Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6475 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6475 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BRONTE il 01/02/1987
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME Marco;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di legge in relazione alla mancata assunzione di una prova decisiva ad opera dalla Corte territoriale, nonché difetto di motivazione in ordine alla richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex art. 603 cod. proc. pen., è inammissibile alla luce dell’assolutamente consolidato orientamento di legittimità secondo il quale «la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello può costituire violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado» (Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 274337 – 01). Nel caso in esame il motivo non viene sollevato in relazione a prove sopravvenute alla sentenza di primo grado, così mancando in radice ogni possibilità di dolersi della loro mancata assunzione in appello.
Richiamato, ancora, e sempre in relazione al primo motivo, l’ormai risalente orientamento di legittimità in forza del quale «in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, il giudice, pur investito -con i motivi di impugnazione- di specifica richiesta, è tenuto a motivare solo nel caso in cui a detta rinnovazione acceda; invero, in considerazione del principio di presunzione di completezza della istruttoria compiuta in primo grado, egli deve dare conto dell’uso che va a fare del suo potere discrezionale, conseguente alla convinzione maturata di non poter decidere allo stato degli atti. Non così, viceversa, nella ipotesi di rigetto, in quanto, in tal caso, la motivazione potrà anche essere implicita e desumibile dalla stessa struttura argomentativa della sentenza di appello, con la quale si evidenzia la sussistenza di elementi sufficienti alla affermazione, o negazione, di responsabilità» (così già Sez. 5, n. 8891 del 16/05/2000, COGNOME, Rv. 217209; Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230).
Considerato che il secondo motivo di ricorso si risolve in una rilettura delle emergenze processuali alternativa e antagonista a quella prospettata dalla Corte di appello della sentenza impugnata, che ha confermato la configurabilità del delitto contestato con motivazione adeguata, logica e priva di contraddizione di merito, sviluppata in risposta alle identiche questioni di merito oggi reiterate con il ricorso. Alla luce di ciò, il motivi risulta inammissibile, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000,
COGNOME, Rv. 216260); con il quale si contesta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., oltre ad essere privo dei requisiti di specificità previsti a pena di inammissibilità dall’art. 581 cod. proc. pen., è manifestamente infondato;
considerato che -con riguardo al terzo motivo di ricorso- che ai fini del riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è necessaria la sussistenza di entrambi i presupposti legali della particolare tenuità dell’offesa e della non abitualità del comportamento e, dunque, la mancata applicazione della causa di non punibilità è da ritenersi adeguatamente motivata laddove il giudice del merito dia conto dell’assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti, né è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti per la sussistenza di ciascun presupposto (cfr. Sez. 7, Ord. n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01; Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678);
che, nella specie, i giudici del merito hanno esplicitato le ragioni per cui la condotta non poteva reputarsi lieve, avendo riguardo all’importo sottratto, alle modalità fraudolente della condotta e al disagio provocato alla vittima (cfr. pag. 5 );
considerato che il quarto motivo di ricorso, con il quale si eccepisce la prescrizione del reato, è manifestamente infondato, atteso che non tiene conto del fatto che nei confronti di COGNOME è stata ritenuta e applicata la recidiva, con la conseguenza che il tempo necessario alla prescrizione, in applicazione degli artt. 157 e 161 cod. pen., considerati gli atti interruttivi, è complessivamente pari a 14 anni, così che a tutt’oggi la fattispecie estintiva non può dirsi perfezionata, visto che i reati più risalenti sono stati commessi nel 2012;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 gennaio 2025.