Rinnovazione Istruttoria in Appello: La Cassazione Fissa i Paletti
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in Cassazione e, in particolare, sulla richiesta di rinnovazione istruttoria in appello. Spesso, la difesa tenta di introdurre nuove prove o perizie nel secondo grado di giudizio, ma la Corte Suprema ribadisce come tale istituto rappresenti un’eccezione e non una regola, e il suo diniego, se ben motivato, non sia sindacabile in sede di legittimità. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
Il Caso: Evasione e Ricorso per Cassazione
Un soggetto, già condannato in primo e secondo grado per il reato di evasione (art. 385 c.p.), decide di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Le sue doglianze si concentrano su due punti principali: il mancato accoglimento della richiesta di una nuova perizia sulla sua capacità di intendere e volere al momento del fatto e la contestazione dell’applicazione della recidiva aggravata.
I Motivi del Ricorso: Perizia Psichiatrica e Recidiva
La difesa dell’imputato sosteneva che il giudice d’appello avesse errato nel negare la rinnovazione istruttoria finalizzata a una perizia psichiatrica. A supporto, erano stati prodotti documenti medici e una certificazione di presa in carico da parte di un centro di salute mentale. L’imputato, secondo la difesa, non era pienamente capace al momento della commissione del reato.
In secondo luogo, il ricorrente contestava genericamente l’applicazione della recidiva, ritenendola ingiustificata.
La Decisione della Corte sulla Rinnovazione Istruttoria
La Corte di Cassazione ha dichiarato il primo motivo inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la valutazione sull’opportunità di rinnovare l’istruttoria in appello spetta al giudice di merito. Il sindacato della Cassazione può intervenire solo se la motivazione del diniego è palesemente illogica o assente, non sulla rilevanza concreta della prova richiesta.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente, basata su tre elementi chiave:
1. Documentazione Datata: La documentazione medica presentata era relativa a un periodo (2011-2012) molto antecedente al reato (commesso nel 2017).
2. Certificazione Non Decisiva: La certificazione più recente attestava solo una terapia farmacologica e un “abuso di cannabinoidi”, elementi non sufficienti a far sospettare un’incapacità di intendere e volere.
3. Dichiarazioni dell’Imputato: Le stesse dichiarazioni rese dall’imputato nel corso del processo non avevano mai fatto emergere dubbi sul suo stato mentale.
Di conseguenza, il rigetto dell’istanza di rinnovazione istruttoria è stato ritenuto corretto e non censurabile in sede di legittimità.
La Questione della Recidiva Aggravata
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte territoriale aveva adeguatamente motivato l’applicazione della recidiva, evidenziando come l’imputato avesse precedenti specifici per spaccio di stupefacenti, ricettazione e furto. Questi elementi, secondo i giudici, dimostravano una chiara inclinazione a delinquere e una maggiore pericolosità sociale, giustificando pienamente l’aggravante.
Le motivazioni
La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Le Corti d’Appello valutano i fatti e le prove; la Corte di Cassazione valuta la corretta applicazione della legge. Le richieste del ricorrente, sia sulla capacità mentale sia sulla recidiva, si traducevano in una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio, un’attività preclusa alla Cassazione.
L’ordinanza ribadisce che per contestare una decisione di merito in sede di legittimità non è sufficiente presentare una lettura alternativa dei fatti, ma è necessario individuare un vizio logico o giuridico nella motivazione del provvedimento impugnato. In questo caso, le motivazioni della Corte d’Appello sono state ritenute complete, logiche e ineccepibili, rendendo il ricorso un tentativo sterile di ottenere un terzo grado di giudizio sul fatto.
Le conclusioni
Questa pronuncia insegna due lezioni fondamentali. In primo luogo, la richiesta di rinnovazione istruttoria in appello deve essere supportata da elementi di prova nuovi e decisivi, la cui rilevanza sia immediatamente percepibile. In secondo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere formulato evidenziando vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione) e non semplici doglianze di fatto. Qualsiasi ricorso che si limiti a criticare la valutazione delle prove operata dal giudice di merito è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile chiedere una nuova perizia psichiatrica durante il processo d’appello?
Sì, è possibile richiederla attraverso l’istituto della rinnovazione dell’istruttoria (art. 603 c.p.p.), ma si tratta di un’eccezione. Il giudice d’appello non è obbligato a disporla e può rigettare la richiesta con una motivazione logica. Tale decisione è difficilmente contestabile in Cassazione.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano costituiti da “mere doglianze in punto di fatto”. L’imputato chiedeva alla Cassazione di rivalutare le prove (come la documentazione medica), un’attività che esula dai compiti del giudice di legittimità, il quale si limita a verificare la corretta applicazione della legge.
Come viene giustificata l’applicazione della recidiva aggravata?
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto giustificata la recidiva sulla base dei precedenti penali dell’imputato (tra cui ricettazione, furto e reati legati agli stupefacenti), considerandoli elementi dimostrativi della sua “inclinazione a delinquere” e della sua “maggiore pericolosità sociale”.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35633 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35633 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/09/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la condanna per il reato di cui all’art. 385 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto (per lo più reiterative delle doglianze oggetto del gravame in appello) ed incentrati sulla denuncia del vizio di omessa motivazione che la lettura del provvedimento impugNOME rivela essere completa e logicamente ineccepibile e dalla quale si evince l’insussistenza dei dedotti vizi di motivazione.
Considerato che inammissibile è il primo motivo di ricorso, con il quale l’imputato si duole della mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello a mezzo di perizia sulla capacità di intendere e di volere al momento del fatto. Invero, è pacifico che, integrando l’istituto discipliNOME dall’art. 603 cod. proc. pen. una eccezione alla regola della formazione della prova nel corso del giudizio di primo grado, il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice di appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire, ma deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato (da ultimo, Sez. 3, n. 34326 del 15/07/2022, COGNOME, Rv. 283522 – 01). La motivazione del rigetto dell’istanza si è fondata sulle seguenti circostanze: a) la documentazione medica prodotta dalla difesa a sostegno dell’istanza è relativa a periodi (anni 2011-2012) di gran lunga antecedenti alla data del commesso reato (marzo 2017); b) la certificazione della presa in carico dell’imputato da parte del CIM – peraltro successiva ai fatti in contestazione – dà solo atto della somministrazione di una terapia farmacologica al COGNOME, risultato successivamente soggetto che “abusa di cannabinoidi”; c) dalle stesse dichiarazioni rese dall’imputato nel giudizio di primo grado non è emerso alcun elemento che potesse far sospettare una sua incapacità di intendere e di volere; motivazione non illogica e che, dunque, non può essere sindacata in questa sede.
Rilevato che manifestamente infondato è pure l’ulteriore motivo, nel quale in modo del tutto generico – si contesta la mancata esclusione della recidiva aggravata; sul punto, la Corte territoriale ha rilevato come il COGNOME, già dichiarato recidivo, nell’ottobre del 2016 si rendeva responsabile del reato di cui all’art. 73
comma 4 TU Stup. e presenta ulteriori condanne per precedenti reati, tra cui ricettazione e furto, elementi dimostrativi della sua inclinazione a delinquere e della maggiore pericolosità sociale: motivazione anche in questo caso adeguata e dunque insindacabile da parte di questa Corte.
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/09/2024