Rinnovazione Istruttoria in Appello: la Cassazione ne Definisce i Limiti
Nel processo penale d’appello, la rinnovazione istruttoria, ovvero la riapertura della fase di acquisizione delle prove, rappresenta un’eccezione e non la regola. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato questo principio, chiarendo in quali circostanze un giudice può legittimamente respingere una richiesta di nuove prove. La decisione offre spunti fondamentali sulla discrezionalità del giudice, sulla valutazione delle prove indiziarie e sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi.
I Fatti del Caso: un Ricorso Basato su Prove Fotografiche
Il caso trae origine dal ricorso di un uomo condannato per rapina. La sua difesa aveva richiesto in appello una rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, chiedendo un accertamento tecnico per migliorare la qualità di alcuni fotogrammi che ritraevano il passeggero di un’autovettura coinvolta nel crimine. Secondo il ricorrente, il diniego di questa richiesta da parte della Corte d’Appello costituiva una violazione di legge, così come l’errata valutazione delle prove a suo carico.
Il ricorso si articolava su più punti: la mancata ammissione della nuova prova, una critica generica alla valutazione degli indizi e, infine, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La Decisione della Corte: i Limiti della Rinnovazione Istruttoria
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti procedurali.
La Valutazione delle Prove Esistenti
Sul tema centrale della rinnovazione istruttoria, la Corte ha stabilito che la richiesta della difesa era stata correttamente respinta perché il nuovo accertamento tecnico era stato ritenuto non necessario, e addirittura superfluo. L’identificazione del ricorrente quale concorrente nella rapina non dipendeva affatto dai fotogrammi in questione, ma emergeva già in modo inequivocabile da altre fonti di prova ben più solide. In particolare, il quadro accusatorio si fondava su:
* Attività di intercettazione telefonica e ambientale.
* Incrocio dei dati delle celle telefoniche agganciate dalle utenze degli imputati con i percorsi dei veicoli usati per l’azione criminale.
Di fronte a un quadro probatorio così robusto, un’ulteriore prova tecnica sulle immagini sarebbe stata irrilevante ai fini della decisione. La Cassazione ha colto l’occasione per ricordare che la rinnovazione dell’istruttoria in appello è un istituto di carattere eccezionale, a cui si ricorre solo quando il giudice, nella sua discrezionalità, ritenga di non poter decidere sulla base degli atti già presenti nel fascicolo.
La Genericità delle Altre Censure
Anche gli altri motivi di ricorso sono stati respinti. La critica alla valutazione delle prove indiziarie è stata giudicata “palesemente generica”, poiché si limitava a richiamare principi astratti senza contestare specificamente l’ampia e dettagliata motivazione della sentenza d’appello. Allo stesso modo, il motivo relativo a una presunta aggravante è stato dichiarato inammissibile perché non era stato sollevato nel precedente grado di giudizio. Infine, la richiesta di attenuanti generiche è stata ritenuta infondata, dato che la Corte d’Appello aveva motivato il diniego sulla base dei precedenti penali, anche specifici, del ricorrente e sull’assenza di elementi positivi a suo favore.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. In primo luogo, viene ribadita la natura eccezionale della rinnovazione dell’istruttoria in appello (art. 603 c.p.p.), la cui ammissione è rimessa alla valutazione discrezionale e insindacabile del giudice di merito, purché adeguatamente motivata. Il sindacato della Cassazione non può entrare nel merito della “concreta rilevanza” della prova richiesta, ma deve limitarsi a verificare la coerenza e la logicità della motivazione del provvedimento di diniego.
In secondo luogo, la Corte sottolinea l’importanza della specificità dei motivi di ricorso. Non è sufficiente appellarsi a principi generali o a massime giurisprudenziali; è necessario condurre una critica argomentata e puntuale contro le specifiche ragioni esposte nella sentenza impugnata. In assenza di tale critica, il motivo è considerato generico e, quindi, inammissibile.
Infine, la decisione conferma che la presenza di precedenti penali, specialmente se specifici, e la mancanza di elementi positivi di valutazione della personalità dell’imputato costituiscono una valida ragione per negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante promemoria sui limiti del giudizio d’appello e di legittimità. La richiesta di rinnovazione istruttoria non può essere utilizzata come uno strumento per ritardare la definizione del processo o per tentare di rimettere in discussione un quadro probatorio già solido e convincente. La decisione deve basarsi sul principio di completezza dell’istruttoria di primo grado, e solo una reale e motivata necessità può giustificarne la riapertura. Per le difese, ciò significa che le richieste probatorie devono essere strategiche e fondate sulla loro assoluta indispensabilità, mentre per i giudici, conferma l’ampia discrezionalità nel valutare tali istanze, purché supportata da una motivazione logica e congrua.
Quando può un giudice d’appello rifiutare la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria?
Un giudice d’appello può rifiutare la richiesta quando la ritiene non assolutamente necessaria o superflua ai fini della decisione. Questo avviene, come nel caso di specie, quando il quadro probatorio esistente (derivante da intercettazioni, dati telefonici, ecc.) è già sufficiente a fondare il giudizio di colpevolezza in modo inequivocabile.
È possibile introdurre un nuovo motivo di ricorso per la prima volta in Cassazione?
No, non è consentito. La Corte ha chiarito che un motivo di censura, per essere ammissibile in Cassazione, deve essere stato previamente dedotto come motivo di appello. In caso contrario, come stabilito dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., il motivo è inammissibile.
Su quali basi un giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Un giudice può negare le attenuanti generiche basandosi su una valutazione complessiva della personalità dell’imputato. La presenza di precedenti penali, in particolare se specifici per il tipo di reato commesso, e l’assenza di elementi positivi che giustifichino una diminuzione della pena sono considerate motivazioni valide e sufficienti per il diniego.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31398 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31398 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il 03/01/1980
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME e la relativa memoria difensiva depositata in data 12/06/2025 con la quale si insiste per l’accoglimento della proposta impugnazione;
considerato che con il primo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 603 cod. proc. pen. per mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante accertamento tecnico volto ad ingigantire i fotogrammi ritraenti il passeggero della autovettura Fiat Uno, nonché l’erronea applicazione dell’art. 192 del codice di rito ed il vizio di motivazione in punto di giudizio responsabilità;
che, con riferimento al primo profilo di censura, la Corte di appello non ha affatto travisato l’oggetto della richiesta difensiva di integrazione probatoria (s veda la pag. 4 della sentenza impugnata nella parte in cui riporta correttamente il contenuto dell’istanza) e ha motivatamente escluso l’invocato supplemento istruttorio ritenendolo non assolutamente necessario e, anzi addirittura superfluo, poiché l’identificazione di COGNOME, quale concorrente nella contestata rapina, già emergeva inequivocabilmente dalle attività captative (telefoniche ed ambientali) e dall’incrocio dei dati relativi alle celle telefoniche agganciate dall utenze in uso agli imputati con quelli relativi ai percorsi delle vetture utilizzate p l’azione predatoria; va ricordato che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza di quella espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (SU, n. 12602 del 17.12.2015- dep. 2016, COGNOME, Rv. 266820); il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla correttezza dell motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice d’appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento, non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire, me deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995- dep. 1996, COGNOME, Rv. 203764 e successivamente Sez. 3 n. 7680 del 13/01/2027, COGNOME, Rv. 269373; Sez. 3, n. 34625del 15/07/2022, COGNOME, Rv. 283522); Corte di Cassazione – copia non ufficiale che il secondo profilo di censura è palesemente generico in quanto si risolve nel richiamo ad astratti principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in tem di processo indiziario senza svolgere una critica argomentata all’ampia motivazione della sentenza (pagine da 8 a 11) che ha puntualmente valorizzato una serie di elementi i quali, valutati congiuntamente, assurgevano a indizi gravi,
precisi e concordanti in ordine alla partecipazione dell’odierno ricorrente sia nella fase preparatoria della rapina che in quella esecutiva;
ritenuto che il secondo motivo, con cui si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 3-bis, cod. proc. pen., non è consentito in questa sede, perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.;
considerato che il terzo motivo, con cui si lamenta il vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato, a fronte del congruo apparato argomentativo sviluppato dalla Corte di appello (pag. 11 e 13 della sentenza impugnata) che ha evidenziato, da un lato, l’assenza di elementi positivi che giustificassero la diminuente e, dall’altro, i precedenti penali anche di natura specifica che ben possono essere posti a fondamento del diniego ( Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.