Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23456 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23456 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME, nato a San Severo il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte di Appello di Bari del 29.3.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Con sentenza del 9.7.2020 il Tribunale di Foggia aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei reati a lui ascritti (usura pluriaggravata in concorso, tentata estorsione aggravata in concorso) e, ritenuto tra le diverse violazioni di legge il vincolo della continuazione, applicata la contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 5 di reclusione ed euro 1.000 di multa, oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali; aveva inoltre applicato al COGNOME le pene accessorie conseguenti alla entità di quella principale e condannato l’imputato al risarcimento dei danni patiti dalla costituita parte civile in cui favore aveva liquidato una provvisionale pari ad euro 5.000;
la Corte d’appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermata per tutto il resto, ha sostituito la interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea;
ricorre per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia che deduce:
3.1 violazione di legge per mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale: rileva che, nel corso del giudizio di primo grado, mutata la composizione del collegio giudicante, la difesa aveva chiesto procedersi ad un nuovo, integrale, ed approfondito esame della persona offesa, imposto dai principi ispiratori del codice di rito e sovranazionali, eccependo immediatamente la nullità della decisione con cui il Tribunale aveva respinto la richiesta con decisione ribadita dalla Corte d’appello, in contrasto, tuttavia, con il disposto del comma 4-ter dell’art. 495 cod. proc. pen. inserito dal D. Lg.vo 150 del 2022 ed il cui tenore ha portato al superamento della restrittiva interpretazione RAGIONE_SOCIALE SS.UU. AVV_NOTAIO; osserva che, con il succedersi di collegi diversi, era accaduto che nessuno dei giudici che avevano deliberato la sentenza aveva assistito alle dichiarazioni testimoniali della persona offesa su cui si fonda, integralmente, la affermazione di responsabilità;
3.2 inosservanza di norme processuali in riferimento alla valutazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni testimoniali della parte civile e manifesta illogicità e contraddittoriet della motivazione: rileva che la Corte di appello, al pari di quanto aveva fatto il Tribunale, ha operato una valutazione parcellizzata RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni della parte civile giudicando irrilevanti le numerose contraddizioni che ne inficiavano la attendibilità; richiama le considerazioni dei giudici di merito circa le svariate circostanze che sono state giudicate irrilevanti ai fini del giudizio sulla attendibili del NOME finanche con riguardo all’omesso ricordo del nominativo del creditore dell’importo di 4.000 che avrebbe generato i prestiti usurari per cui è processo; richiama, ancora, ed a tal proposito, la vicenda relativa all’incontro ed al rapporto con il COGNOME, ivi compreso lo “sconto” che costui, a detta del NOME, gli avrebbe
concesso; richiama, inoltre, le circostanze del pari ritenute irrilevanti, sul piano della valutazione della attendibilità del teste, dal Tribunale di Foggia ed osserva che, anziché disegnare il NOME come soggetto avvezzo al raggiro ed alla dissimulazione, sono state giudicate non rilevanti; osserva che le dichiarazioni del NOME non potevano nemmeno ritenersi riscontrate da elementi esterni quali le intercettazioni (con riguardo alle conversazioni intercorse tra il COGNOME e la parte civile ove non vi è prova che fosse presente il COGNOME, la cui voce non era stata riconosciuta dagli investigatori; ai bonifici eseguiti in favore dell’imputato, che giudici di merito non hanno considerato potessero essere seguiti dalla retrocessione del relativo importo in contanti); rileva, ancora, come la ricostruzione del COGNOME contrastassero con altre emergenze istruttorie tra cui le la deposizione del COGNOME e quella del COGNOME quanto, ad esempio, ai rapporti tra il NOME ed il cugino;
3.3 contraddittorietà extratestuale della motivazione in relazione all’attenuante della minima partecipazione: richiama la motivazione con cui la Corte d’appello ha respinto la richiesta difensiva di applicare la attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. segnalando che, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici baresi, il COGNOME, come peraltro riferito dalla stessa parte civile, non aveva mai consegnato somme al NOME né aveva mai sollecitato pagamenti o profferito nei suoi confronti frasi minacciose essendo sempre rimasto silente ed inoperoso, facendo da autista al COGNOME, non patentato;
3.4 mancanza e manifesta illogicità della motivazione relativa alla esclusione della recidiva: richiama il motivo di appello con cui la difesa aveva evidenziato la natura apparente della motivazione resa sul punto dal primo giudice, in contrasto con il dato della risalenza nel tempo dell’unico precedente penale e della marginalità della posizione del COGNOME nella vicenda; segnala che la motivazione resa dalla Corte è fondata su una mera congettura e su una errata lettura del certificato del casellario da cui si desume che la precedente condanna era intervenuta per il reato di cui al comma sesto dell’art. 74 del DPR 309 del 1990 e per fatti avvenuti nel 2005;
3.5 mancanza di motivazione relativa al richiesto riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche: rileva che la richiesta difensiva era stata argomentata con rinvio ai motivi 3 e 4 dell’atto di gravame e, pertanto, alle circostanze evidenziate al fine di dimostrare la estraneità o la marginalità della posizione del COGNOME;
3.6 inosservanza di legge penale in riferimento alla prescrizione del delitto di cui all’art. 56-629, comma secondo, cod. pen.: rileva che, considerata la riduzione per il tentativo, figura autonoma di reato, il capo b) doveva essere
dichiarato prescritto nel corso del giudizio di secondo grado, senza alcuna necessità di specifica deduzione difensiva;
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’annullamento, con rinvio, della sentenza impugnata stante la fondatezza del primo motivo del ricorso, da ritenersi assorbente rispetto alle altre doglianze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate ovvero non consentite in questa sede.
1. Manifestamente infondato è il primo motivo del ricorso
La difesa lamenta, infatti, che, a séguito dei vari mutamenti nella composizione del collegio giudicante, il Tribunale avrebbe proceduto a “rinnovare” l’istruttoria dibattimentale in termini meramente “virtuali”, essendo i testi limitat a riportarsi ed a confermare le dichiarazioni rese di fronte al collegio diversamente composto.
L’esame degli atti, consentito ed anzi imposto alla Corte alla luce della natura processuale del vizio dedotto, ha consentito di appurare che il giudizio di primo grado (il cui andamento era stato ripercorso in maniera analitica e puntuale alle pagg. 4 e 5 della sentenza di primo grado) si era sviluppato su numerose udienze dedicate alla escussione dei testi oltre che in diversi differimenti dovuti, per lo più, alla assenza dei testi ovvero alla adesione dei difensori ad iniziative di proteste indette dall’organismo di categoria; in questo contesto, il Tribunale aveva dato atto che, alle udienze del 31.3.2016 e del 19.12.2017, era intervenuto il mutamento nella composizione del collegio e che si era perciò disposto per la rinnovazione dell’istruttoria orale con la persona offesa che era stata perciò sentita sia in data 23.10.2014, che, successivamente, in data 8.6.2017 ed in data 18.9.2018.
Nel giudizio di appello, introdotto con gravame del 2020, la difesa aveva trasmesso conclusioni scritte ed una memoria – in data 24.3.2023-, con cui aveva insistito sui primi tre motivi di gravame sollecitando, inoltre, la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado per mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale a séguito del mutamento nella composizione del collegio invocando, a tal proposito, il 495, comma 4-ter cod. proc. pen..
Sul punto, la Corte d’appello ha congruamente argomentato prendendo atto della richiesta e, per altro verso, dell’avvenuta rinnovazione dell’istruttori orale in primo grado; ha invocato, a tal proposito, i principi delineati dalle SS.UU. AVV_NOTAIO aggiungendo che l’istruttoria era stata rinnovata nelle due occasioni in cui il collegio era mutato non rilevando le modalità in cui ciò era avvenuto e, in particolare, il fatto che il teste, senza opposizione alcuna RAGIONE_SOCIALE parti (e, i particolare, senza che le parti avessero ritenuto di dover approfondire l’esame con domande specifiche), si fosse limitato a richiamare le dichiarazioni già rese in precedenza.
D’altra parte, a prescindere dalla portata della disposizione processuale sopra richiamata, è sufficiente rilevare che la su0 dedotta violazione si sarebbe perfezionata nel corso del giudizio di primo grado che si era concluso con la vt r GLYPH –sentenza del 9.7.2020 e, perciò,n5i gran lunga anteriore rispetto alla entrata in vigore della riforma del 2022; non era perciò pensabile imporre alla Corte d’appello di rinnovare l’istruttoria dibattimentale sul presupposto della “irritualità” “inadeguatezza” della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ad opera del giudizio di primo grado che – secondo la prospettazione difensiva – sarebbe avvenuta in difformità di quanto stabilito da una norma entrata in vigore anni dopo.
Il secondo motivo è articolato mediante censure non consentite in sede di legittimità.
2.1 La difese?, infatti, finisce per contestare il giudizio formulato sul risultat probatorio cui sono approdati i giudici di primo e secondo grado che, con valutazione conforme RAGIONE_SOCIALE medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere l’ipotesi accusatoria riscontrata nella ricostruzione della concreta vicenda all’esito dell’istruttoria dibattimentale.
Con specifico riguardo al vizio di motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non è d’altra parte inutile sottolineare che il sindacato d legittimità deve essere mirato a verificare che la motivazione: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione RAGIONE_SOCIALE regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (cfr., Sez.
n. 41738 del 19/10/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516; Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 2, n. 36119 del 04/07/2017, Agati, Rv. 270801).
Non sono perciò deducibili, in sede di legittimità, censure relative alla motivazione diverse da quelle che abbiano ad oggetto la sua mancanza, la sua manifesta illogicità, la sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali per pervenire ad una diversa conclusione del processo; sono dunque inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valen probatoria del singolo elemento (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965; Sez. 2 – , n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
In particolare, le doglianze articolate in termini di violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. riguardanti l’attendibilità dei testimoni dell’accusa, non essendo l’inosservanza di detta norma prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ma soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della medesima norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame (cfr., Cass. Pen., 1, 20.10.2016 n. 42.207, COGNOME; conf., Cass. Pen., 3, 17.10.2012 n. 44.901, F.; conf., da ultimo, Cass. SS.UU., 16.7.2020 n. 29.541, COGNOME).
Va ad ogni modo segnalato che, nel caso di specie, si è in presenza, come accennato, ed in punto di responsabilità sul residuo capo di imputazione per cui è stata confermata la condanna, di una “doppia conforme” di merito, ovvero di decisioni che, nei due gradi, sono pervenute – su questo aspetto – a conclusioni analoghe sulla scorta di una conforme valutazione RAGIONE_SOCIALE medesime emergenze istruttorie, cosicché vige il principio per cui la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia quando operi attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia quando, per l’appunto, adotti gli stessi criteri utilizzati nella valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette in maniera congiunta e complessiva ben potendo integrarsi reciprocamente dando luogo ad un unico complessivo corpo decisionale
(cfr., Sez. 2 – , n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, NOME, 252615; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
2.2 Tanto premesso, rileva il collegio che le due sentenze di merito hanno restituito una ricostruzione operata in termini che non prestano il fianco alle censure articolate in questa sede: la Corte d’appello ha ricostruito la vicenda sulla scorta RAGIONE_SOCIALE parole della persona offesa NOME ed ha richiamato, quali riscontri estrinseci alla versione di costui, le intercettazioni telefoniche relative all conversazioni con il COGNOME (cfr., pagg. 11-12) condite dalla minaccia di avvalersi della mazza da baseball (poi effettivamente rinvenuta nella autovettura del COGNOME in occasione dell’arresto); ha inoltre e congruamente fatto riferimento alle ricevute dei bonifici sui conti del COGNOME e del COGNOME.
La Corte ha giudicato irrilevanti le discrasie evidenziate dalla difesa alla luce della incontestata e rilevata presenza di rilevanti versamenti di denaro senza giustificazione lecita (cfr., pag. 12).
Secondo la Corte d’appello il NOME avrebbe ripercorso con precisione tutta la vicenda precisando le varie somme ricevute, gli interessi, la restituzione mensile, le difficoltà nel rispettare le scadenze con progressivo accrescimento dell’importo dovuto, l’esecuzione di pagamenti tramite bonifici con causale fittizia anche sul conto del COGNOME risultando, nella complessiva narrazione della persona offesa, non dirimenti le circostanze evidenziate dalla difesa e che non ha affatto trascurato (cfr., pag. 13 della sentenza) nonché la pur segnalata discrasia circa l’incontro al bar Santi Honoré (cfr., ivi).
I giudici di secondo grado non hanno inoltre trascurato la tesi alternativa prospettata dalla difesa motivando in termini non manifestamente illogici sulle ragioni per le quali non era credibile che il NOME avesse organizzato il sistema per derubare il cugino titolare della RAGIONE_SOCIALE (cfr., ancora pagg. 13-14 della sentenza).
Più in particolare, la Corte d’appello ha argomentato sul concorso del COGNOME (cfr., pagg. 14 e ssgg. della sentenza) facendo presente che costui “… ha accompagnato in più occasioni suo zio COGNOME NOME agli incontri con il NOME, era presente alle conversazioni, si recava spesso personalmente a prendere il denaro dall’abitazione del COGNOME, lo consegnava al NOME e riceveva i bonifici sul suo conto corrente … era presente il giorno dell’ultimo incontro fissato con il NOME quando è stato arrestato con il COGNOME mentre scendeva dalla macchina di cui era alla guida” (cfr., ancora, ivi, pagg. 14-15).
In definitiva, quindi, le censure difensive formulate in questa sede risultano, per un verso, reiterative rispetto a quelle già formulate con l’atto di appello cui la Corte ha fornito una risposta esaustiva e non incongrua; in ogni caso, non consentite in questa sede perché dirette a suggerire una diversa ed alternativa valutazione RAGIONE_SOCIALE emergenze istruttorie tutte, invece, oggetto di puntuale e specifica ponderazione da parte dei giudici di merito.
3 Il terzo motivo è, a sua volta, manifestamente infondato: la Corte ha motivato sull’analogo rilievo che era stato formulato con l’atto di gravame di merito, rilevando – con argomentazione tipicamente “in fatto” e non sindacabile in questa sede – nel senso che la condotta del COGNOME era stata analoga a quella del COGNOME risultando provato che “… il COGNOME provvedeva alcune volte a prelevare il denaro da casa del COGNOME e lo consegnava al NOME, accompagnava il COGNOME agli incontri con la persona offesa, era presente alle conversazioni in cui il COGNOME sollecitava il NOME al pagamento di quanto pattuito, pronunciava le frasi minacciose, è stato il destinatario dei bonifici effettuati dal NOME nell’anno 2012″ (cfr., pagg. 14-15 della sentenza).
Non è allora inutile ribadire che per l’integrazione dell’attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 cod. pen., non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve, rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale del crimine commesso. (cfr., Sez. 4 – , Sentenza n. 26525 del 07/06/2023, COGNOME, Rv. 284771 – 01; Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P. Rv. 274037 – 01).
4 Altrettanto manifestamente infondato è il quarto motivo: la difesa, infatti, assume una errata lettura del certificato penale del ricorrente da parte della Corte d’appello che, invero, ha evocato la condanna per il delitto di cui all’art. 74 DPR 309 del 1990 con riferimento al comma quinto di quella disposizione laddove, dal certificato penale puntualmente allegato al ricorso, si evince che il precedente riguarda una condanna per la ipotesi di associazione costituita per attività di “piccolo spaccio”, di cui al comma sesto.
Ciò non di meno, ed anche a prescindere dalla considerazione della Corte secondo cui i proventi derivanti dalla partecipazione al sodalizio sarebbero stati investiti proprio nell’attività di usura, i giudici di merito hanno congruamente evidenziato che il primo delitto era della stessa indole di quello per cui si procede essendo appena il caso di ribadire che la definizione di reati “della stessa indole”, posta dall’art 101 cod. pen. e rilevante per l’applicazione della recidiva, prescinde dalla identità della norma incriminatrice e fa piuttosto riferimento ai criteri del bene
giuridico violato o del movente delittuoso, che consentono di accertare, nei casi concreti, i caratteri fondamentali comuni fra i diversi reati (cfr., ad esempio, tra l altre, Sez. 6, n. 15439 del 17.3.2016, C.; Sez. 2, n. 40105 del 21.10.2010, Apostolico).
5 Altrettanto congruamente motivata è la statuizione relativa al diniego RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche (cfr., pag. 17 della sentenza impugnata) dovendosi ribadire, ancora una volta, che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che egli faccia riferimento a quel da lui ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo in tal modo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr., Cass. Pen., 5, 13.4.2017 n. 43.952 COGNOME; Cass. Pen., 2, 20.1.2016 n. 3.896, COGNOME; Cass. Pen., 3, 19.3.2014 n. 28.535, COGNOME; Cass. Pen., 2, 19.1.2011 n. 3.609, COGNOME).
6 Manifestamente infondato è, ancora, il sesto motivo dal momento che la tentata estorsione risulta contestata “fino al 9 maggio 2013”: trattandosi di tentata estorsione aggravata, la pena detentiva massima è quella di vent’anni di reclusione che, ridotta di un terzo, per il tentativo, porta a tredici anni e tre mesi, su cui considerato l’aumento previsto dall’art. 161 cod. pen.; ne consegue che il delitto non sarebbe prescritto nemmeno alla data di oggi, ed anche senza tener conto della ritenuta recidiva che, in quanto circostanza aggravante ad effetto speciale, incide sia sul computo del termine-base di prescrizione ai sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen., sia sull’entità della proroga di suddetto termine in presenza di atti interruttivi, ai sensi dell’art. 161, comma secondo, cod. pen. (cfr., Sez. 2 – , Sentenza n. 57755 del 12/10/2018, Rv. 274721, COGNOME; Sez. 6, Sentenza n. 48954 del 21/09/2016, Rv. 268224, COGNOME che, nel ribadire tale principio, ha inoltre escluso che ciò comporti una violazione del principio del “ne bis in idem sostanziale” o dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso RAGIONE_SOCIALE /c COGNOMEa, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizione).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 12.4.2024