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Rinuncia al ricorso: conseguenze e condanna alle spese

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo a un’ordinanza di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Nonostante i numerosi motivi di doglianza presentati dalla difesa, il giudizio si è concluso con una dichiarazione di inammissibilità. La causa è stata la rinuncia al ricorso presentata dal difensore alla vigilia dell’udienza. Tale atto ha comportato la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda, poiché la rinuncia tardiva ha comunque richiesto un’attività di studio da parte della Corte.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi delle Conseguenze Pratiche

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può avere conseguenze significative, come dimostra una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda un ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per gravi reati legati al narcotraffico. Nonostante le complesse questioni sollevate dalla difesa, la vicenda si è conclusa non con una decisione nel merito, ma con una dichiarazione di inammissibilità dovuta proprio alla rinuncia dell’imputato, presentata alla vigilia dell’udienza.

I Fatti e i Motivi del Ricorso

L’indagato era accusato di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di altri episodi di coltivazione e cessione. Il Tribunale del Riesame aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere, basandosi su intercettazioni, dichiarazioni di un co-indagato e sequestri.

La difesa aveva presentato un ricorso in Cassazione articolato in sei motivi, contestando:
1. La violazione delle norme sulla durata delle indagini preliminari, poiché alcune attività investigative erano state svolte prima dell’iscrizione formale dell’indagato nel registro degli indagati.
2. L’illegittimità delle intercettazioni per vizi procedurali.
3. L’insufficienza degli indizi per il reato associativo e la non attendibilità delle dichiarazioni accusatorie.
4. Errori nell’attribuzione delle utenze telefoniche all’indagato.
5. La mancanza di un’adeguata motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari a distanza di anni dai fatti.
6. L’omessa valutazione di misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari con controllo elettronico.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per la Rinuncia al ricorso

Nonostante la complessità delle questioni sollevate, la Corte di Cassazione non è entrata nel merito dei motivi. La decisione finale è stata puramente processuale: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La causa di tale esito risiede nell’atto di rinuncia al ricorso depositato dal difensore, munito di procura speciale, la sera del 18 aprile 2024, ovvero il giorno precedente all’udienza di discussione.

La rinuncia è un atto che estingue il processo. Di conseguenza, il provvedimento impugnato (l’ordinanza del Riesame) non viene né confermato né annullato nel merito, ma semplicemente non viene giudicato, consolidando i suoi effetti in quella fase processuale.

Le Motivazioni della Condanna alle Spese

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte ha inoltre disposto il versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La motivazione di questa sanzione aggiuntiva risiede nella tempistica della rinuncia. La Corte ha sottolineato che la rinuncia è stata presentata la sera precedente all’udienza, quando l’attività di studio del complesso ricorso era già stata completata. Questo ha imposto alla Corte un lavoro che, di fatto, è stato reso inutile dalla scelta processuale della difesa. La tardività della rinuncia è stata quindi considerata una causa di inammissibilità colpevole, che giustifica l’applicazione della sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

Questa sentenza evidenzia le implicazioni strategiche e le conseguenze economiche della rinuncia al ricorso. Sebbene sia una scelta processuale legittima, essa non è priva di costi. La rinuncia tardiva, in particolare, può essere sanzionata quando causa un dispendio di risorse giudiziarie. È importante notare che la rinuncia non ha comportato la revoca della misura cautelare; la Corte ha infatti verificato che l’indagato era stato nel frattempo posto agli arresti domiciliari, ma il titolo cautelare restava valido ed efficace. La scelta di rinunciare, quindi, non è derivata da una cessazione delle esigenze cautelari, ma da una precisa e legittima strategia difensiva, di cui però l’imputato deve assumersi le conseguenze economiche previste dalla legge.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate e il procedimento di impugnazione si estingue. Il provvedimento impugnato, in questo caso l’ordinanza del Tribunale del Riesame, non viene modificato.

La rinuncia al ricorso comporta sempre una condanna alle spese processuali?
Sì. Secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, quando il ricorso è dichiarato inammissibile (e la rinuncia porta a questa declaratoria), la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento.

Perché il ricorrente è stato condannato anche a pagare un’ammenda?
La Corte ha imposto una sanzione pecuniaria di 3.000 euro perché la rinuncia è stata presentata tardivamente, la sera prima dell’udienza di discussione. Questo comportamento ha costretto la Corte a svolgere un’attività di studio approfondita del ricorso, resa poi inutile dalla rinuncia stessa. La tardività è stata quindi considerata una causa colpevole di inammissibilità che giustifica l’ammenda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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