Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5146 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5146 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/09/2023 del TRIB. LIIBERTA’ di TRIESTE:
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIOCOGNOME, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 7 settembre 2023 il Tribunale di Trieste ha confermato l’ordinanza con la quale il G.i.p. del Tribunale di Udine aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere, in relazione a quattro ipotesi di furto aggravato (capi 4, 9, 20 e 25), attribuitigli, alla stregua dell’imputazione provvisoria come commessi in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME e, in relazione ai primi due episodi, NOME COGNOME.
Secondo la prospettazione accusatoria, si tratterebbe di furti aggravati dal mezzo fraudolento (oltre che dal danno patrimoniale di rilevante gravità, in relazione al primo, al secondo e quarto episodio): il COGNOME e il COGNOMENOME avrebbero telefonato a delle imprese per carpire informazioni sulle spedizioni di beni verso clienti, il COGNOME COGNOMEnei casi in cui era coinvolto) avrebbe fornito supporto logistico tramite la RAGIONE_SOCIALE, il COGNOME COGNOME sarebbe presentato come finto corriere prelevando della merce.
Come ricordato dall’ordinanza impugnata, il procedimento era iniziato a Verbania, riguardava più soggetti e contemplava anche un’imputazione ex art. 416 cod. pen. (capo 1), concernente il COGNOME e per la quale è stata ritenuta la competenza del Tribunale di Napoli; l’ordinanza oggetto della richiesta di riesame è stata emessa a seguito di provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Verbania, che, in relazione ai reati dei quali si discute, dopo avere applicato la misura cautelare in carcere (anche in relazione al reato associativo per il quale è stata ritenuta la competenza del Tribunale di Napoli e per altri furti, commessi dal COGNOME in concorso con soggetti diversi e per i quali il G.i.p. del Tribunale di Verbania aveva mantenuto la competenza), aveva contestualmente dichiarato la propria incompetenza in favore del Tribunale di Udine, ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., in relazione ai delitti di cui ai capi 4, 9, 20 e 25.
Nell’interesse del NOME è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc pen.
2.1. Con il primo motivo si lamentano inosservanza o erronea applicazione della legge penale (artt. 8, 12 e 16 cod. proc. pen.) nonché carenza e contraddittorietà della motivazione, ribadendo che la fattispecie associativa attribuita a tutti gli indagati deve essere ritenuta come il delitto più grave, determinando la competenza per connessione in relazione ai reati-fine, ai sensi degli artt. 12 e 16 cod. proc. pen., alla luce del vincolo della continuazione. In particolare, secondo il ricorrente, la competenza si radicherebbe presso il
Tribunale di Napoli, dal momento che proprio nel capoluogo partenopeo si erano manifestate le operazioni organizzative dei vari reati-fine.
2.2. Con il secondo e il terzo motivo, trattati congiuntamente in ricorso, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione: a) alla incompletezza degli atti presenti nel fascicolo d’indagine, con conseguente violazione del diritto di difesa; b) alla frammentazione del giudizio per motivi di competenza.
Sotto il primo profilo, si rileva che dalla lettura degli atti di indagine emerge l’incompletezza di quanto trasmesso ai sensi dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., mancando alcuni file audio e i brogliacci delle intercettazioni telefoniche. Inoltre, si lamenta che sia presenta una sola informativa di reato che indica, tra l’altro, «capi di imputazione tra loro divergenti e contenenti un numero di soggetti indagati diversi e maggiore rispetto all’ordinanza impugnata».
Sotto il secondo profilo, si lamenta la lesione del diritto di difendersi adeguatamente per effetto del frazionamento del procedimento, idoneo ad incidere negativamente sulla ragionevole durata del processo.
2.3. Con il quarto motivo si lamenta inosservanza o erronea applicazione delle legge penale con riguardo alla qualificazione dei reati-fine. Osserva il ricorrente che non sarebbero ravvisabili, nel caso di specie, i c:aratteri del furto aggravato dal mezzo fraudolento. Quest’ultimo, si osserva, si distingue dalla truffa, in quanto l’apprensione del bene non è il risultato della consegna dello stesso in virtù di un atto dispositivo sorretto da una determinazione viziata dagli altrui artifizi e raggiri, ma scaturisce da un’iniziativa dell’agente, il quale si si procurato la disponibilità materiale del bene a titolo precario, senza che ciò determini lo spossessamento giuridico del titolare del diritto.
2.4. Con il quinto, il sesto e il settimo motivo, presentati congiuntamente nello stesso ricorso, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura adottata. Si rileva: a) che l’ordinanza impugnata aveva richiamato nella motivazione i gravi indizi di colpevolezza, non oggetto della richiesta di riesame, e aveva «omesso irragionevolmente di circoscrivere l’evento»; b) che il richiamo alla valutazione del primo giudice aveva trascurato di considerare che le motivazione contenute nell’ordinanza genetica avevano riguardo al reato associativo, sottratto alla competenza del Tribunale di Udine; c) che nulla era stato argomentato in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari in relazione ai reati-fine oggetto del presente procedimento; d) che il Tribunale aveva anche omesso di argomentare in ordine al motivo di gravame relativo all’adeguatezza della misura applicata, tenuto conto del fatto che altro coindagato era stato scarcerato e sottoposto all’obbligo di dimora nella regione
Campania; e) che, alla luce di quest’ultimo rilievo, neppure era stato approfondito il tema della concretezza e attualità delle esigenze cautelari.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scril:te del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Il difensore e procuratore speciale del COGNOME ha trasmesso atto di rinuncia all’impugnazione.
All’udienza del 16 gennaio 2024 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
La rinuncia al ricorso comporta la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 592, comma 1, lett. d), cod. proc. pen.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 16/01/2024