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Rinuncia al ricorso: inammissibilità e conseguenze

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato agli arresti domiciliari per traffico di stupefacenti. La decisione segue la formale rinuncia al ricorso presentata dalla difesa, motivata da un nuovo provvedimento di detenzione emesso nei confronti dell’imputato in un altro procedimento. L’inammissibilità per motivi sopravvenuti comporta l’immediata estinzione del rapporto processuale e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al ricorso in Cassazione: analisi di un caso di inammissibilità

La rinuncia al ricorso rappresenta un atto processuale che determina l’immediata conclusione del giudizio di impugnazione. Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce le conseguenze dirette di tale scelta, dichiarando inammissibile l’appello di un imputato e condannandolo al pagamento delle spese processuali. Analizziamo i dettagli di questa decisione per comprendere le dinamiche e le implicazioni di tale istituto processuale.

I fatti del caso

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale che aveva confermato la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un soggetto, accusato di detenzione, trasporto e commercializzazione di un ingente quantitativo di hashish (nove chilogrammi). I fatti contestati risalivano al 2020.

Contro questa decisione, la difesa aveva proposto appello, sostenendo l’insussistenza del pericolo di recidiva. Si evidenziava come l’imputato fosse ormai estraneo al contesto delinquenziale originario e come il tempo trascorso dai fatti, senza ulteriori comportamenti illeciti, dovesse essere considerato un fattore di attenuazione della sua pericolosità sociale. L’appello lamentava inoltre la sproporzione della misura cautelare rispetto alla pena potenzialmente irrogabile.

La svolta processuale: la rinuncia al ricorso

Il percorso processuale subisce una svolta decisiva. Mentre il ricorso era pendente dinanzi alla Corte di Cassazione, nei confronti del ricorrente veniva emessa una nuova ordinanza di detenzione da parte di un’altra autorità giudiziaria per un diverso procedimento penale.

Questo nuovo evento, un ‘motivo sopravvenuto’, ha indotto la difesa a riconsiderare la strategia processuale. Conseguentemente, con un atto formale inviato tramite Posta Elettronica Certificata (PEC), il legale dell’imputato ha comunicato la rinuncia al ricorso precedentemente presentato.

La decisione della Corte di Cassazione

Preso atto della formale rinuncia, la Corte di Cassazione non ha potuto esaminare nel merito i motivi dell’appello. In applicazione dell’art. 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, i giudici hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso per motivi sopravvenuti.

Questa declaratoria ha comportato due conseguenze automatiche per il ricorrente:

1. L’estinzione immediata del rapporto processuale relativo all’impugnazione.
2. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di cinquecento euro in favore della cassa delle ammende.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della sentenza sono strettamente procedurali e si fondano sulla natura stessa della rinuncia al ricorso. Questo atto è una manifestazione di volontà della parte che, di fatto, priva il giudice del potere di decidere sulla questione. Una volta formalizzata la rinuncia, il processo di impugnazione si estingue immediatamente, senza che la Corte possa entrare nel merito delle argomentazioni difensive, quali la presunta assenza di pericolosità sociale o la sproporzione della misura.

La Corte si limita a prendere atto della volontà della parte, verificandone la regolarità formale, e a trarne le conseguenze previste dalla legge. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta del principio di soccombenza processuale, applicato anche in caso di estinzione del giudizio per rinuncia.

Le conclusioni

Questo caso illustra chiaramente come eventi esterni al procedimento in corso possano influenzarne drasticamente l’esito. La sopravvenienza di una nuova misura detentiva ha reso di fatto inutile la prosecuzione del ricorso originario, spingendo la difesa a una scelta strategica di rinuncia al ricorso.

La decisione sottolinea un importante principio di procedura penale: la rinuncia è un atto che produce effetti definitivi e automatici. Comporta la fine del giudizio di impugnazione e l’addebito delle spese processuali, indipendentemente dalla fondatezza originaria dei motivi di appello. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò serve a ricordare che le scelte processuali devono essere attentamente ponderate alla luce di tutte le circostanze, comprese quelle che possono emergere in itinere.

Cosa accade quando si presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per motivi sopravvenuti. Questo comporta l’immediata estinzione del rapporto processuale, impedendo ai giudici di esaminare il merito della questione.

Chi rinuncia a un ricorso deve pagare delle spese?
Sì, la parte che rinuncia al ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria determinata dal giudice, da versare alla cassa delle ammende.

Per quale motivo in questo caso specifico è stata presentata la rinuncia al ricorso?
La rinuncia è stata presentata perché, mentre il ricorso era pendente, nei confronti del ricorrente è stata emessa una nuova ordinanza di detenzione nell’ambito di un altro procedimento penale. Questo evento ha reso la prosecuzione del ricorso originario strategicamente svantaggiosa o inutile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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