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Rinnovazione istruttoria: no a regole retroattive

Un individuo è stato condannato per usura e tentata estorsione. Ha presentato ricorso alla Corte Suprema, sostenendo, tra le altre cose, che il processo non era valido perché i giudici che hanno emesso la sentenza non avevano ascoltato direttamente il testimone chiave dopo un cambio nella composizione del tribunale, richiedendo una rinnovazione istruttoria. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che le nuove norme procedurali che impongono un nuovo esame obbligatorio dei testimoni non possono essere applicate retroattivamente a processi conclusi prima della loro entrata in vigore.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinnovazione istruttoria e principio di irretroattività: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23456 del 2024, affronta un’importante questione di diritto processuale penale: l’applicabilità delle nuove norme sulla rinnovazione istruttoria, introdotte dalla Riforma Cartabia, ai processi i cui giudizi di primo grado si erano già conclusi prima della loro entrata in vigore. La Corte ha stabilito che tali norme non hanno effetto retroattivo, riaffermando il principio del tempus regit actum.

I Fatti: la condanna per usura e il ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e confermata in gran parte dalla Corte d’Appello nei confronti di un imputato per i reati di usura pluriaggravata e tentata estorsione in concorso. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, sollevando diverse censure, tra cui la violazione di legge per la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.

Nello specifico, la difesa lamentava che, a seguito del mutamento della composizione del collegio giudicante in primo grado, non si era proceduto a un nuovo e integrale esame della persona offesa, le cui dichiarazioni erano state poste a fondamento della condanna. Secondo il ricorrente, nessuno dei giudici che avevano deliberato la sentenza aveva assistito direttamente alla testimonianza chiave.

Il nodo della rinnovazione istruttoria dopo la Riforma Cartabia

Il motivo di ricorso più significativo si basava sull’interpretazione dell’art. 495, comma 4-ter, del codice di procedura penale, introdotto dal D.Lgs. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia). Questa norma ha rafforzato il principio di immediatezza, stabilendo regole più stringenti per la rinnovazione istruttoria in caso di cambio del giudice. La difesa sosteneva che la prassi seguita in primo grado – dove il testimone si era limitato a confermare le dichiarazioni già rese – non fosse più sufficiente alla luce della nuova disciplina, rendendo nulla la sentenza.

Oltre a questo punto, il ricorso contestava la valutazione delle prove, l’esclusione dell’attenuante della minima partecipazione, il giudizio sulla recidiva e la mancata concessione delle attenuanti generiche.

La Decisione della Corte: irretroattività della norma processuale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo tutti i motivi manifestamente infondati.

Il principio tempus regit actum

Sul tema centrale della rinnovazione istruttoria, la Corte ha offerto una motivazione netta. Ha osservato che la sentenza di primo grado era stata emessa nel luglio 2020, ben prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia del 2022. Di conseguenza, la nuova e più rigorosa disciplina processuale non poteva essere applicata retroattivamente al caso di specie. Vige, infatti, il principio generale tempus regit actum, secondo cui la validità e la regolamentazione di un atto processuale sono disciplinate dalla legge in vigore al momento in cui l’atto stesso viene compiuto. Non era quindi pensabile, secondo la Corte, imporre alla Corte d’Appello di annullare la sentenza di primo grado sulla base di una norma entrata in vigore anni dopo la sua conclusione.

Inammissibilità degli altri motivi di ricorso

Anche gli altri motivi sono stati respinti. Le censure sulla valutazione della credibilità del testimone sono state giudicate come un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo giudizio di merito, precluso in sede di legittimità. La Corte ha ricordato che, in presenza di una “doppia conforme” (due sentenze di merito che giungono alle stesse conclusioni), il suo sindacato sulla motivazione è limitato a verificare la manifesta illogicità, che nel caso di specie non sussisteva. Analogamente, le questioni sulla recidiva e sulle attenuanti sono state ritenute infondate, in quanto basate su valutazioni di fatto adeguatamente motivate dai giudici di merito.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un pilastro del diritto processuale: la successione delle leggi nel tempo. Le norme che regolano il processo, a differenza di quelle penali sostanziali, non sottostanno al principio del favor rei e, salvo diversa previsione, non sono retroattive. La decisione di inammissibilità riafferma la distinzione tra il giudizio di merito, che valuta i fatti e le prove, e il giudizio di legittimità, che controlla la corretta applicazione della legge. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado se questa è logica, coerente e completa.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: le riforme processuali, anche quando introducono maggiori garanzie per l’imputato, non possono travolgere i giudicati o i processi già definiti nei gradi di merito secondo le regole all’epoca vigenti. Questa decisione garantisce la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie, chiarendo che il perimetro del ricorso per cassazione rimane strettamente confinato al controllo di legittimità e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti.

Le nuove regole sulla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale si applicano ai processi già conclusi prima della loro entrata in vigore?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che le nuove norme non sono retroattive. Si applica il principio “tempus regit actum”, secondo cui l’atto processuale è regolato dalla legge in vigore al momento in cui viene compiuto.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle testimonianze fatta dai giudici di merito?
No, non è possibile. Il ricorso in Cassazione serve a controllare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non a riesaminare i fatti o la credibilità dei testimoni (giudizio di merito), a meno che la motivazione della sentenza non sia manifestamente illogica o inesistente.

Un precedente per spaccio di lieve entità può essere considerato della “stessa indole” di un reato di usura ai fini della recidiva?
Sì. La Corte ha chiarito che la “stessa indole” non richiede l’identità della norma violata, ma si basa su criteri come il movente delittuoso. In questo caso, essendo entrambi i reati motivati dal fine di profitto, è stata ritenuta corretta l’applicazione della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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