Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26945 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26945 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a VERBANIA il 05/11/1998 NOME nato a VERBANIA il 19/06/1999
avverso la sentenza del 07/01/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi
E presente l’Avvocato COGNOME del foro di VERBANIA in difesa di COGNOME NOME e NOME COGNOME il quale evidenzia le ragioni poste alla base del ricorso e ne chiede l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 gennaio 2025 la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Gup del Tribunale di Verbania del 7 febbraio 2023 /che aveva assolto COGNOME NOME e NOME dai reati loro ascritti in ragione dell’ipotizzata detenzione a fini di spaccio di cocaina e marijuana per non aver commesso il fatto, ha assolto gli imputati dai reati di cui ai capi c) e d) perché i fatto non sussiste, mentre ha dichiarato gli stessi colpevoli dei reati loro ascritt ai capi b), e) ed f), in quest’ultimo assorbita la contestazione di cui al capo a), uniti dal vincolo della continuazione e, ritenuto più grave il reato di cui al capo e), concesse ad entrambi le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva contestata a COGNOME NOME, applicata la diminuente prevista per il rito, li ha condannati alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed Euro 17.000 di multa ciascuno, applicando altresì agli stessi la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, ordinando altresì la confisca del denaro in sequestro.
Il presente procedimento trae origine da un servizio di controllo effettuato in data 11.1.2021 allorché gli odierni imputati, fermati a bordo dell’autovettura intestata a tale COGNOME NOME, veniva visti lanciare fuori del finestrino sostanza stupefacente per 9,64 gr. di cocaina mentre a bordo venivano rinvenuti circa Euro 1.840,00.
Il successivo 12 gennaio 2021, sulla base dell’indicazione proveniente da una fonte confidenziale, gli operanti si appostavano vicino alla centrale idroelettrica in una zona boschiva in Cossogno e vedevano sopraggiungere i due odierni imputati in compagnia di una donna. Quindi vedevano il COGNOME smuovere il terreno e prelevare un oggetto di modeste dimensioni ed entrare in macchina e lì insieme all’COGNOME pesare la sostanza polverosa per poi confezionarla in involucri. Il pacchetto veniva poi richiuso e messo sotto il fogliame.
Gli operanti, una volta che i due si erano allontanati, recuperavano il pacchetto e ne visionavano il contenuto, constatando che al suo interno vi era verosimilmente sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Il 13 gennaio 2021 vi ritornavano COGNOME e COGNOME NOME per prelevare il plico ed a questo punto uscivano allo scoperto gli operanti i quali accertavano che lo stesso conteneva gr. 84,10 di cocaina. Sull’auto su cui gli stessi erano sopraggiunti venivano trovati gr. 78,50 di sostanza da taglio e materiale per il confezionamento nonché un foglio di colore giallo recante un elenco di nomi affiancati a delle cifre.
Il COGNOME spontaneamente consegnava 30,59 gr. di mariujana nascosti a cento metri di distanza in un contenitore di plastica. Lo stesso veniva trovato in
possesso di Euro 1050,00 in banconote da Euro 50,00. Nell’abitazione del Vianoli venivano altresì sequestrati gr. 0,61 di hashish e presso quella di NOME gr. 4,65 grammi di mariujana e 2,82 di cocaina.
I due venivano quindi tratti in arresto per tali fatti e sottoposti a misur cautelare. All’udienza di convalida dell’arresto entrambi gli imputati rendevano spontanee dichiarazioni ed in particolare affermavano di aver acquistato gr. 100 di cocaina da tale 3eorge Manchino Tabata Zamudio al prezzo di Euro 5.500,00 ma di averla presa a credito con l’intesa di pagarne il corrispettivo solo dopo averla venduta.
A questa prima indagine si collegava quindi l’ulteriore procedimento instaurato nei confronti di COGNOME (poi definito ex art. 444 cod.proc.pen.), atteso che si accertava che la sostanza era stata acquistata da questi e poi ceduta ad COGNOME e COGNOME.
Il COGNOME confermava di aver conosciuto i due imputati e di aver avviato con gli stessi un commercio di sostanze stupefacenti che cedeva al prezzo e con le modalità che gli stessi avevano riferito e che il quantitativo di gr. 100 loro ceduto era in realtà una parte della fornitura totale di gr. 300 di cocaina con l’intesa di prelevarla in seguito.
2.1. Sulla scorta di tale compendio probatorio, il giudice di primo grado riteneva che emergessero dubbi in ordine alla penale responsabilità degli imputati con riguardo ai reati di cui ai capi a), b), c) e d) mentre riteneva che i reati di cui a capi e) ed f) fossero ascrivibili al Tabata.
2.2. Interposto appello da parte del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Verbania, la Corte d’appello di Torino mandava assolti gli imputati dai reati loro ascritti ai capi c) e d) perché il fatto non sussiste, ritenendoli invece responsabili degli altri reati loro contestati.
Avverso detta sentenza gli imputati COGNOME NOME e NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, con separati atti / hanno proposto ricorso per cassazione.
3.1. Ricorso per COGNOME NOME: é articolato in cinque motivi.
Con il primo deduce ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. e) ) cod.proc.pen. la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione laddove non si é tenuto conto del disposto di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod.proc.pen. e si é illegittimamente fondato il giudizio di responsabilità degli imputati per i capi e) ed f) dell’imputazione.
Si assume che per fondare la responsabilità degli imputati, quantomeno in relazione ai capi e) ed f), si sarebbe dovuto rinnovare l’istruttoria dibattimentale disponendo l’audizione di NOME COGNOME nel contraddittorio delle parti.
Con il secondo motivo deduce ai sensi dell’art. 606 ! comma 1, lett. b), cod.proc.pen. l’inosservanza e l’erronea applicazione del disposto di cui all’art. 73, comma 7, d.p.r. n. 309 del 1990 e ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. la manifesta illogicità della motivazione con cui si é esclusa l’applicazione di detta attenuante.
Si assume che allo NOME COGNOME si é pervenuti attraverso le dichiarazioni degli imputati ed il loro contributo é stato tale da interrompere la sua attività delittuosa. Ne consegue che illegittimamente si é escluso il riconoscimento di detta attenuante in favore degli imputati.
Con il terzo motivo deduce ex art. 606,comma 1, lett. b) / cod.proc.pen. l’erronea applicazione dell’art. 81 cod.pen. in relazione all’art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990 che costituisce una norma a fattispecie alternative;i1 che esclude la possibilità del concorso formale di reati in relazione alle fattispecie in esso comprese.
Si censura la ritenuta continuazione tra la detenzione e l’offerta in vendita delle sostanze stupefacenti e l’aumento di pena ex art. 81 cod.pen.
Con il quarto motivo deduce ex art. 606 2 comma 1, lett. e) , cod.proc.pen. la violazione dell’art. 85 bis d.p.r. n. 309 del 1990 e 240 bis cod.pen. e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al sequestro del denaro rinvenuto nella disponibilità del COGNOME.
Si assume che la Corte di merito non ha motivato sul perché il denaro rinvenuto non sia compatibile con il suo reddito e comunque sarebbe sproporzionato rispetto alle sue condizioni patrimoniali.
Nè comunque il denaro può ritenersi ~strumento, prodotto, profitto o prezzo del reato.
Con il quinto motivo deduce / ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) /cod.proc.pen. la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’~ di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990 ed in ordine al trattamento sanzionatorio ed alla interdizione dai pubblici uffici
3.2. Ricorso per NOME COGNOME : si articola in cinque motivi.
Con il primo deduce ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. e) 1 cod.proc.pen. la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione laddovegtr, non si é tenuto conto misposto di cui all’art. 192 ,commi 3 e 4 1 cod.proc.pen. e si é illegittimamente fondato il giudizio di responsabilità degli imputati per i capi e) ed f) dell’imputazione.
Si assume che per fondare la responsabilità degli imputati quantomeno in relazione ai capi e) ed f) si sarebbe dovuto rinnovare l’istruttoria dibattimentale disponendo l’audizione di NOME COGNOME nel contraddittorio delle parti.
Con il secondo motivo deduce ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ( cod.proc.pen. l’inosservanza e l’erronea applicazione del disposto di cui all’art. 73, comma 7, d.p.r. n. 309 del 1990 e ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. la manifesta illogicità della motivazione con cui si é esclusa l’applicazione di detta attenuante.
Si assume che allo NOME COGNOME si é pervenuti attraverso le dichiarazioni degli imputati ed il loro contributo é stato tale da interrompere la sua attività delittuosa. Ne consegue che illegittimamente si é escluso il riconoscimento di detta attenuante in favore degli imputati.
Con il terzo motivo deduce ex art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen. l’erronea applicazione dell’art. 81 cod.pen. in relazione all’art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990 che costituisce una norma a fattispecie alternativeA che esclude la possibilità del concorso formale di reati in relazione alle fattispecie in esso comprese.
Si censura la ritenuta continuazione tra la detenzione e l’offerta in vendita delle sostanze stupefacenti e l’aumento di pena ex art. 81 cod.pen.
Con il quarto motivo deduce ex art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. la violazione dellirt. 85 bis d.p.r. n. 309 del 1990 e 240 bis cod.pen. e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al sequestro del denaro rinvenuto nella disponibilità dell’COGNOME.
Si assume che la Corte di merito non ha motivato sul perché il denaro rinvenuto non sia compatibile con il suo reddito e comunque sarebbe sproporzionato rispetto alle sue condizioni patrimoniali.
Nè comunque il denaro può ritenersi come strumento, prodotto, profitto o prezzo del reato.
Con il quinto motivo deduce ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990 ed in ordine al trattamento sanzionatorio ed alla interdizione dai pubblici uffici nonché alla concedibilità dei benefici ex artt. 163 e 175 cod.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che i ricorsi proposti recano censure sostanzialmente sovrapponibili da scrutinarsi quindi congiuntamente.
1.1. Il primo motivo di ricorso é parzialmente fondato.
Va premesso che l’art. 1 ( co. 58, della legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 03 agosto 2017, ha inserito all’art. 603 del codice di rito il comma 3 bis, in base al quale, nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di
proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
Il principio recepito dalla norma costituisce il precipitato di un percorso già avviato dalla giurisprudenza di legittimità – all’indomani della sentenza della Corte E.D.U. 05/07/2011 nel caso Dan Moldavia – secondo cui, in caso di reformatio in peius da parte del giudice d’appello, questi ha l’obbligo di rinnovare l’istruttoria e di escutere nuovamente i dichiaranti, qualora valuti diversamente la loro attendibilità rispetto a quanto ritenuto in primo grado (cfr., ex multis, sez. 5 n. 29827 del 13/03/2015, Rv. 265139; sez. 6, Sentenza n. 44084 del 23/09/2014, Rv. 260623; sez. 3 n. 11658 del 24/02/2015, Rv. 262985).
Le Sezioni Unite ( sent. n. 27620 del 2016, Dasgupta) hanno affermato che deve ritenersi affetta da vizio di motivazione ex art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., per mancato rispetto del canone di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria. operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, delle quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen.
Tale orientamento è stato anche successivamente ribadito con una pronuncia pertinente al caso in esame, avuto riguardo al rito prescelto (cfr. Sez. U. n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269787).
Il Supremo Collegio ha ritenuto di dover condividere l’orientamento espresso nella sentenza Dasgupta, evidenziando la stretta correlazione tra il dovere di motivazione rafforzata da parte del giudice della impugnazione, in caso di dissenso rispetto alla decisione di primo grado, il canone “al di là di ogni ragionevole dubbio”, il dovere di rinnovazione della istruzione dibattimentale e i limiti alla reformatio in peius.
1.2. Ciò premesso, il giudice d’appello, dopo aver richiamato l’art. 603, comma 3 bis, cod.proc.pen, ha in realtà fondato il rigetto anche su ragioni di merito. Ha, invero, precisato che la prova delle condotte di cui ai capi e) ed f) della imputazione risiede essenzialmente nelle attività di perquisizione e sequestro nonché nei servizi di OCP svolti nel corso delle indagini già di per sé sufficienti a dimostrare i fatti in contestazione di talché non si configura la necessità di disporre la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
Ebbene tale percorso logico motivazionale, che in astratto può senza dubbio fondare il diniego della rinnovazione istruttoria, non può, tuttavia, essere condiviso con riguardo alla valutazione degli elementi probatori atti a configurare il reato di cui al capo e), ovvero la detenzione all’interno dell’abitazione occupata dal Tabata di circa gr. 197,9, idonea a confezionare n. 1198 dosi.
Ed invero la cocaina rinvenuta presso l’abitazione del Tabata é stata attribuita ai due odierni imputati sulla base delle sole dichiarazioni del medesimo, secondo il quale COGNOME ed COGNOME avrebbe concordato l’acquisto di un quantitativo complessivo di gr. 300,00 di cocaina, di cui solo gr. 100 effettivamente consegnati mentre gli altri sarebbero stati prelevati man mano.
Tale ipotesi ricostruttiva, pertanto, diversamente da quanto assume la sentenza impugnata, non é supportata da alcun elemento di riscontro risultante dalla piattaforma probatoria valutata dal giudice d’appello per ribaltare il verdetto assolutorio cui era giunto il giudice di primo grado. Pertanto, per fondare la dichiarazione di responsabilità degli odierni imputati, era necessario rinnovare la prova dichiarativa del medesimo così da consentire alle parti di valutare l’attendibilità e la congruenza delle sue propalazioni.
2. Il secondo motivo é fondato.
Va premesso che in tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, ai fini della applicazione dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il giudice è tenuto ad accertare l’utilità e la proficuità delle dichiarazioni collaborative pur se rese dall’imputato in fase avanzata del procedimento, stante la mancata previsione di preclusioni temporali. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato la denegata concessione dell’attenuante “de qua” fondata sulla sola tardività delle dichiarazioni collaborative, rese per la prima volta in grado di appello (Sez. 3 , n. 31767 del 14/04/2022, Rv. 283823).
Ebbene, nella specie la sentenza impugnata ha motivato le ragioni del diniego, dando atto che l’indicazione da parte degli imputati del soggetto presso il quale si rifornivano di cocaina, ovvero il Tabata COGNOME, non esauriva certamente il patrimonio conoscitivo dei medesimi, tanto che il più rilevante sequestro di droga effettuato nei loro confronti traeva origine non già dalle loro dichiarazioni ma 04 Tabata. Tale motivazione, tuttavia, non può essere condivisa proprio in ragione di quanto prima esposto in ordine all’attribuibilità agli odierni imputati del reato di cui al capo e).
3 II terzo motivo é infondato.
Va premesso che in tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, le diverse condotte previste dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, perdono la loro individualità, con conseguente esclusione del concorso formale per effetto dell’assorbimento, se costituiscono manifestazione di disposizione della medesima sostanza e risultano poste in essere contestualmente o, comunque, senza apprezzabile soluzione di continuità, in funzione della realizzazione di un unico fine. (Fattispecie relativa alla detenzione e alla successiva cessione della medesima sostanza stupefacente, in cui, pur nell’identità dell’oggetto materiale
di condotte strutturalmente eterogenee, è stato escluso il concorso apparente sul rilievo della non contiguità temporale dell’iniziale condotta di detenzione e delle
n.
successive cessioniAgez.3,
/ 10/02/2023, Rv. 284666).
Nella specie tali circostanze non sono state neanche allegate dalla difesa degli imputati, risultando la censura aspecifica ed avendo per contro la sentenza
impugnata fatto chiaro riferimento alla diversità del tipo di droga nonché a quantitativi e luoghi differenti.
4. Il quarto motivo é infondato.
La sentenza impugnata ha motivato il sequestro del denaro rinvenuto ai sensi del combinato disposto degli artt. 85 bis d.p.r. n. 309 dl 1990 e 240 bis cod.pen.,
ponendo in rilievo come lo stesso fosse compatibile con un’attività di spaccio anche in assenza di allegazioni degli imputati in merito alla provenienza lecita del
medesimo. Nè comunque con l’odierno ricorso si indicano elementi che non sarebbero stati valutati dal giudice d’appello.
5. Il quinto motivo é inammissibile in quanto generico non esplicitando in alcun modo le ragioni sottese alla censura. Parimenti inammissibile per le medesime
ragioni é la censura formulata per l’COGNOME con riguardo alla mancata concessione dei benefici di legge.
In conclusione la sentenza impugnata va annullata nei confronti di COGNOME NOME e NOME limitatamente all’affermazione della penale responsabilità per il capo E (codetenzione di grammi 179,76 di cocaina pura, paria 1198 dosi) nonché al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.p.r. n. 309 del 1990 con rinvio, per nuovo giudizio su tali punti, ad altra ( sezione della Corte di appello di Torino mentre i ricorsi vanno rigettati nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME limitatamente all’affermazione della penale responsabilità per il capo E (codetenzione di grammi 179,76 di cocaina pura, paria 1198 dosi) nonché al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.p.r. n. 309 del 1990 e rinvia, per nuovo giudizio su tali punti, ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Rigetta nel resto i ricorsi di COGNOME NOME e NOME. Così deciso il 21.5.2025