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Rinuncia al ricorso: quando l’appello è inammissibile

Un imputato, condannato per il reato di cui all’art. 660 c.p., ha presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, ha effettuato una formale rinuncia al ricorso tramite il suo difensore munito di procura speciale. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, poiché la rinuncia all’impugnazione è un atto che ne preclude l’esame nel merito.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso: Conseguenze e Costi nel Processo Penale

Nel percorso di un processo penale, l’impugnazione di una sentenza rappresenta un diritto fondamentale. Tuttavia, cosa accade se, dopo aver presentato appello, si decide di fare un passo indietro? Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dirette della rinuncia al ricorso, un atto che determina l’inammissibilità dell’impugnazione e comporta specifiche conseguenze economiche per chi lo compie. Analizziamo questa decisione per comprendere la sua portata pratica.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Parma, che aveva condannato un imputato alla pena di trecento euro di ammenda per il reato di cui all’art. 660 del codice penale (molestia o disturbo alle persone). La condanna prevedeva il beneficio della sospensione condizionale, subordinato però al risarcimento del danno di mille euro in favore della parte civile.

Contro questa decisione, l’imputato, tramite il suo difensore di fiducia, aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando violazione di legge e vizi di motivazione sia riguardo alla sussistenza del reato sia riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La Svolta Processuale: La Rinuncia al Ricorso

Prima della data fissata per l’udienza in Cassazione, si è verificato un evento decisivo: la difesa ha depositato una tempestiva e formale rinuncia al ricorso. Questo atto era accompagnato da una procura speciale, rilasciata in pari data dall’imputato al proprio difensore, che lo autorizzava specificamente a compiere tale atto.

Di fronte a questa manifestazione di volontà, la Suprema Corte non ha potuto fare altro che prenderne atto. La decisione è stata quindi di natura puramente processuale: il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione sull’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che l’impugnazione è inammissibile quando vi è una rinuncia.

I giudici hanno sottolineato che la rinuncia, per essere valida ed efficace, non costituisce un atto legato all’esercizio del diritto di difesa, ma un atto dispositivo del diritto stesso di impugnare. Per questo motivo, richiede una manifestazione di volontà inequivocabile da parte dell’interessato. Tale volontà può essere espressa personalmente oppure, come nel caso di specie, per mezzo di un procuratore speciale. La presenza della procura speciale ha garantito l’autenticità e la consapevolezza della volontà dell’imputato di abbandonare il ricorso.

La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 2, n. 5378 del 05/12/2014), ribadendo che la formalità della procura speciale è essenziale per validare la rinuncia fatta dal difensore. Di conseguenza, essendo sopraggiunta una valida ed efficace rinuncia al ricorso, l’impugnazione non poteva più essere esaminata nel merito.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Rinuncia

Dalla declaratoria di inammissibilità derivano due conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (in questo caso, la rinuncia stessa), la Corte ha condannato l’imputato al versamento di una somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza evidenzia come la rinuncia al ricorso sia un atto processuale definitivo e con precise responsabilità. Sebbene sia un diritto dell’imputato, la sua formalizzazione preclude ogni ulteriore discussione sul merito della sentenza impugnata, rendendola definitiva e comportando l’addebito di costi aggiuntivi. È quindi una decisione che deve essere attentamente ponderata con il proprio difensore, tenendo conto di tutte le sue implicazioni legali e finanziarie.

Cosa succede se un imputato decide di ritirare il proprio ricorso in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina le ragioni dell’impugnazione (il merito) e la sentenza di condanna originaria diventa definitiva.

È sufficiente che l’avvocato comunichi la volontà di rinunciare al ricorso?
No, non è sufficiente. La rinuncia al ricorso deve essere una manifestazione di volontà inequivocabile dell’imputato. Può essere fatta personalmente dall’interessato oppure dal suo avvocato, ma solo se quest’ultimo è munito di una procura speciale che lo autorizzi specificamente a compiere tale atto.

Quali sono le conseguenze economiche della rinuncia al ricorso?
La persona che rinuncia al ricorso, vedendolo dichiarato inammissibile, viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in cinquecento euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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