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Rinuncia al ricorso: conseguenze e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento per reati legati agli stupefacenti. La decisione si basa sulla formale rinuncia al ricorso presentata dall’imputato stesso. Di conseguenza, viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 500 euro, confermando le conseguenze automatiche previste dalla legge in caso di rinuncia.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che, sebbene possa apparire come una semplice ritirata, comporta conseguenze giuridiche ed economiche ben precise. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare cosa accade quando un imputato decide di non proseguire con l’impugnazione presentata. Questo atto formale, infatti, non solo pone fine al giudizio, ma attiva una serie di meccanismi sanzionatori previsti dal nostro codice di procedura penale.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di patteggiamento, emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. L’imputato era stato condannato per un reato previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990, normativa che disciplina i reati in materia di sostanze stupefacenti. Nonostante l’accordo raggiunto in precedenza, l’imputato, tramite il suo difensore, aveva deciso di impugnare la sentenza davanti alla Corte di Cassazione.

Tuttavia, in un momento successivo, lo stesso imputato ha formalizzato, con una dichiarazione sottoscritta, la sua volontà di rinunciare all’impugnazione. Questo atto ha cambiato radicalmente il corso del procedimento.

La Decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso

Di fronte alla dichiarazione di rinuncia, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto e dichiarare l’inammissibilità del ricorso. La legge, infatti, è molto chiara: l’art. 591 del codice di procedura penale elenca tra le cause di inammissibilità dell’impugnazione proprio la rinuncia. L’atto di rinuncia, essendo una manifestazione di volontà della parte di non voler più coltivare il giudizio, priva la Corte della possibilità di esaminare il merito della questione. Il procedimento si arresta, quindi, a questo stadio preliminare.

Le Conseguenze Economiche dell’Inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze per il ricorrente. L’articolo 616 del codice di procedura penale stabilisce che, in caso di inammissibilità del ricorso, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento.

In aggiunta, la norma prevede il versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria. Nel caso specifico, la Corte ha quantificato tale somma in 500,00 euro. È importante sottolineare che questa condanna è quasi automatica e può essere evitata solo se emergono specifiche “ragioni di esonero”, che nel caso di specie non sono state ravvisate.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni dell’ordinanza sono lineari e si fondano su una diretta applicazione delle norme processuali. La Corte non entra nel merito dei motivi originari del ricorso, poiché la rinuncia presentata dall’imputato preclude ogni valutazione di questo tipo. La motivazione si concentra su due punti cardine: la presa d’atto della rinuncia e la conseguente applicazione dell’art. 591 c.p.p., che ne sancisce l’effetto, ovvero l’inammissibilità.

Successivamente, la Corte motiva la condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria come una conseguenza diretta e obbligatoria prevista dall’art. 616 c.p.p. La logica del legislatore è quella di scoraggiare impugnazioni presentate in modo avventato o senza una seria ponderazione, attribuendo una responsabilità economica a chi, dopo aver attivato la macchina della giustizia, decide di fare marcia indietro.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: ogni atto processuale ha un peso e delle conseguenze. La rinuncia al ricorso non è un atto neutro, ma una decisione che chiude definitivamente la porta a un ulteriore esame della sentenza e fa scattare sanzioni economiche a carico del ricorrente. Questo caso insegna che la scelta di impugnare una sentenza deve essere sempre attentamente valutata, così come la successiva decisione di rinunciarvi, essendo entrambe cariche di implicazioni legali e finanziarie.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il che significa che la Corte non esaminerà il caso nel merito e il procedimento di impugnazione si conclude.

La rinuncia al ricorso comporta sempre delle spese per chi l’ha presentato?
Sì, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che rinuncia al ricorso e ne causa così l’inammissibilità è condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, a meno che non sussistano specifiche ragioni di esonero.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare 500 euro alla cassa delle ammende?
Questa condanna non è legata al reato originario, ma è una sanzione pecuniaria prevista dalla legge come conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità del ricorso. La sua funzione è quella di sanzionare l’uso non efficiente del sistema giudiziario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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