle conversazioni, nella prospettiva di una, tanto studiata quanto insincera, protesta di innocenza nei vari contesti in cui aveva parlato. La censura, in particolare, ha riguardato l’attività valutativa imposta al giudice del merito chiamato a esaminare l’accertamento del fatto su base indiziaria, richiamandosi da parte del giudice rimettente il corretto metodo operativo per utilizzare la prova indiziaria. Alla stregua d tali coordinate ermeneutiche, la Corte di legittimità riteneva pertanto che la motivazione, pur conforme, delle due sentenze di merito evidenziasse punti di crisi che avevano determinato la decisiva incrinatura dell’adeguatezza e della coerenza del complessivo meccanismo inferenziale posto a fondamento dell’affermato raggiungimento della prova piena della colpevolezza in via indiziaria, individuati specifici punti di crisi del ragionamento esplicativo (la non lineare valutazione della consulenza medico legale, avendo il consulente del pubblico ministero affermato che la causa esogena dell’annegamento, sostenuta dall’accusa, non era dimostrata da un punto di vista medico-legale; erroneo utilizzo del sapere scientifico veicolato nel processo, per essersi i giudici discostati dalle valutazioni dell’esperto senza spiegare adeguatamente la base tecnico-scientifica esplicativa della tesi privilegiata; la contraddittoria valutazio delle tracce di pneumatico sul terreno, alla stregua dell’accertato inquinamento del sito a causa dell’attività dei soccorritori). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte del rinvio ha richiamato gli elementi di criticità dell’impiant motivazionale individuati dal giudice rimettente e ha operato una rivalutazione del materiale probatorio alla luce di tali rilievi, esaminando: 1) gli esiti d consulenza medico-legale e di quella cinematica; 2) il racconto dell’COGNOME; 3) la ricostruzione dei fatti in base ai riscontri; 4) il contenuto conversazioni intercettate. All’esito, ha ritenuto il difetto di riscontri ef alla ricostruzione dell’accusa e credibile la narrazione dell’accusato, conseguentemente riqualificando il fatto come colposo e rideterminando la pena in misura prossima al massimo, in ragione dell’elevato grado di imprudenza e negligenza, assunto dall’agente nelle varie fasi dell’evento. In
particolare, ha valutato la ricostruzione accusatoria recepita dai precedenti giudici, esaminando i singoli elementi a riscontro, dei quali ha ritenuto l debolezza e la possibilità di lettura a conferma della versione difensiva, evidenziando l’incongruità del tempo rispetto alla messinscena attribuita all’COGNOME e la verosimiglianza delle difficoltà di gestire il corpo della vittima per metà in acqua; ha ritenuto credibile la versione dell’accusato, fornita ancora prima dell’interrogatorio al pubblico ministero del 2019, nel corso del primo gruppo di conversazioni intercettate e di lì in poi sempre ribadita, senza modifiche, anche a fronte delle contestazioni, e senza arricchimenti con nuovi particolari, in assenza di deviazioni significative dalla narrazione iniziale; h infine, evidenziato la mancanza di accertamenti sulle reali condizioni della roggia, sulla portata dell’acqua, sulla forza della corrente in quel momento e sull’apertura o meno delle chiuse.
La difesa delle parti civili ha proposto ricorso, formulando un motivo unico, articolato su più punti, deducendo violazione dell’art. 627, comma 3, motivazionale rilevato in ordine alla cod. proc. pen. in relazione al vizio valutazione del compendio probatorio.
La Corte del rinvio avrebbe disatteso le indicazioni contenute nel provvedimento rescindente, ponendo a fondamento una ricostruzione dei fatti a tratti surreale. Si è evidenziato un primo errore logico nella lettura del da della a-specificità delle lesioni rilevate dal consulente medico-legale, il termin non giustificando le conclusioni che tali escoriazioni non fossero riconducibili a un intervento esterno e, dunque, anche a una condotta violenta e omicidiaria, ma solo che le stesse non sarebbero riconducibili a una precisa causa.
Sotto COGNOME altro COGNOME profilo, COGNOME ha COGNOME contestato COGNOME il COGNOME giudizio COGNOME di COGNOME inidoneità dell’accertamento cinematico, rispetto al quale il giudice del rinvio aveva pure rilevato l’opportunità di una integrazione non disposta dai primi giudici de merito, evidenziando il travisamento del dato sarebbe del tutto travisato e la contraddizione insita nel fatto che era stata la stessa Corte a riconoscere la necessità di un approfondimento per confermare o negare la tesi accusatoria, senza però procedere ad alcuna rinnovazione istruttoria.
Ha, poi, contestato la sequenza temporale che avrebbe scandito la condotta dell’COGNOME dall’ingresso all’interno della cascina all’allarme e ai soccorsi, rilevandone l’irragionevolezza alla stregua di una diversa ricostruzione, esposta in ricorso e, con analoghe censure, ha puro attaccato il punto della motivazione inerente alla testimonianza COGNOME, con specifico riferimento all’affermazione secondo la quale l’COGNOME avrebbe prelevato il
suo telefono dalla macchina solo dopo che il soccorritore gli aveva chiesto se avesse allertato i soccorsi.
Le parti civili ricorrenti, con atto pervenuto il 10 giugno 2024 e datato 24 maggio 2024, hanno dichiarato di rinunciare alla impugnazione proposta.
Considerato in diritto
I ricorsi sono inammissibili ai sensi dell’art. 591 comma 1 lett. d), cod. proc. pen.
La rinuncia, infatti, deve ritenersi rituale, promanando dalle parti ricorrenti che h delegato il difensore al deposito dell’atto.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, per la parti ricorren condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 ciascuno: infatti, l’art. 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conse che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta non solo nel caso di inammissibilità dichiarata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, ma anche ne ipotesi di inammissibilità pronunciata ai sensi dell’art. 591 c.p.p., tra cui è riconnpreso della rinuncia all’impugnazione (sez. 4, n. 16425 del 17/3/2015, Gelao, Rv. 263400-01; sez. 6, n. 26255 del 17/6/2015, COGNOME, Rv. 263921-01; sez. 2, n. 45850 del 15/9/2023, Belviso, Rv. 285462-02).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di euro mille ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Deciso il 12 giugno 2024