Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44710 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44710 Anno 2024
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME NOMECOGNOME nato a Calenzano il 18/04/1942 avverso la sentenza del 15/12/2022 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 23 luglio 2018 dal Tribunale di Firenze, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, ha dichiarato, per quanto qui rileva, NOME COGNOME colpevole in relazione al reato di cui agli artt. 81, 110 e 644 cod. pen. a lui contestato al capo c).
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, articolando otto motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione alla mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto dalla Procura della Repubblica, che non avrebbe indicato con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondavano le censure – peraltro frammentarie e partigiane, secondo la difesa – avverso la sentenza impugnata.
2.2. Carenza di motivazione in relazione al rigetto (implicito) dell’eccezione di inammissibilità del gravame del Pubblico Ministero, rinnovata di fronte alla Corte territoriale in nuova composizione.
2.3. Violazione di legge in relazione all’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., in relazione alla solo parziale rinnovazione istruttoria, non estesa anche all’audizione dei testi a discarico COGNOME e COGNOME in tal modo ribaltando la precedente sentenza assolutoria senza nuova assunzione delle prove dichiarative.
2.4. Carenza di motivazione in merito alla suaccennata solo incompleta rinnovazione istruttoria.
2.5. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità per il capo c), a fronte delle testimonianze di COGNOME e di COGNOME che avrebbero escluso la pattuizione di interessi.
2.6. Travisamento delle suddette prove dichiarative, incongruamente non posta a confronto anche con le deposizioni di COGNOME e COGNOME e con la documentazione in atti.
2.7. Carenza della motivazione in ordine alle ragioni per le quali è stata superata la ricostruzione della vicenda operata in primo grado, da cui era discesa una pronuncia liberatoria.
2.8. Contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova, in ordine alla valutazione di responsabilità concorsuale e in particolare all’affermazione che COGNOME avesse sottoscritto cambiali per importi superiori, che COGNOME avesse preso parte alle trattative partecipando a tutti gli incontri, che COGNOME e COGNOME avessero smarrito la cambiale da euro 40.000, che fosse imputabile anche a COGNOME la restituzione a COGNOME del capitale senza restituzione dell’effetto.
In data odierna, e dunque tardivamente, l’avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire breve nota con cui si riporta ai motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di ‘quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato, da ultimo, dall’art. 11, comma 7, decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
Il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente.
L’appello della parte pubblica in relazione alla posizione di COGNOME – ovvero al solo capo c) aveva preso le mosse dagli esiti dell’istruttoria dibattimentale, dolendosi della errata valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, che, approfondite mediante rinnovazione istruttoria e correttamente interpretate in relazione al complessivo compendio (in particolare all’effettiva consistenza degli effetti e al conseguente computo del tasso praticato), hanno poi condotto alle pronuncia di condanna.
La Corte fiorentina ha correttamente giudicato ammissibile il gravame proposto dall’Ufficio requirente, che, tramite puntuali censure di merito, attingeva la complessiva tenuta logica della motivazione di primo grado (cfr. pp. 6, 8, 1011, nonché l’ordinanza del 10 dicembre 2021).
Le doglianze sul punto – che reiterano di fatto una semplice contrapposizione con quanto in concreto dedotto nel gravame del Pubblico Ministero, sempre in relazione a questioni schiettamente fattuali – sono dunque manifestamente infondate.
Il terzo e il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente.
In caso di impugnazione della sentenza di assoluzione da parte del pubblico ministero, l’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, previsto dall’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., anche con riferimento alle prove a discarico richieste dalla difesa, non riguarda tutte le prove dichiarative assunte in primo grado, ma solo quelle che, secondo le ragioni specificatamente prospettate nell’atto di impugnazione, siano state oggetto di erronea valutazione da parte del giudice di primo grado e siano ritenute decisive ai fini della valutazione di responsabilità (Sez. 3, n. 16444 del 04/02/2020, C., Rv. 279425-02; Sez. 1, n. 12928 del 07/11/2018, dep. 25/03/2019, P., Rv. 276318-01; Sez. 2, n. 5231 del 13/12/2018, dep. 2019, Prundaru, Rv. 276050-01. Ha puntualizzato, condivisibilmente, Sez. 5, n. 19730 del 16/04/2019, P., Rv. 275997-01, che non
sussiste un automatico obbligo del giudice di appello di procedere alla riassunzione della prova dichiarativa, dovendo questi previamente verificare, tra l’altro, la decisività delle prove, eventualmente indicate dall’ appellante, e la necessità della loro rinnovazione mirata, nella prospettiva della riforma in senso peggiorativo della decisione assolutoria).
Correttamente i giudici di appello hanno sentito nuovamente la sola persona offesa (così veicolando dati informativi relativi a una specifica circostanza, la mancata precedente considerazione di un singolo effetto, come meglio specificato sub 4), valutando non rilevanti rispetto ai punti controversi le deposizioni di altri soggetti.
Le censure sul punto del ricorrente risultano generiche, laddove omettono di chiarire compiutamente dove le ulteriori prove dichiarative avrebbero inciso sugli specifici elementi veicolati dalla nuova escussione di COGNOME (cfr. pp. 10-12, sulla necessità di tenere conto anche della cambiale da euro 41.550 trattenuta da Panerai, circostanza tale da «muta in modo radicale i termini della questione», poiché il Tribunale – cfr. p. 8 – aveva invece affermato la sostituzione del titolo con altro di pari importo), e comunque manifestamente infondate.
Il quinto, il sesto e l’ottavo motivo – tutti diretti a sollecitare complessiva rilettura della piattaforma istruttoria, impossibile nel giudizio di cassazione – possono essere esaminati congiuntamente.
Questi motivi non sono consentiti, in presenza di un congruo apparato argomentativo, che, tenuto conto della natura concorsuale dell’imputazione’ afferma, sulla base di una ricostruzione dei fatti intangibile in questa sede, un apporto rilevante di COGNOME, non semplice consulente (avendo seguito costantemente l’intera vicenda, partecipando a plurimi incontri, suggerendo il rogito di una ricognizione di debito e avanzando personalmente plurime richieste di rientro del debito), nell’ambito di un’articolata sequenza negoziale che, al momento di rinnovo delle cambiali già emesse, era connotata in concreto dalla mancata restituzione del titolo dal maggior importo, cosicché occorreva ricalcolare il saggio di interessi, effettivamente quantificabile nel 50% annuo (cfr. anche, esattamente in termini in ordine alla medesima vicenda storica che qui occupa, Sez. 2, n. 27763 del 4/07/2024, COGNOME, non mass., relativa alla posizione del concorrente nel medesimo delitto).
Risulta così superata, sulla scorta delle nuove circostanze accertate compiutamente solo nell’ulteriore segmento istruttorio, la perplessità dei primi giudici in merito alla (solo astrattamente possibile) dissimulazione degli interessi illeciti, non ricavabili dal montante complessivo, come precedentemente computato.
Con il settimo, stringato motivo la difesa evoca – quanto meno implicitamente, pur senza utilizzare la specifica locuzione – la carenza della cosiddetta motivazione rafforzata.
Alla luce di quanto già rilevato, la censura è insuperabilmente generica, omettendo di leggere in endiadi i due percorsi motivazionali, onde contestare eventualmente nella seconda decisione la mancanza di quella cogente forza logica che si richiede per l’overtuming sfavorevole (che, viceversa, emerge nitidamente dalle puntuali considerazioni accennate supra).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. ·
Così deciso il 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente