Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26100 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26100 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SCICLI il 11/02/1974
avverso la sentenza del 17/12/2024 della CORTE D’APPELLO DI CATANIA Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurator NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria a firma dell’avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria di replica a firma dell’avv. NOME COGNOME difensore dell’imputa
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 17 dicembre 2024, la Corte d’appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Ragusa, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui agli artt. 476 e 482 cod. pen. (capo 1), nonché reato di cui all’art. 380 cod. pen. (capo 2), condannandolo alla pena di giustizi al risarcimento del danno in favore della parte civile.
2. Questi i fatti oggetto del giudizio.
NOME COGNOME non riuscendo più a fronteggiare il pagamento delle rate del mutuo fondiario dalla medesima acceso per la situazione di difficoltà economica in
cui versava, si era rivolta all’avv. COGNOME per la predisposizione del “piano consumatore”, conferendo al medesimo il mandato di avviare in Tribunale la relativa procedura. Successivamente l’imputato, pur senza consegnarle alcun provvedimento, informò la persona offesa che il piano era stato omologato e che pertanto ella avrebbe dovuto pagare mensilmente la somma ridotta pari a 250 euro (invece che 659,00 euro). In un secondo tempo, la COGNOME si rivolse ad un altro legale, l’avv. COGNOME Il compagno della COGNOME, COGNOME NOME COGNOME richiese quindi all’Inzirillo il provvedimento di omologa del Tribunale, che gli fu inviato v mail. Il documento venne quindi consegnato al nuovo legale, che informò la COGNOME che si trattava di un documento falso.
Il Tribunale di Ragusa, pur riconoscendo la gravità della condotta tenuta dall’imputato, ha escluso che essa integrasse il reato di falso, sul rilievo ch formazione di una copia di un atto inesistente non integra reato; ha altresì esclus la configurabilità del reato di cui all’art. 380 cod. pen. non avendo la persona off subito alcun nocumento in conseguenza della condotta dell’Inzirillo.
La Corte d’appello, decidendo sull’appello del Pubblico ministero e della parte civile, ha ribaltato tale decisione, ritenendo sussistenti entrambi i rea condannando l’imputato alla pena anni uno e mesi sei di reclusione.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura, di seguito sintetizzati nei limiti di cui all’ar disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Il primo motivo denuncia vizio di violazione di legge in relazione all’art 603, comma 3, cod. proc. pen. La Corte territoriale, riformando la sentenza di primo grado che aveva assolto l’imputato da entrambi i reati, non aveva provveduto alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ed in particolare aveva omesso di risentire la persona offesa COGNOME le cui dichiarazioni dovevano ritenersi decisive, sia in ordine alla sua percezione della falsità del documento, al delitto di infedele patrocinio e al nocumento conseguente alla condotta tenuta dal ricorrente.
3.2. Il secondo motivo denuncia vizio di violazione di legge in relazione all’art 380 cod. pen. Il giudice di primo grado, sulla base dell’istruttoria espletata, av correttamente escluso che la condotta dell’imputato avesse recato nocumento alla persona offesa. Diversamente, la sentenza impugnata ha ricostruito la sussistenza di detto pregiudizio in termini meramente potenziali, mentre invece l’istituto d credito, pur a fronte del versamento di rate mensili di importo ridotto da part della Tumino, non aveva assunto iniziative di sorta.
3.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 476 e 482 cod. pen. e la omessa valutazione della riconoscibili
della falsità dell’atto. La Corte territoriale avrebbe affermato in modo apodittico idoneità del falso a trarre in inganno la persona offesa, pur in assenza di elemen in tal senso. Inoltre, il falso provvedimento giudiziario sarebbe stato privo d requisititi minimi per essere qualificato come atto pubblico ai sensi dell’art. cod. pen.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
La parte civile NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME, ha depositato una memoria con cui afferma la non necessarietà della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, atteso che la diversa valutazione operata dalla sentenz impugnata attiene non già alle dichiarazioni testimoniali, ma alla valutazione i diritto delle risultanze processuali.
Esclude altresì che si versi nella fattispecie in un’ipotesi di falso grossola essendo la persona offesa soggetto non particolarmente esperto e pertanto incapace di cogliere ictu oculi la falsità del documento.
Sussisterebbe, inoltre, il “nocumento” agli interessi della persona offes integrante il reato di cui all’art. 380 cod. pen. in quanto l’imputato, con l condotta, aveva fatto sì che la COGNOME si rendesse incolpevolmente inadempiente al pagamento dell’intera rata del mutuo dalla stessa acceso.
La condotta dell’imputato avrebbe cagionato alla persona offesa un pregiudizio patrimoniale consistente nella differenza fra l’importo effettivo dovut alla banca e quello erroneamente corrisposto in ragione del falso piano di composizione della crisi, nonché nella impossibilità di accedere al credito pe l’iscrizione al CRIF. Avrebbe altresì subito un danno non patrimoniale per lo stato di ansia e il senso di frustrazione conseguente all’inganno subito e alle s conseguenze.
Il ricorrente COGNOME ha depositato una memoria con cui replica alle conclusioni proposte dal Procuratore generale, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il primo motivo di ricorso è fondato con assorbimento delle restanti censure.
NOME
2. L’art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. dispone che nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
La necessità di procedere alla rinnovazione dell’esame delle fonti di prova dichiarative rinviene il suo fondamento nel rispetto dei principi della CEDU, nonché nell’esigenza di escludere che il dubbio in ordine alla colpevolezza dell’imputato possa ritenersi superato senza che il giudice d’appello abbia provveduto a riassumere la prova, in attuazione dei canoni di oralità ed immediatezza. Secondo quanto affermato dalle Sezioni unite, il canone “oltre ogni ragionevole dubbio” pretende che, in mancanza di elementi sopravvenuti, l’eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello avvenga nel rispetto dei principi di oralità della prova e dell’immediatezza della sua formazione davanti al giudice, in modo da consentirgli di apprezzare direttamente gli apporti dichiarativi che si son rivelati decisivi per la decisione di proscioglimento in primo grado e sui quali invece, cadono i dubbi del giudice d’appello (Sez. U. n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785).
Nel delineare l’ambito dell’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa, le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato che deve trattarsi di prova decisiva, essendo stata posta dal giudice di primo grado a fondamento dell’assoluzione, nonché di prova oggetto di una diversa valutazione da parte del giudice di appello (Sez. U., n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112).
Tale differente valutazione, attesa l’ampiezza della formula normativa, non può essere circoscritta ai profili attinenti alla attendibilità del dichiarante, estende a tutti i casi che implicano una “diversa interpretazione” delle risultanz delle prove dichiarative, posto che un “fatto” non sempre presenta una consistenza oggettiva di natura astratta e asettica, ma è talvolta mediato attraver l’interpretazione che ne dà il dichiarante, con la conseguenza che la risultanz probatoria risente di tale mediazione che incide sull’approccio valutativo del giudice, anch’esso pertanto mediato (Sez. 3, n. 16444 del 04/02/2020, C., Rv. 279425 – 01; Sez. 5, n. 27751 del 24/05/2019, 0., Rv. 276987).
Per tale ragione, la rinnovazione istruttoria non può essere parziale e limitata ad una selezione delle fonti dichiarative e neppure ad una scelta delle circostanze sulle quali esse debbano essere riassunte, tanto più se arbitrariamente delimitata a quelle funzionali ad un giudizio di condanna. La valutazione della prova dichiarativa è, infatti, il risultato di un’operazione di comparazione tra i conten della singola fonte e quelli delle altre fonti, nonché degli altri apporti istruttori 1, n. 41358 del 29/04/2022, COGNOME Rv. 283678, in motivazione).
Restano fuori dall’obbligo di rinnovazione le ipotesi in cui non si discuta i contenuto probatorio della fonte dichiarativa, ma la sua qualificazione giuridica (Sez. U., n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta; Sez. 2, n. 5045 del 17/11/2020, dep. 2021, Fano, Rv. 280562 – 01, secondo la quale non sussiste l’obbligo di rinnovare la prova dichiarativa decisiva qualora emerga che la valutazione della prova compiuta dal primo giudice sia inficiata da un errore di diritto, come nel caso in cui il giudice abbia ritenuto di non poter assumere come prova dell’affermazione di responsabilità dell’imputato il riconoscimento effettuato – con assoluta certezz – dalla persona offesa, pur senza disconoscerne l’attendibilità).
Esulano, inoltre, dall’obbligo di rinnovazione i casi in cui non ricorra una differente “valutazione” del significato della prova dichiarativa, e perciò non nell ipotesi in cui «il documento che tale prova riporta risulti semplicemente “travisato”, quando, cioè, emerga che la lettura della prova sia affetta da erro “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, difformità cade sul significante (sul documento) e non sul significato (su documentato) e, perciò, non può sorgere alcuna esigenza di rivalutazione di tale contenuto attraverso una nuova audizione del dichiarante» (Sez. u., n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785; Sez. 6, n. 16501 del 15/02/2018, COGNOME, Rv. 272886 – 01).
3. Nel caso in esame, il diverso esito della pronuncia di secondo grado rispetto a quella del Tribunale si fonda proprio sulla interpretazione delle dichiarazioni dell persona offesa. Invero, la valutazione operata dalla Corte territoriale in ordine al sussistenza del reato di falso è stata filtrata attraverso una nuova lettura di d dichiarazioni, come risulta chiaro dallo stesso tenore della sentenza impugnata, laddove ha affermato che «la persona offesa ha dichiarato di aver creduto nella genuinità del provvedimento falso e di aver continuato a effettuare i pagamenti sulla base di tale convinzione, rendendosi conto della falsità del documento solo dopo essersi rivolta a un altro legale» (pagg. 4 e 5 del provvedimento impugnato).
Analogamente, al fine di affermare la responsabilità dell’Inzirillo in ordine a reato di cui all’art. 380 cod. pen., son state valorizzate le affermazioni d COGNOME, la quale aveva riferito di aver continuato a versare la rata mensile di eur 250, «convinta di ridurre il suo debito complessivo».
In definitiva, la sentenza impugnata ha espresso una valutazione diversa delle prove dichiarative rispetto a quella operata dal giudice di primo grado, la quale stata decisiva per affermare la responsabilità dell’imputato.
Ne consegue, pertanto, la sussistenza del denunciato vizio di violazione di legge.
4. Per tali ragioni la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
Roma, 2 luglio 2025
Il Consigliere estensore
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