Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2766 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2766 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 28/04/1974
avverso la sentenza del 13/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore gen. NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
udito il difensore avvocato COGNOME NOME del foro di TORRE ANNUNZIATA in difesa di NOME il quale si è riportato ai motivi di ricorso, che ha illustrato, e ne ha chiesto raccoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Milano, pronunciando sul gravame nel merito proposto odierno ricorrente NOME COGNOME con la sentenza in epigrafe ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, il 1 dicembre 2021, all’esito di giudizio ordinario, lo aveva condannalo, unificati i reati con il vincolo della continuazione e, riconosciutegli le circostanze attenuanti generiche alla pena di anni 4 e mesi 4 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali – mentre è stata rigettata la richiesta di risarcimento del danno formulata dalla parte civile NOME COGNOME (figlia della vittima deceduta) – in quanto ritenuto colpevole;
A) del delitto p. e p, dagli artt. 589 bis e 589 ter cod. pen. perché, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché inosservanza delle norme regolanti la circolazione stradale (articoli 41 e 141 Codice della Strada), cagionava la morte di NOME COGNOME. In particolare, trovandosi in ora notturna alla guida dell’autovettura Mercedes TARGA_VEICOLO, percorrendo INDIRIZZO in direzione periferia a velocità superiore a quella consentita (circa 80 km/h anziché 50 km/h) e comunque non commisurata alle condizioni della località, dell’ora notturna, della strada bagnata a causa della pioggia e senza rallentare in prossimità dell’incrocio, giunto all’intersezione con INDIRIZZO, regolata da impianto semaforico emettente luce gialla lampeggiante, andava a collidere frontalmente con la fiancata destra del veicolo Lancia TARGA_VEICOLO, condotto da NOME, proveniente da INDIRIZZO con direzione INDIRIZZO, che aveva già impegnato l’intersezione semaforica predetta acquisendo precedenza di fatto, causando a NOME COGNOME passeggera che viaggiava a bordo di quest’ultimo veicolo, lesioni personali gravi che ne determinavano la morte il giorno successivo. Con l’aggravante di essersi dato alla fuga. In Milano, sinistro del 27/10/2018 ore 3,15 circa, decesso intervenuto il 28/10/2018.
B) (in concorso con COGNOME NOME per il quale si e proceduto separatamente) del delitto p. e p. negli artt. 110 e 369 cod. pen. per avere in concorso tra loro, il COGNOME quale autore materiale e il COGNOME quale determinatore/istigatore della condotta del COGNOME, mediante dichiarazioni rese dal COGNOME alla polizia giudiziaria in data 27/10/2018, dapprima con telefonata alla centrale operativa della polizia locale di Milano e successivamente con dichiarazione resa alla stessa polizia locale in sede di verbali di sommarie informazioni ai sensi dell’art. 351 cod. proc. pen., incolpato falsamente lo stesso COGNOME del reato di cui al capo A) allo scopo di favorire NOME ovvero dichiarando il COGNOME di trovarsi alla guida del veicolo Mercedes TARGA_VEICOLO in occasione del sinistro stradale. Fatto commesso in Milano il 27/10/2018.
Il procedimento penale riguarda il sinistro stradale che alle ore 3.15 del 27 ottobre 2018, lungo la strada del centro urbano del Comune di Milano denominata INDIRIZZO e all’altezza dell’intersezione stradale semaforizzata con la INDIRIZZO aveva coinvolto l’autovettura Mercedes modello TARGA_VEICOLO tipo Suv targata TARGA_VEICOLO condotta da FE.COGNOME e l’autovettura Lancia TARGA_VEICOLO condotta da NOMECOGNOME che trasportava la passeggera NOME COGNOME deceduta il giorno seguente a causa delle lesioni subite. Dopo l’impatto con l’utilitaria COGNOME era fuggito a bordo della Mercedes. Quest’ultima autovettura, che, come in seguito accertato aveva colpito con la propria parte anteriore la parte posteriore e centrale del lato destro della Lancia Y, a causa della collisione perse la targa anteriore. Tale targa era rimasta sulla strada, in prossimità della Lancia Y, e fu rinvenuta nell’immediatezza dagli operanti della Polizia Locale intervenuti, che avevano eseguito i rilievi e che, insieme ad altri detriti dei veicoli, rinvennero sulla sede stradale anche il simbolo/fregio identificativo del veicolo (il logo Mercedes).
A partire da tali rinvenimenti gli operati della Polizia Locale (a seguito di sinergia investigativa in particolare tra l’Unità Radiomobile, l’Unità Specialistica Investigazioni e Prevenzione ed il Nucleo Analisi Investigative Informatiche) riuscirono a risalire all’imputato pluripregiudicato e, all’epoca dei fatti, sottoposto al regime dell’affidamento in prova al servizio sociale il quale nei frattempo aveva indotto NOME COGNOME a dichiarare falsamente di essere stato colui che quella notte conduceva il veicolo RAGIONE_SOCIALE COGNOME aveva altresì trasmesso a COGNOME una falsa autorizzazione alla guida del mezzo, di proprietà di terzi e noleggiato
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, COGNOME COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen.
Con due diversi profili di doglianza, sotto i diversi aspetti della violazione di legge e del vizio motivazionale, il ricorrente si duole del mancato accoglimento della propria richiesta da parte della Corte territoriale di acquisire la consulenza tecnica di parte dell’Ing. NOME COGNOME o comunque della nomina di un perito.
Il ricorrente lamenta che, pur essendo legittima la motivazione per relationem, nel caso che ci occupa, quanto alla posizione dell’imputato, i motivi di appello non paiono essere stati in concreto esaminati o valutati perché la sentenza impugnata si limiterebbe, oltre a delle generiche frasi di stile, a ripercorrere acriticamente la sentenza di primo grado, vanificando così il doppio grado di giudizio.
Si sottolinea, in particolare, che la Difesa aveva chiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di acquisire una consulenza tecnica di parte dell’Ingegner NOME COGNOME che si assume sarebbe stata dimostrativa dell’errato approccio scientifico della consulenza dell’Ingegner COGNOME, consulente del PM, e della conseguente inevitabilità del sinistro. In subordine, aveva chiesto di nominare un perito d’ufficio al fine di verificare la pretesa scientifica di quanto prospettato nella consulenza del suddetto Ingegner COGNOME
Ebbene, pur richiamata la giurisprudenza di legittimità che afferma l’eccezionalità della rinnovazione istruttoria in appello, il ricorrente sottolinea che tale eccezionalità ed indispensabilità del mezzo di prova richiesto nel caso in esame sussisteva. Ciò perché la motivazione della sentenza di condanna è basata principalmente sull’elaborato del consulente del PM COGNOME che avrebbe indotto il giudicante a ritenere la responsabilità dell’imputato sulla base di criteri scientifici non corretti e di soggettive valutazioni del consulente della pubblica accusa sganciate da dati oggettivi certi.
Si riportano in ricorso ampi stralci della sentenza impugnata nella parte in cui dà conto delle risultanze della consulenza del PM e ci si sofferma poi sui profili di novità della prova nuova in relazione alla evitabilità del sinistro e sull’analisi di quelle che paiono essere le numerose criticità della consulenza del PM.
Si censura anche la motivazione della sentenza impugnata laddove la Corte territoriale ha ritenuto di non acquisire l’elaborato introdotto come memoria ex articolo 121 cod. proc. pen.
Si sottolinea, però, che la difesa non ha presentata una memoria ma ha depositato motivi aggiunti con i quali chiedeva espressamente di rinnovare il dibattimento, mentre la Corte ha ritenuto che la consulenza tecnica fosse “incorporata” nella memoria.
Si lamenta, in ogni caso, come la motivazione della Corte territoriale sarebbe contraddittoria, in quanto da una parte ritiene inammissibile e inutilizzabile il contenuto della consulenza dell’Ingegner COGNOME allegata alla memoria, dall’altra esprime valutazioni su segmenti del suo contenuto senza confrontarla con l’elaborato del consulente del PM. E, soprattutto, senza spiegare l’inconsistenza scientifica della stessa.
Ci si duole che i giudici del gravame del merito esprimano valutazioni sulla consulenza dell’Ingegner COGNOME senza considerare che l’elaborato tecnico è basato su procedimenti e calcoli matematici, come il principio della conservazione della quantità di moto e quello della conservazione dell’energia. Oltretutto, la Corte territoriale non si confronterebbe con quanto esposto in relazione al calcolo della velocità, laddove si sottolinea che il consulente del PM ha calcolato la velocità senza alcun procedimento scientifico.
Si sottolinea che Sez. 5 n. 9831/2016 ha evidenziato la diversa posizione processuale dei consulenti di parte rispetto ai peritl e quindi la Corte territoriale avrebbe dovuto fornire – e non l’ha fatto – una dimostrazione autonoma dell’esattezza scientifica delle conclusioni consulente del PM e l’erroneità della consulenza dell’ingegner COGNOME
Ci si duole, inoltre, che la Corte, a pag. 39 della sentenza ha ritenuto clic la consulenza allegata non fosse asseverata, in realtà dalle pagine 3 e 46 della consulenza emerge, invece, che la consulenza è asseverata.
Si sottolinea con il secondo motivo come la giurisprudenza di legittimità, in relazione alla mancata assunzione di una prova decisiva, abbia stabilito che la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentaie nel giudizio di appello può costituire violazione dell’art. 606, comma 1, lett d), cod. proc. pen., solo nel caso di piove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (Sez. 5, n.34643 del 08/05/2008, Rv. 240995; Sez. 1, n. 3972 del 28/11/2013, del). 29/01/2014, Rv. 259136; Sez. 1, Sentenza n. 40705 del 10/01/2018, Rv. 274337-01).
Ebbene, per il ricorrente la consulenza dell’Ing. COGNOME può rientrare nelle prove scoperte dopo la sentenza di primo grado in quanto, come esposto nell’elaborato, viene dimostrato che la relazione del consulente del PM su cui è fondato il ragionamento delle sentenze di primo e secondo grado, non è basata dati scientifici. Ciò perché il consulente del PM non calcola la velocità dei veicoli ma le ipotizza, tanto è vero che non vi è alcuno procedimento matematico o alcun calcolo che accerti quanto conclude.
Ci si duole che anche l’energia di deformazione del veicolo Lancia all’impatto (pag. 62 della relazione del CT del PM) viene citata ma non quantificata ed inserita in una valida formula che contempli, un bilancio energetico, oltre ai fatto che l’energia di deformazione del veicolo Mercedes non viete neanche citata. In sostanza non vi sarebbe alcun procedimento scientifico né alcun f6ndamento tecnico nella valutazione, della velocità tenuta dai mezzi intervenuti nel sinistro.
Le gravi mancanze presenti nella relazione del CT del PM vengono “sanate” secondo il ricorrente dall’analisi tecnica dell’Ing. COGNOME che, come qualsiasi esperto ricostruttore d’incidenti farebbe, basa la propria ricostruzione dell’evento su elementi tecnici oggettivi, su un procedimento scientifico che ha fonti bibliografiche e principi scientifici (della conservazione della quantità di moto, principio della conservazione dell’energia) che, grazie a calcoli matematici appositamente indicati passo per passo, ed all’applicazione delle leggi della fisica, producono la reale velocità dei mezzi all’impatto.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
4. Il PG presso questa Corte ha anticipato con memoria scritta del 23/11/2024 le proprie conclusioni scritte riportate in epigrafe.
Le parti hanno concluso in pubblica udienza come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati, che sono imperniati su tematiche di fatto estranee al giudizio di legittimità, con richiami ad atti del processo anche non inseriti nel decisum e senza un reale confronto critico con le risposte motivazionali della sentenza impugnata, sono manifestamente infondati. Si prospettano, peraltro, enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
Per contro, l’impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
2. Il ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia ritenuto acquisibile l’ulteriore contributo tecnico del proprio nuovo consulente di parte Ing. COGNOME allegato alla memoria depositata dal nuovo difensore il 25 settembre 2023 o, comunque, non abbia nominato un perito al fine di sopperire alle incongruenze che si assumono sussistenti nella consulenza del tecnico del PM.
In realtà, come si legge a pag. 4 della sentenza impugnata e come risulta dalla sentenza di primo grado, la Difesa già dinanzi al tribunale aveva depositato una relazione a firma di un proprio consulente di parte, Ing. COGNOME rinunciandone all’escussione. E nella sentenza di primo grado – come ricorda la sentenza impugnata a pag. 10- sono state esaminate le risultanze degli apporti tecnici sia dei consulenti del Pubblico Ministero (Ing. NOME COGNOME) che di quello della Difesa (Ing. NOME NOME COGNOME) nei termini che vengono ricordati alle pagg. 10 e ss. della sentenza impugnata.
Ebbene, sulla nuova richiesta la Corte territoriale motivatamente la confuta, e, quanto all’espletamento di perizia cinematica, ritiene la stessa manifestamente
irrilevante alla stregua di quanto sin qui argomentato, essendo indubitabile la sussistenza della condotta gravemente colposa di COGNOME ed anche la sua esclusiva responsabilità nella causazione dell’evento.
La sentenza impugnata ricorda conferentemente che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che il vigente codice di rito penale pone una presunzione di completezza dell’istruttoria dibattimentale svolta in primo grado.
In base all’insegnamento di questa Corte, l’art. 603, commi 1 e 3, cod. proc. pen., stabilisce che la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in grado di appello ha luogo quando il giudice è impossibilitato a decidere allo stato degli atti e ritiene assolutamente necessaria la prova richiesta; tale previsione, interpretata alla luce dell’art. 111 Cost., consente al giudice – nel caso in cui la situazione processuale presenti effettivamente un significato incerto – di ammettere la prova richiesta che venga ritenuta decisiva ed indispensabile, ossia che possa apportare un contributo considerevole ed utile al processo, risolvendo i dubbi o prospettando una soluzione differente (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266820). In tema, infatti, opera pacificamente il principio della presunzione di completezza dell’istruttoria in primo grado.
La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello di cui all’art.603 cod. proc. pen deve, pertanto, ritenersi avere natura eccezionale e ad esso conseguentemente può farsi ricorso, su richiesta di parte o d’ufficio, solamente quando il giudice lo ritenga indispensabile ai fini del decidere, non potendolo fare allo stato degli atti (Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014 dep. 2015, COGNOME, Rv. 261556; Sez.2, n.41808 del 27/09/2013, COGNOME, Rv. 25696801; Sez.2, n.3458 del 1/12/2005, dep. 2006, Di Gloria, Rv. 23339101). E’ stato precisato, altresì, che, considerata tale natura, una motivazione specifica è richiesta solo nel caso in cui il giudice disponga la rinnovazione, poiché in tal caso deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, mentre in caso di rigetto è ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito, nella quale sia evidenziata la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep.2014, COGNOME, Rv. 25989301; Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 25774101; Sez. 3, n.24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 24787201; Sez. 4, n. 47095 del 2/12/2009, Rv. 245996; Sez. 2, n. 41808 del 27/9/2013, COGNOME, Rv. 256968).
Come più volte chiarito da questa Corte di legittimità, la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale può essere censurata soltanto -il che nel caso che ci occupa non è avvenuto- qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato
motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261556; Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 258236).
Nell’alveo dell’orientamento interpretativo ora richiamato, la Suprema Corte già in precedenza aveva affermato che l’esercizio del potere di rinnovazione istruttoria si sottrae, per la sua natura discrezionale, allo scrutinio di legittimità, ne limiti in cui la decisione del giudice di appello, tenuto ad offrire specifica giustifi cazione soltanto dell’ammessa rinnovazione, presenti una struttura argomentativa che evidenzi – per il caso di mancata rinnovazione – l’esistenza di fonti sufficienti per una compiuta t. logica valutazione in punto di responsabilità (cfr. Sez. 6, n 40496 del 21/05/2009, Rv. 245009).
Del resto, si ricorda ancora che le Sezioni Unite hanno affermato la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova ‘neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, Rv. 270936).
3. Nel caso in esame per la Corte territoriale dà motivatamente atto di ritenere che il contenuto della documentazione, anche fotografica, acquisita agli atti, e le ulteriori prove esposte nella sentenza di primo grado ed anche ulteriormente ripercorse in quella di appello chiariscono esaustivamente i termini di fatto della vicenda, di talché il ragionamento probatorio complessivamente svolto non richiede ulteriori approfondimenti. E dunque che risulta dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che COGNOME ha violato l’obbligo del conducente di regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, fosse evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione. Lungo l’intera carreggiata percorsa sul INDIRIZZO – senza peraltro attenersi nella marcia al margine destro, ma percorrendo la corsia di sinistra – fino in prossimità dell’intersezione tra il suddetto INDIRIZZO e INDIRIZZO – malgrado la presenza di strisce pedonali allo stesso incrocio (che ancor più richiedevano avvertita prudenza), l’imputato viaggiava ad una velocità correttamente calcolata dal consulente del P.M. (peraltro con approssimazione di calcolo in favor rei) in almeno 77 Km/h in pieno centro abitato. Velocità esorbitante rispetto al limite massimo di
50 Km/h, ed anche rispetto alla velocità inferiore richiesta dalla situazione (strada bagnata, orario notturno).
Viene anche ricordato che il conducente deve, altresì, ridurre la velocità e, occorrendo, anche fermarsi quando riesce malagevole l’incrocio con altri veicoli, in prossimità degli attraversamenti pedonali.
Le dichiarazioni e l’elaborato del c.t. del P.M. risultano per la Corte territoriale pienamente convergenti con le dichiarazioni rese dalla Condemi, coi rilievi tecnici, coi punti di impatto dei veicoli e coi danni riportati dai veicoli.
I giudici del gravame del merito hanno, altresì, ampiamente e logicamente dato conto che la consulenza di difesa non basava il proprio assunto su considerazioni di natura tecnica, bensì solo su considerazioni personali non suffragate da elementi significativi; inoltre, le indicazioni del c.t. contrastavano del tutto con le risultanze dell’istruttoria dibattimentale. A ciò va aggiunto il non corretto comportamento del COGNOME, improntato sistematicamente alla palese menzogna su tutte le circostanze del sinistro e, in particolare, sulle ragioni dell’omesso soccorso a COGNOME COGNOME, sule dichiarazioni compiacenti di COGNOME Gabriele COGNOME, concordate con l’imputato, sul coinvolgimento di COGNOME Enrico perché fingesse di trovarsi alla guida del veicolo (vicenda criminosa di cui al capo B, ormai coperta da giudicato di condanna a carico di quest’ultimo) e sull’entità dei danni al proprio veicolo. Tutta la vicenda, peraltro, è stata logicamente ritenuto costituire indice di personalità altamente trasgressiva, in quanto il COGNOME guidava l’autovettura in modo totalmente imprudente, durante la sottoposizione alla misura alternativa dell’affidamento in prova ed in orario notturno, in violazione dell’obbligo di rientro serale presso
4. Il proposto ricorso sembra ignorare che per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex multis Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, COGNOME, Rv. 271679; Sez. 4, n. 10335 del 10/2/2009, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 43403 del 17/10/2007, COGNOME, Rv. 238321). E che, come sottolineato in altra condivisibile pronuncia, sono sottratti al sindacato di legittimità, se sorretti da adeguata motivazione, gli apprezzamenti di fatto necessari alla ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia quali la valutazione delle condotte dei singoli
utenti della strada coinvolti, l’accertamento delle relative responsabilità e la determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente (Sez. 4, n. 37838 del 01/07/2009, Tarquini, Rv. 245294).
Inoltre, costituisce ius receptum di questa Corte il principio che , in virtù del principio del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, il giudice ha la possibilità di scegliere fra varie tesi, prospettate da differenti periti, di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermate sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicché, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, è inibito al giudice di legittimità di procedere ad una differente valutazione, poiché si è in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di Cassazione, se non entro i limiti del vizio motivazionale (Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 265981; conf. Sez. 4, n. 34747 del 17/5/2012, Rv. 253512; Sez. 4, n. 45126 del 6/11/2008, Rv. 241907; Sez. 4, n. 7591 del 20/5/1989, Rv.181382).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12/12/2024