Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30391 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30391 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a PITRAPERZIA il 06/09/1965
avverso l’ordinanza del Tribunale per il riesame di Caltanissetta del 15/04/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata del 15 aprile 2025, il Tribunale per il riesame di Caltanissetta, decidendo a seguito di annullamento con rinvio statuito dalla Prima sezione di questa Corte con sentenza dell’il febbraio 2025, ha confermato l’ordinanza in data 24 agosto 2024, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede ha applicato a NOME COGNOME per quanto di interesse in questa sede, la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 648 cod. pen., aggravato ai sensi dell’art. 416-6/5.1 cod. pen., in relazione ad un vasto arsenale di armi rinvenuto in possesso (anche) della medesima.
1.1. Nella sentenza della Prima sezione di questa Corte, è stato disposto l’annullamento parziale dell’ordinanza, limitatamente all’addebito provvisorio indicato, poiché “nell’ordinanza impugnata non c’è nessuna motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di ricettazione. Il Tribunale del riesame riporta nella intestazione dell’ordinanza il riferimento al reato di ricettazione come uno di quelli per cui è stata applicata la misura, descrive poi nella prima parte dell’ordinanza il percorso argomentativo dell’ordinanza genetica ed indica i motivi per i quali il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto sussistenti í gravi indizi colpevolezza anche per il reato di ricettazione. Però, nella parte successiva dell’ordinanza, quella dedicata alle valutazioni del Tribunale del riesame sui reati per cui è stata inflitta misura e sui motivi di riesame, manca del tutto una rivalutazione del Tribunale sulla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza per tale reato. In tale parte l’ordinanza, infatti, affronta prima la sussistenza dei gravi indizi per i reati di detenzione di armi (capi 2, 5 e 6), poi si dedica alla contestazione di partecipazione ad associazione a delinquere di tipo mafioso (capo 1), e poi passa a trattare delle aggravanti, ed infine delle esigenze cautelari. In essa non si rinviene, pertanto, alcun argomento a sostegno della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza della ricettazione nei confronti dell’indagata, neanche per relationem alla motivazione dell’ordinanza genetica (nei limiti in cui tale tecnica redazionale è ammessa per í provvedimenti del Tribunale del riesame, v. sul punto Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265765 – 01). Ne consegue che su tale reato la motivazione deve ritenersi assente (Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280603 – 01), e che l’ordinanza impugnata deve essere su tale punto annullata con rinvio per nuovo giudizio”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Decidendo in sede di rinvio, il Tribunale nisseno ha delineato i gravi indizi di colpevolezza ed ha ravvisato nell’acquisizione delle armi il prius rispetto al delitto di detenzione del medesimo arsenale, le cui caratteristiche – unitamente alle modalità
della custodia – sono state reputate dotate di attitudine dimostrativa della loro previa ed intenzionale ricezione illecita, in quanto compendio di furto, nel quadro della condotta di partecipazione associativa mafiosa provvisoriamente ascritto all’imputata.
Avverso l’ordinanza indicata del Tribunale di Caltanissetta ha proposto ricorso l’indagata, con atto a firma del difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., con il quale deduce vizio della motivazione.
Evidenzia il ricorrente come la consumazione del delitto in esame sia stata temporalmente collocata, nella provvisoria incolpazione, nell’anno 2019, mentre la condotta di detenzione delle armi è contestata a partire dall’ottobre 2023; sicchè lo iato temporale che separa le due condotte avrebbe richiesto una specifica disamina retrospettiva, laddove, invece, il Tribunale ha utilizzato indicatori indiziari successivi e non pertinenti, in violazione del principio per cui, ai fini della prova del delitto i addebito “non è sufficiente la mera consapevolezza sopravvenuta della provenienza illecita del bene durante il suo utilizzo, ma è necessario che sia provata con certezza la condotta di ricezione del bene”; né, ad avviso della ricorrente, elementi utili nella prospettiva indicata possono trarsi dal “giudicato cautelare”.
Rappresenta, infine, come, individuando la data del commesso delitto – in assenza di certezza sul momento acquisitivo – in prossimità della commissione dei reati presupposti (14 gennaio 2013 e 6 maggio 2013), il delitto di ricettazione sarebbe ormai prescritto, anche tenuto conto dell’aggravante contestata.
Il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, NOME COGNOME ha rassegnato per iscritto le proprie conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il 9 luglio 2025 5 è pervenuta dichiarazione di rinuncia al ricorso, resa dal difensore, con la quale si documenta la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione, in seguito alla revoca della misura cautelare in atto in ordine al reato per cui si procede.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per rinuncia, avendo la ricorrente validamente formalizzato l’atto abdicativo per sopravvenuta carenza di interesse con dichiarazione sottoscritta resa dal difensore (Sez. U, n. 12603 del 24/11/2015 – dep. 25/03/2016, COGNOME, Rv. 266244).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse non consegue la condanna al pagamento delle spese processuali, né della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Questo Collegio, pur consapevole di un contrario orientamento (espresso da Sez. 5, n. 39521 del 4/7/2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 273882; Sez. 5, n. 23636 del 21/3/2018, Horvat, Rv. 273325), ritiene di dover aderire al difforme e maggioritario indirizzo interpretativo, secondo il quale l’inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile al ricorrente comporta che quest’ultimo non possa essere condannato né al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un’ipotesi di soccombenza (Sez. 3, n. 29593 del 26/5/2021, COGNOME, Rv. 281785; Sez. 1, n. 11302 del 19/09/2017, dep. 2018, Rezmives, Rv. 272308; Sez. 6, n. 19209 del 31/1/2013, COGNOME, Rv. 256225; Sez. 6, n. 22747 del 6/3/2003, COGNOME, Rv. 226009; Sez. 1, n. 1695 del 19/3/1998, COGNOME, Rv. 210561).
Tale conclusione risulta riconducibile a quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251694), secondo le quali la nozione della “carenza d’interesse sopraggiunta” va individuata nella valutazione negativa della persistenza, al momento della decisione, di un interesse all’impugnazione, la cui attualità è venuta meno a causa della mutata situazione dì fatto o di diritto intervenuta medio tempore, assorbendo la finalità perseguita dall’impugnante o perché la stessa abbia già trovato concreta attuazione, ovvero in quanto abbia perso ogni rilevanza per il superamento del punto controverso. Per tale ragione, si è affermato che «alla declaratoria d’inammissibilità non segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, considerato che il venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso è sopraggiunto alla sua proposizione, è ricollegabile unicamente a fattori connessi all’evoluzione dinamica della procedura di estradizione e non configura, per
così dire, un’ipotesi di soccombenza del ricorrente (Sez. U, n. 20 del 09/10/1996,
COGNOME)».
4. A tale affermazione consegue che in casi siffatti, tra i quali rientra quello in esame, l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse non
comporta alcuna conseguenza sfavorevole al ricorrente ex
art. 616 cod. proc. pen.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio 2025.