Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5078 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 5078  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
RITENUTO IN FATTO
 COGNOME Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Bari, ha confermato il giudizio di penale reonsabtà di COGNOME;io NUriZI:3 per i debiti di cui all’art. 73 comma 1, d.P.R. 309/90, e  .322, secondo comma cod. pen. riducendo la pena comminata dal -Tribunale di Foggia il 22 apOe 2022, previa rinuncia ai motivi,
tranne a quello sul contenimento della pena, a quella di quattro anni, sette mesi di reclusione ed euro ventimila di multa.
Si contesta a COGNOME di avere, in concorso con minore, detenuto oltre 1  kg. di cocaina (con 789 grammi di principio attivo puro, pari a 5.265 dosi medie giornaliere), nonché di avere, al fine di ottenere l’impunità per il delitto di c sopra, offerto denaro ai carabinieri che l’avevano fermata, dicendo testualmente «senta non mi rovini, le do qualunque cosa».
 COGNOME Avverso la sentenza, ricorre per cassazione l’imputata, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi:
2.1.Violazione di norme processuali in relazione agli artt. 42.0-ter, 178, comma 1, 179 e 180 cod. proc. pen.
La Corte di appello, il 28 dicembre 2022, aveva disposto nei confronti della imputata, nell’ambito del pendente procedimento, l’aggravamento della misura degli arresti domiciliari – alla quale era stata inizialmente sottoposta – con quella della custodia cautelare in carcere, provvedimento eseguito il 28 dicembre 2022. All’udienza del 24 gennaio 2023, celebratasi con il rito orale, la COGNOME risultava ancora detenuta presso l’istituto di Foggia. L’imputata era, quindi, impedita comparire e non risultava in atti una sua rinuncia a presenziare. Erroneamente la Corte di appello ha dichiarato la donna detenuta per altra causa, il che avrebbe comunque imposto la traduzione, trattandosi di pubblica udienza. La Corte d’appello, perciò, avrebbe dovuto rinviare l’udienza stante l’impedimento a comparire.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 448, comma 1, ultimo periodo, cod. proc, pen. e carenza di motivazione in relazione alla richiesta formulata in subordine, in sede di appello, di applicazione della pena oggetto di istanza di patteggiamento, rigettata dal giudice di primo grado, il quale comminava una pena superiore di soli tre mesi rispetto a quella indicata con l’istanza di patteggiamento prima dell’applicazione della diminuente per il rito.
All’udienza di appello, la difesa reiterava l’istanza di applicazione pena nei seguenti termini: pena base anni sei e mesi tre cli reclusione ed euro 30.000,00 di multa, ridotta per la concessione delle attenuanti generiche a quella di anni quattro e mesi due di reclusione ed euro 21.000,00 di multa, aumentata ex art. 81 cod. pen. ad anni quattro e mesi nove di reclusione ed euro 24,000 di multa, ridotta per il rito alla pena finale di anni tre e mesi due di reclusione ed euro 14.000 di multa.
La Corte territoriale, dopo avere dato atto della rinuncia del difensore al motivo sulla responsabilità penale dell’imputata, rideterminava la pena, senza applicare quella oggetto di istanza di patteggiamento come richiesto dalla difesa, seppure la
pena, cui è giunta, sia inferiore a quella proposta nel corso del giudizio di primo grado escludendo la diminuente per il rito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è inammissibile.
2.  Il primo motivo è manifestamente infondato.
Occorre evidenziare che è pacifico che la restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, documentata o, comunque, comunicata al giudice procedente, in qualunque tempo, integra un impedimento legittimo a comparire che impone il rinvio del procedimento ad una nuova udienza e la traduzione dell’imputato stesso (Sez. U, n. 7635 del 30/09/2021 -dep. 03/03/2022-, COGNOME, Rv. 282806 – 01).
E’, però, del pari vero che l’imputato che come nel caso in esame – rilascia al difensore procura speciale per rinunciare ai motivi di appello sulla responsabilità, acconsente implicitamente a che l’udienza camerale di trattazione del processo si svolga in sua assenza, sicché non deve essere tradotto ove sia detenuto e non abbia chiesto espressamente di essere sentito, né deve essere ascoltato dal magistrato di sorveglianza, ove sia ristretto in luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice che procede (Sez. 6, n. 19336 del 15/03/2023, Ariano, Rv. 284623 01).
3.11 secondo motivo è manifestamente infondato.
Sul punto è sufficiente rilevare che i giudici di appello, come già il primo giudice, non erano tenuti a motivare in maniera espressa in ordine alla valutazione d’incongruità della pena proposta ex art. 444, cpp. congiuntamente dal PM e dal difensore, attestantesi in anni 3 e mesi 2 di reclusione.
Ed invero, la circostanza che sia il primo che il secondo giudice abbiano, valutati i criteri di cui all’art. 133, c.p., ritenuto adeguata la pena finale in cinque anni reclusione, il primo giudice, ed in quattro anni e sette mesi di reclusione, i secondi, rende evidente per implicito di come i giudici non potessero ritenere congrua la pena proposta, essendosi attestati su un trattamento sanzionatorio assolutamente più elevato.
Peraltro, si noti, è  pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il dovere di motivazione della sentenza è adempiuto, ad opera del giudice del merito, attraverso la valutazione globale delle deduzioni delle parti e delle risultanze processuali, non essendo necessaria l’analisi approfondita e l’esame dettagliato delle predette ed è sufficiente che si spieghino ;e ragioni che hanno determinato il
convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (tra le tante: Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011- dep. 20/05/2011, COGNOME, Rv. 250105).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidenf9