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Rinuncia al ricorso: conseguenze e spese processuali

Un imputato, agli arresti domiciliari per spaccio, rinuncia al ricorso presentato in Cassazione. La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso per rinuncia, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro, come previsto dalla legge in caso di inammissibilità.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al ricorso: quando comporta inammissibilità e condanna alle spese

La decisione di presentare un ricorso in Cassazione è un passo cruciale in un procedimento penale, ma cosa accade quando, in un secondo momento, si decide di fare marcia indietro? La rinuncia al ricorso è un atto formale con precise conseguenze giuridiche, come illustrato da una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il caso analizzato offre uno spaccato chiaro su come la legge gestisce questa eventualità, sottolineando che la rinuncia non solo conclude il percorso giudiziario, ma comporta anche specifiche responsabilità economiche per chi la effettua.

I fatti del caso: dagli arresti domiciliari al ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro, che aveva confermato la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un soggetto. La misura era stata disposta dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza per plurimi episodi di cessione di sostanze stupefacenti. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva deciso di impugnare tale ordinanza davanti alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la mancata riqualificazione dei fatti in un’ipotesi di reato meno grave (il cosiddetto ‘spaccio di lieve entità’ previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990).

Tuttavia, prima che si tenesse l’udienza, il ricorrente, attraverso il suo avvocato munito di procura speciale, depositava in cancelleria un atto di rinuncia al ricorso, senza specificarne le motivazioni.

La rinuncia al ricorso e le sue conseguenze processuali

La Corte di Cassazione, preso atto della volontà del ricorrente, ha applicato la normativa prevista dal codice di procedura penale. La rinuncia al ricorso è disciplinata in modo specifico e produce un effetto perentorio: l’estinzione del procedimento di impugnazione. Questo significa che la Corte non può più entrare nel merito delle questioni sollevate e deve limitarsi a prendere atto della rinuncia.

La decisione della Corte di Cassazione

In conformità con quanto stabilito dall’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso. Questa declaratoria, però, non è stata priva di conseguenze ulteriori per il ricorrente. La legge, infatti, collega all’inammissibilità dell’impugnazione specifiche sanzioni processuali di natura economica.

Le motivazioni: perché la rinuncia al ricorso comporta una condanna economica

La Corte ha fondato la propria decisione sull’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di inammissibilità di un ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

L’applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale

I giudici hanno chiarito che l’articolo 616 non opera distinzioni tra le diverse cause di inammissibilità. Che l’inammissibilità derivi da un vizio di forma, dalla tardività dell’atto o, come in questo caso, da una rinuncia al ricorso, la conseguenza è sempre la stessa: la condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria. La Corte ha inoltre precisato che non vi erano elementi per ritenere che la rinuncia fosse stata causata da una ‘sopravvenuta carenza d’interesse per causa non imputabile al ricorrente’, unica circostanza che avrebbe potuto, in teoria, escludere l’applicazione della sanzione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la rinuncia al ricorso, pur essendo un atto volontario, non è un atto neutro. Essa produce l’effetto di rendere inammissibile l’impugnazione, con la conseguente e automatica condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa decisione serve da monito sulla necessità di ponderare attentamente non solo la proposizione di un’impugnazione, ma anche l’eventuale decisione di abbandonarla, poiché le conseguenze economiche sono previste dalla legge come un meccanismo sanzionatorio volto a scoraggiare impugnazioni presentate e poi abbandonate senza valide ragioni sopravvenute.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia all’impugnazione ne determina l’inammissibilità, impedendo alla Corte di esaminare il merito della questione.

La rinuncia al ricorso comporta sempre una condanna economica?
Sì, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità, anche se dovuta a rinuncia, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile evitare la sanzione pecuniaria in caso di rinuncia?
In teoria sì, ma solo se si dimostra che la rinuncia è stata determinata da una sopravvenuta carenza di interesse per una causa non imputabile al ricorrente. Nel caso di specie, non sono stati forniti elementi in tal senso, quindi la sanzione è stata applicata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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