Rinuncia al Ricorso: Quando Porta all’Inammissibilità
La rinuncia al ricorso è un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale, che consente a una parte di abbandonare volontariamente l’impugnazione presentata. Questo atto, sebbene apparentemente semplice, produce conseguenze giuridiche precise, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Analizziamo un caso pratico per comprendere meglio il funzionamento e gli effetti di tale rinuncia.
Il Caso in Analisi: un Ricorso e la Successiva Rinuncia
Un soggetto, indagato per violazioni della normativa sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990), aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro un’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma. Il motivo del ricorso era una presunta violazione dell’articolo 297, comma 3, del codice di procedura penale, una norma che disciplina i termini di durata delle misure cautelari.
Tuttavia, prima che la Corte potesse pronunciarsi sul merito della questione, lo stesso indagato, attraverso il suo difensore, ha trasmesso una dichiarazione scritta e autenticata di rinuncia al ricorso.
Le ragioni della Rinuncia al Ricorso
La decisione di rinunciare non è stata immotivata. Nella dichiarazione, la difesa ha specificato che la rinuncia era dovuta alla “sopravvenuta inefficacia della misura in precedenza applicata per decorrenza dei termini di fase”. In altre parole, la misura cautelare che gravava sull’indagato aveva perso la sua efficacia perché erano scaduti i tempi massimi previsti dalla legge per quella specifica fase del procedimento. Di conseguenza, l’interesse a ottenere una decisione sul ricorso era venuto meno, poiché l’obiettivo principale (la rimozione della misura) era già stato raggiunto per altre vie.
La Decisione della Corte di Cassazione
Preso atto della dichiarazione formale, la Corte di Cassazione ha agito di conseguenza. Ha riconosciuto la validità della rinuncia e, coerentemente con la prassi e la legge, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Un aspetto rilevante della decisione è che, proprio in virtù delle ragioni addotte a sostegno della rinuncia (ovvero la cessata materia del contendere), la Corte non ha applicato le sanzioni previste dall’art. 616 del codice di procedura penale, che normalmente comportano la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte è lineare e si fonda su un principio di economia processuale e coerenza. Una volta che la parte ricorrente manifesta formalmente e in modo inequivocabile la volontà di non proseguire con l’impugnazione, il processo non può continuare. La rinuncia estingue il rapporto processuale relativo all’impugnazione. La Corte, pertanto, non entra nel merito dei motivi originari del ricorso, ma si limita a prendere atto della volontà della parte. La scelta di non applicare le sanzioni pecuniarie deriva dalla constatazione che la rinuncia è giustificata da un evento oggettivo – la perdita di efficacia della misura – che ha di fatto reso inutile la prosecuzione del giudizio.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio chiaro: la rinuncia al ricorso, se formalizzata correttamente, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Dimostra inoltre come le motivazioni alla base della rinuncia possano influenzare le conseguenze accessorie, come la condanna alle spese. In questo caso, l’aver rinunciato a seguito del venir meno dell’interesse pratico alla decisione ha evitato al ricorrente ulteriori oneri economici. È un esempio di come la dinamica processuale possa essere influenzata da eventi esterni al giudizio, rendendo superfluo l’esame di questioni che, nel frattempo, hanno perso la loro rilevanza concreta.
Cosa succede se un indagato rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione, una volta ricevuta la dichiarazione formale e autenticata di rinuncia, dichiara il ricorso inammissibile, senza esaminarne il merito.
Per quale motivo l’indagato in questo caso ha rinunciato al ricorso?
Ha rinunciato perché la misura cautelare applicata nei suoi confronti era diventata inefficace a causa della scadenza dei termini di fase previsti dalla legge. Di conseguenza, non aveva più interesse a una decisione sul ricorso.
La rinuncia al ricorso comporta sempre la condanna al pagamento delle spese processuali?
Non necessariamente. In questo caso, la Corte ha ritenuto di non applicare le sanzioni previste dall’art. 616 c.p.p. (condanna alle spese e sanzione pecuniaria) proprio in considerazione delle valide ragioni che hanno giustificato la rinuncia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1752 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 1752 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/10/2023
Ordinanza
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA LI. 19 rir3 l’ordinanza del Tribunale di Roma del C!C11= visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso avverso
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME indagato per più condotte sanzionate ai sensi dell’art 73 d.P.R. n. 309 del 1990 ha impugnato l’ordinanza descritta in epigrafe lamentando una asserita violazione del disposto di cui all’art 297 comma 3 cod. proc. pen:
rilevato, ancora, che l’indagato ha ritualmente rinunziato al ricorso con dichiarazione scritta, autenticata dal difensore, trasmessa alla Corte, evidenziando
la sopravvenuta inefficacia della misura in precedenza applicata per decorrenza dei termini di fase;
ritenuto in coerenza che va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza che a tanto conseguano le pronunce di cui all’ad 616 cod. proc. pen. per le ragioni addotte a sostegno della rinunzia
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 5/10/2023.