Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27168 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27168 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Bologna il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 07/12/2023 della Corte di Appello di Genova visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato per sopravvenuta prescrizione.
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATI -0
Con sentenza emessa in data 11 maggio 2022, il Tribunale di Genova ha assolto NOME per non aver commesso il reato di cui agli artt. 56 e 640 cod. pen.
Con sentenza deliberata in data 7 dicembre 2023, la Corte di Appello di Genova, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale, ha condannato l’imputato alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 80,00 di multa in relazione al reato di tentata truffa.
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ric:orso per cassazione avverso detta sentenza di condanna.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 178 e 601, comma 3, cod. proc. pen. e dell’art. 6 CEDU.
Il decreto di fissazione del giudizio di appello, privo dell’indicazione prevista dal comma terzo dell’art. 601 cod. proc. pen., sarebbe stato redatto con modalità fuorvianti che avrebbero indotto l’imputato ed il suo difensore a ritenere che il giudizio fosse stato fissato con le forme della trattazione in presenza.
Il mancato deposito della richiesta di trattazione orale prevista dall’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. sarebbe, quindi, incolpevole conseguenza delle ambigue ed incomplete modalità di redazione del decreto di fissazione con conseguente violazione del diritto delle parti di partecipare all’udienza e nullità della sentenza di appello.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen. conseguente alla mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto dal Procuratore generale.
5.1. La Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare tale inammissibilità in considerazione della carenza di interesse dal Procuratore generale ad impugnare la sentenza di primo in quanto il Pubblico Ministero di udienza aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto.
5.2. La difesa ha anche eccepito la genericità dell’appello proposto dal Procuratore generale, rimarcando la mancata correlazione tra i motivi di appello e le argomentazioni poste a fondamento della sentenza assolutoria nonché mancata esplicitazione di una critica puntuale della decisione impugnata con conseguenza inammissibilità dell’appello per aspecificità.
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli adt. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. e 6 CEDU conseguente all’omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nonché violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
La Corte di merito, in considerazione del fatto che l’appello del Procuratore generale sarebbe fondato su una diversa valutazione delle prove dichiarative poste a fondamento della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione dell’istruttoria, in ossequio di quanto previsto dall’art. 603 comma 3-bis cod. proc. pen.
Il ricorrente, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta travisamento della prova nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’affermazione di penale responsabilità.
La Corte territoriale, con percorso argomentativo illogico, avrebbe ritenuto che la riconducibilità al ricorrente dell’utenza telefonica adoperata per contattare la persona offesa dimostrerebbe il coinvolgimento del COGNOME, per poi affermare che l’imputato non sarebbe il destinatario della somma corrisposta dalla persona offesa.
I giudici di appello avrebbero, infine, travisato la prova dichiarativa, e affermato la penale responsabilità dell’imputato senza alcun riferimento alle fonti dichiarative o documentali legittimamente assunte nel corso del dibattimento, con conseguente contraddittorietà ed apparenza della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va rimarcato, in proposito, che l’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. non prevede alcuna conseguenza procedurale in caso di mancata indicazione dell’avviso (previsto dal terzo comma) che si procederà con udienza in camera di consiglio, senza la partecipazione delle parti, qualora l’imputato o il suo difensore non chiedano di partecipare nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto, con conseguente insussistenza della nullità invocata dalla difesa in virtù del principio di tassatività delle nullità di cui all’art. 177 cod. proc. pen.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L’articolo 570, comma 1, cod. proc. pen. prevede espressamente che il Procuratore generale è legittimato a proporre appello avverso la sentenza di assoluzione “quale che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero” con conseguente insussistenza dell’invocata inammissibilità dell’appello per carenza di interesse.
Anche l’ulteriore doglianza con cui la difesa eccepisce la genericità dell’appello proposto dal Procuratore generale è destituita di fondamento; la Corte territoriale, con percorso argonnentativo privo di aporie ed illogicità manifeste, ha correttamente rilevato come l’atto di impugnazione abbia adeguatamente indicato gli argomenti in fatto ed in diritto finalizzati ad ottenere una pronunz di condanna (vedi pag. 3 della sentenza impugnata).
L’atto di appello oggetto di scrutino contiene, infatti, delle censure non generiche né assertive, ripercorrendo il tracciato motivazionale della sentenza di primo grado ed indicando le argomentazioni sulle quali si basa la tesi accusatoria
della penale responsabilità del COGNOME in ordine al contestato reato di tentata truffa, con conseguente manifesta infondatezza della censura.
3. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono fondati per le seguenti ragioni.
3.1. La sentenza impugnata deve essere annullata, in relazione all’effettiva violazione, nella valutazione del panorama probatorio esaminato, del canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio, tenuto conto dell’esigenza di motivazione rafforzata corrispondente al ribaltamento in senso condannatorio della prima decisione assolutoria e della necessità, sotto il profilo procedimentale, di rinnovare in sede di appello l’esame della persona offesa e del teste di p.g. COGNOME (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta).
Il Tribunale aveva assolto il ricorrente in considerazione della carenza di elementi da cui desumere il coinvolgimento del COGNOME nella commissione della condotta truffaldina, valorizzando in particolare la mancata individuazione da parte degli inquirenti del beneficiario del pagamento effetl:uato dalla persona offesa; tale carenza probatoria è stata esclusa dai giudici di appello, i quali hanno ritenuto la riconducibilità al COGNOME dell’utenza utilizzata per contattare i COGNOME -circostanza riferita dal teste di p.g. COGNOME– elemento idoneo e sufficiente a dimostrare la colpevolezza dell’imputato (vedi pag. 3 della sentenza oggetto di ricorso).
Appare, di conseguenza, evidente che il giudice di secondo grado è pervenuto ad una diversa valutazione delle prove dichiarative poste a fondamento della sentenza di primo grado, senza rinnovare la testimonianza della persona offesa e del teste di p.g. COGNOME, fulcro dell’impianto accusatorio, in palese violazione di principi più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità.d4 c’ dC 1 1 1 4.4 -, 6 -02 C.A.4melia 36. S., cuci · re’…x pe-·-·
3.2. Il collegio intende dare seguito al principio di diritto secondo cui, ai f della rinnovazione dell’istruttoria in appello ex art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen., devono intendersi per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa tutti quelli che implicano una diversa interpretazione delle risultanze delle prove dichiarative, posto che il loro contenuto è frutto della percezione soggettiva del dichiarante, onde il giudice del merito è inevitabilmente chiamato a “depurare” il dichiarato dalle cause di interferenza provenienti dal dichiarante, in modo da pervenire ad una valutazione logica, razionale e completa, imposta dal canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 27751 del 24/05/2019, O., Rv. 276987 – 01; Sez. 3, n. 16444 del 04/02/2020, C. Rv. 279425 – 01; Sez. 2, n. 13953 del 21/02/2020, NOME, Rv. 279146 – 01).
Di conseguenza, il giudice d’appello che intenda procedere alla totale reformatio della sentenza di primo grado ha sempre l’obbligo di rinnovare la prova dichiarativa decisiva , a meno che non emerga che la valutazione della
prova compiuta dal primo giudice sia stata travisata per omissione, invenzione o falsificazione (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, R.v. 269785 – 01).
Nel caso in esame, non versandosi in ipotesi di prova dichiarativa travisata, ma in ipotesi di diverso apprezzamento di prove dichiarative decisive, ricorreva l’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria posta a base del giudizio d responsabilità, avendone i giudici dell’appello effettuato una valutazione diversa rispetto al giudice di prime cure, che le aveva considerate insufficienti a fondare l’affermazione di responsabilità.
3.3. Deve essere, inoltre, rimarcato che la sentenza impugnata non risulta rispettosa dell’onere di motivazione rafforzata che grava sul giudice di appello che addivenga al ribaltamento della decisione presa dal primo giudice.
Questo collegio condivide il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della sentenza di primo grado, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato con adeguato standard di persuasività.
Ne consegue che il giudice di appello, allorché prospetti ipotesi ricostruttive del fatto alternative a quelle ritenute dal giudice di prima istanza, non può limitarsi a formulare una mera possibilità, come esercitazione astratta del ragionamento disancorata dalla realtà processuale,v -‘ 42eve riferirsi a concreti elementi processualmente acquisiti, posti a fondamento di un iter logico che conduca, senza affermazioni apodittiche, a soluzioni divergenti da quelle prospettate da altro giudice di merito (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679 – 01; Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, Troise, Rv. 272430 – 01, Sez. U. n. 14426 del 02/04 2019, COGNOME; Sez. U., n. 22065 del 28/01/2021, C., Rv. 281228-02).
L’assenza di una motivazione dotata di una struttura argornentativa completa e logicamente persuasiva, in ipotesi di progressione sfavorevole, può refluire nel vizio di violazione di legge ai sensi dell’art. 125 cod. proc. pen., ove l giustificazione della decisione sia lacunosa rispetto alla necessaria riconsiderazione degli elementi dimostrativi ritenuti decisivi per l’opposto epilogo decisorio.
Invero, nel caso di specie, il deficit motivazionale denunciato s’appalesa di significativa rilevanza e tale da rendere il percorso giustificativo logicamente inappagante in quanto non adeguatamente confutativo della statuizione riformata.
Il percorso argomentativo risulta carente in ordine alla dimostrazione della penale responsabilità dell’imputato; i giudici di appello si sono limitati ad affermare, con motivazione stringata e congetturale, che la comprovata intestazione al NOME dell’utenza telefonica adoperata per contattare il truffato consentirebbe di affermare che l’imputato è il soggetto che ha interloquito con NOME COGNOME nonché «il destinatario finale della somma versata dalla persona offesa sottratta la percentuale per le intermediazioni di RAGIONE_SOCIALE.com » (vedi pag. 3 della sentenza impugnata), senza indicare gli elementi univocamente diretti a dimostrare tali apodittiche affermazioni e senza tenere conto dell’insieme di elementi logico-fattuali su cui poggiava l’assoluzione deliberata dal primo giudice ed, in particolare dell’accertata impossibilità di individuare il reale destinatario del pagamento effettuato dalla persona offesa (vedi pag. 3 della sentenza di primo grado).
I giudici di appello non si sono fatti carico dell’onere di affrontare e confutare passaggi argomentativi decisivi offerti dalla sentenza appellata, effettuando una valutazione antagonista inidonea al persuasivo superamento del percorso motivazionale del primo giudice. In definitiva, la Corte distrettuale, lungi dal confutare specificamente gli argomenti della prima sentenza, dando adeguatamente conto delle ragioni di relativa incompletezza o incoerenza di quel decisum, tali da giustificarne la riforma in condanna, ha offerto una motivazione (non rafforzata ma) congetturale e meramente apparente in punto di riconducibilità delle condotte truffaldine al ricorrente, certamente non sorretta da argomenti dirimenti, tali da rendere evidente l’errore della sentenza di primo grado.
La fondatezza del terzo e del quarto motivo di ricorso comportano l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione del contestato reato di tentata truffa. Tenuto conto della data di commissione del reato di cui agli artt. 56 e 640 cod. pen. (12 agosto 2016) e dell’assenza di cause di sospensione dei termini di prescrizione, il termine massimo di prescrizione ex artt. 157 e 161 cod. pen. è spirato in data 12 febbraio 2024 e, quindi, successivamente alla pronuncia della sentenza di secondo grado ma in data antecedente all’odierna decisione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
re estensore Il Co
Così deciso il 23 maggio 2023