Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24141 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24141 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ALBANO LAZIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/11/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che conclude per l’inammissibilità del ricorso.
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Roma, in funzione di tribunale del riesame, ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 7 ottobre 2023 con la quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di partecipazione a un’associazione dedita al narcotraffico (art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, TU Stup. – capo B) nonché di concorso nella commissione di tre episodi di coltivazione e cessione di sostanza stupefacente (artt. 110 cod. pen. e 73, comma 1, TU Stup. – capo B17, B18; artt. 110 cod. pen. e 73, comma 4, TU Stup. – capo B19).
1.1. L’ordinanza cautelare, come quella del riesame, si fondano sul sequestro di una piantagione di marijuana e degli apparati telefonici in uso agli arrestati, sulle dichiarazioni di COGNOME e sulle captazioni delle conversazioni intercorse nel periodo nell’ambito del quale sarebbero stati commessi i reati fine dell’associazione finalizzata al narcotraffico.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo dei difensori AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, sviluppando sei motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) in relazione all’art.405 cod. proc. pen. e censura la legittimità e utilizzabilità dell attività di indagine relative alle acquisizioni investigative costituite dall captazioni di cui ai RIT 7008/19- 7009/19-543/20, nonché dalle attività di assunzione di sommarie informazioni e interrogatorio di COGNOME COGNOME dal 27.11.19 al maggio 2020 ed ogni ulteriore atto investigativo derivato, per violazione degli artt. 405 ss. Cod. proc. pen. così come interpretati dalla sentenza V Sezione n. 32767/21, VI Sezione n. 40/23, Sezioni Unite 25/02/1998, n. 4265 e 13/07/1998 n. 10086 e alla luce della ratio della modifica normativa introdotta dal d.lgs. n. 150/22.
Ritiene il difensore che la impugnata ordinanza meriti di essere cassata nella parte in cui rigettava la questione devoluta con il primo motivo di riesame, che censurava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere per aver ritenuto legittima ed utilizzabile l’attività di indagine relativa alle acquisizio investigative rappresentate dalle captazioni di cui ai RIT 7008/19, 700/19, 543/20, dalle sommarie informazioni testimoniali e dall’interrogatorio di COGNOME dal 27.11.2019 al maggio 2020 ed ogni ulteriore atto investigativo, pur
in assenza delle iscrizioni dell’indagato nel registro ex art. 335 cod. proc. pen. e dei provvedimenti di proroga delle indagini. La difesa lamentava, infatti, che l’iscrizione di COGNOME nel registro delle persone indagate avveniva ben due anni dopo (il 2.07.2021) della consumazione delle condotte contestate che si collocano temporalmente al 2019, là dove l’attività captativa, dalla quale sono emersi gli indizi, veniva effettuata in epoca antecedente.
L’ordinanza impugnata ha erroneamente affermato: la inapplicabilità della giurisprudenza richiamata; la applicabilità del principio di diritto espresso dalla sentenza delle SU, NOME.
L’ordinanza impugnata ha erroneamente ritenuto infondata la eccezione di incostituzionalità in ragione della esistenza dell’art. 88 bis d.lgs. n. 150 del 2022, senza valutare ›id la evidente rilevanza della questione rispetto al caso in esame e omettendo di considerare che la svolta legislativa s’impone in ossequio ai dettami costituzionali ivi citati (artt. 3, 24, 111 e 117 Cost., 6 CEDU) e del principio di ragionevolezza. La mera presa d’atto di una norma transitoria non esimeva il Tribunale, anche nella fase cautelare, di vagliare la sua resistenza rispetto alle fonti normative di rango superiore e al panorama codicistico europeo.
L’ordinanza impugnata erra in diritto nel rilevare che la legge n. 132 del 2021 non contenga una norma transitoria posto che di contro l’ha introdotta e che il principio del tempus regit actum non ha valenza costituzionale.
2.2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art.606 lett. b) ed e) in relazione all’art. 268, comma 1, cod. proc. pen. per non avere l’ordinanza impugnata ritenuto illegittime le conversazioni di cui ai RIT 7008/19, 7009/19 e 543/20, stante l’assenza dei verbali di fine e inizio della registrazione delle intercettazioni.
Dalla lettura dei verbali non è possibile comprendere dove sono state svolte le attività di registrazione, posto che la registrazione coincide con la remotizzazione in Questura ovvero che i verbali di ascolto non sono mai stati redatti.
2.3. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 666 lett. b) ed e) in relazione agli artt. 273 e 192 cod. proc. pen. e 1 L. n. 82/91, con riferimento alla sussistenza della contestata associazione ex art. 74 DPR 309/90 per aver ritenuto l’ordinanza impugnata sussistente sotto il profilo indiziario il delitto
associativo, pur non emergendo la provvista indiziaria. Denuncia, inoltre, le indicate violazioni con riguardo alle fattispecie contestate ai capi B, B17, B18 e B19: ciò alla stregua di una motivazione apparente.
Con i motivi di riesame, la difesa evidenziava che: alcun soggetto arrestato in quella occasione aOklia mai fatto riferimento a COGNOME, che neppure era stato oggetto di individuazione nel contesto temporale o locale di riferimento, né atti investigativi di perquisizione e sequestro cristallizzano elementi a suo carico; che nel capannone non sono stati rinvenuti beni o mezzi riconducibili a COGNOME; che da nessuna delle intercettazioni successive emerga un riferimento o una preoccupazione presunto capo rispetto alla perdita economica oggettivamente rilevante.
A fronte di tali elementi dubitativi, i giudici del Tribunale del riesame non rispondono in maniera puntuale e si affidano al collaboratore COGNOME. Ma il Gip e il Tribunale del Riesame, ancora prima di accertare l’esistenza di riscontri esterni, avrebbero dovuto verificare la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità oggettiva delle sue dichiarazioni e l’esistenza di riscontri: tutto ci manca.
Quanto alla posizione di COGNOME, la difesa contesta la qualifica di chiamante in correità sotto un profilo sostanziale posto che né il Gip né il Tribunale del riesame compiono: 1) alcuna verifica di affidabilità soggettiva risulta svolta; anzi la personalità di COGNOME e le ragioni della sua scelta inducono a sminuirne ogni affidabilità: emerge pacificamente in più riprese del suo racconto che la scelta di affrancarsi dal contesto non è propriamente spontanea ma legata a necessità e urgenza di salvare la propria vita. Inoltre, nel corso delle conversazioni intercettate che lo riguardano esprime senza remore la sua posizione di capo della piazza di spaccio, profondendosi di contro, negli interrogatori, nel ruolo di socio oltre che quello di organizzatore in proprio. 2) Sotto il profilo oggettivo dei riscontri estrinseci, la difesa eccepisce che se in ordine alla vicenda del 30.12.19 non emerge alcun riscontro individualizzante nei confronti dell’indagato, posta la mera accusa di gestione indimostrata della coltivazione, quanto alla attività di cessione della sostanza indicata ai reati fine il dichiarante non fornisce informazioni. 3) il Tribunale qualifica COGNOME collaboratore di giustizia, là dove non emerge la adesione ad alcun programma ai sensi e in forza della legge speciale n. 82/91. Emerge infatti, che l’intera motivazione e valutazione abbia
quale presupposto la qualifica del dichiarante non ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen. (pur in assenza dei presupposti di attendibilità censurati) ma in quanto la sua posizione sarebbe affidabile in re ipsa, posto che la “collaborazione prescinde dalle motivazioni”.
Tale errata valutazione integrer un evidente errore dell’approccio tecnico giuridico, integrante il travisamento della emergenza stessa che incide direttamente sulla metodologia della analisi effettuata. Ed integra al contempo una violazione di legge, per aver ritenuto qualificabile COGNOME collaboratore di giustizia in assenza dei presupposti della legge speciale.
Con riferimento alle emergenze captative, unica fonte dei reati fine – la difesa denuncia che la individuazione dell’usuario delle utenze attribuite dal GIP al RIT 7009/19 e 543/20 è dato indimostrato, posto che l’unica utenza dell’indagato risulta ben indicata nella numerazione 3383905197 che il giudice della cautela ritiene di segnalare come memorizzata sugli apparati degli arrestati il 29.12.19.
In rarissime conversazioni, l’indagato è indicato con il nome NOME mentre l’appellativo di “NOME“, pure ricondotto dal giudice a COGNOME, non necessariamente coincide con quelli di “NOME” o “NOME” citati nel percorso motivazionale quali identificativi dell’indagato.
La difesa segnala la incongruenza ricostruttiva posto che alle pagine 216 e segg. e alle successive 259 della ordinanza genetica, il RIT 7009/19 è riferito alla utenza numero 3880952157 mentre nei brogliacci il RIT è riferito al numero 3480369829.Di contro il RIT 543/20 è riferito al numero 3880952157.
L’ordinanza genetica e quella del riesame travisano le emergenze attribuendo all’indagato una utenza diversa da quella di cui al RIT in indicato nel brogliaccio; il RIT 7009/19, ovverosia la intercettazione sul numero 3480369829, non è riferibile al ricorrente, mentre quella del RIT 543/20 è ricondotta ad una numerazione diversa da quella 3383905197 che il GIP attribuisce a COGNOME.
2.4. Il quarto, numerato secondo, motivo denuncia la violazione dell’art. 74 DPR 309/90 per assenza e apoditticità della motivazione in ordine alla individuazione degli elementi costitutivi della associazione di cui al capo B.
Nel caso in esame le pagine 209 e segg. della ordinanza, nel riportare stralci di dichiarazioni del chiamante in correità, costituente secondo l’iter argomentativo ivi versato, unica fonte indiziaria sul punto a carico, si limita ad
una mera trasposizione narrativa, senza che emerga né il richiamo per relationenn né gli elementi costitutivi della ipotesi associativa.
Ebbene, in forza della incorporazione degli stralci delle dichiarazioni di COGNOME, i fatti rilevanti risultano coincidenti con quanto accaduto in data 30.12.19 in occasione del sequestro di un capannone predisposto per la coltivazione di sostanza di tipo marjuana che ha condotto all’arresto dei responsabili individuati sul luogo in COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME. Il dichiarante accusa COGNOME di essere l’organizzatore di tale attività sebbene da alcuna ulteriore emergenza investigativa emerga il fatto addebitato. Gli arrestati non rendono dichiarazioni etero accusatorie a carico di NOME COGNOME; costui non è oggetto di individuazione nel contesto temporale o locale di riferimento alla data del 30.12.19, nè atti investigativi di perquisizione e sequestro cristallizzano elementi a suo carico. All’interno del luogo non vengono rinvenuti né mezzi né beni a lui riconducibili. Gli operanti ritengono rilevante la presenza sulla rubrica dei due arrestati della numerazione dell’utenza intestata a COGNOME, appellato in una come “BRO” e in altra come “KING”. Successivamente al fatto nessuna conversazione integra un commento o una preoccupazione del presunto “capo” a fronte di una perdita economica rilevante.
2.5. Il quinto, numerato quarto, motivo denuncia la violazione dell’art. 606 lett. b) e e) in relazione all’art. 274 cod. proc. pen. per avere la impugnata ordinanza disposto il mantenimento della misura cautelare, pur non dando adeguata motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
I giudici del riesame avrebbero dovuto spiegare come fatti risalenti e circoscritti al 2019 possano, a distanza di quattro anni e a fronte di documentate condotte di attuale inserimento sociale e lavorativo, determinare una permanenza delle esigenze cautelarì. Il provvedimento avrebbe dovuto specificare la sussistenza alla data odierna di un attuale e concreto pericolo di reiterazione criminosa, a fronte del sopravvenuto e dimostrato impegno nel sociale e nel mondo lavorativo.
Ne vale a superare tale necessità il richiamo operato dalla ordinanza alla denuncia a piede libero dalla quale COGNOME è stato attinto in data 4.08.22 per coltivazione illegale di sostanza stupefacente, dal momento che si tratta di un procedimento che non si è concluso con sentenza definitiva di condanna e perché si tratta di un fatto modesto.
2.6. Il sesto, numerato quinto, motivo denuncia la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen. non avendo il giudice spiegato quali siano gli elementi specifici che permettono di ritenere che le esigenze cautelari nel caso di specie non possano essere soddisfatte con la misura della detenzione domiciliare accompagnata da idonei strumenti di controllo.
Il passaggio motivazionale è laconico oltre che apodittico e contraddittorio dal momento che il pericolo paventato dall’ordinanza che COGNOME, anche qualora sottoposto a misura cautelare degli arresti domiciliari in Brescia, possa continuare a mantenere contatti con ambienti criminali, ben potrebbe essere contenuto, oltre che attraverso l’applicazione del braccialetto elettronico, anche con il divieto di comunicare con persone diverse da chi lo ospiterebbe e con il divieto di utilizzare qualsiasi mezzo di comunicazione a distanza.
Il ricorso è inammissibile per rinuncia presentata in data 18 aprile 2024 ore 20:46 dal difensore AVV_NOTAIO, munito degli occorrenti poteri di procuratore speciale dell’imputato NOME COGNOME.
Nel formulare l’atto dì rinuncia, il difensore premette che essa deriverebbe dalla carenza di interesse sopravvenuta, senza allegare elementi in proposito.
Orbene, da immediate verifiche della posizione giuridica dell’imputato, risulta che lo stesso, in data 21 febbraio 2024, era stato avviato agli arresti domiciliari, sicché il titolo cautelare resta valido ed efficace: ciò esclude che il venire meno dell’interesse al ricorso derivi dalla revoca o annullamento del titolo, quanto piuttosto da legittime scelte processuali.
3.1. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
Nella determinazione della sanzione si deve tenere conto che la rinuncia è stata effettuata la sera precedente all’udienza di discussione orale richiesta dal difensore, così imponendo alla Corte lo studio approfondito del compendioso ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 aprile 2024.