Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17194 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17194 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 28/03/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME NOME OCCHIPINTI EGLE PILLA NOME COGNOME
Presidente –
Relatore –
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 410/2025
UP – 28/03/2025
R.G.N. 40991/2024
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a MOLFETTA il 30/03/1960 COGNOME NOME nato a COGNOME il 27/09/1950 COGNOME NOME nato a ROMA il 18/11/1954 COGNOME NOME nato a ROMA il 07/02/1964
avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME relativamente al capo 1 lett. C), nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME relativamente al capo 1 lett. B) e C); il rigetto dei ricorsi nel resto.
Udite le conclusioni del difensore e procuratore speciale avv. NOME COGNOME nell’interesse della parte civile, Curatela RAGIONE_SOCIALE
che deposita unitamente alla nota spese chiedendone l’accoglimento ; deposita, altresì, documentazione relativa alla costituzione di parte civile nei vari gradi di giudizio.
Udite le conclusioni dei difensori di fiducia, avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME nell’interesse dei ricorrenti COGNOME che insistono per l’accoglimento dei ricorsi.
Udite le conclusioni dei difensori di fiducia, avv. COGNOME e avv. COGNOME nell’interesse del ricorrente COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso.
Udite le conclusioni del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME nell’interesse della ricorrente COGNOME che insiste nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 14 marzo 2022 il Tribunale di Taranto in composizione collegiale assolveva gli imputati COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME dalle plurime condotte di bancarotta rispettivamente ascritte al capo 1) dell’imputazio ne perché i fatti non sussistono e dichiarava estinto per intervenuta prescrizione il reato di cui all’art. 2 d.lgs.274/00 contestato al capo 3).
A seguito della impugnazione del Procuratore della Repubblica (limitatamente ai reati di cui al capo 1 lett. A), E), F), e della curatela fallimentare RAGIONE_SOCIALE costituitasi parte civile, in relazione a tutti i reati di cui al capo 1), la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 10 aprile 2024, in riforma della pronuncia di primo grado, per quanto di interesse:
-condannava alla pena di giustizia NOME e COGNOME NOME per i delitti di cui al capo 1 lett. A ), ritenuta la fattispecie dell’occultamento, lett. E) ed F);
-condannava alla pena di giustizia COGNOME COGNOME in concorso con i primi due imputati, per il delitto di cui al capo 1 lett. E);
-condannava, ai soli effetti civili, gli imputati COGNOME e COGNOME per il capo 1 lett. A) B), C ) ritenuta l’ipotesi della dissipazione, E), F), G ); l’imputato COGNOME per il capo 1 lett. C ), ritenuta l’ipotesi della dissipazione, E) G); l’imputata COGNOME per il capo 1 lett. C ), ritenuta l’ipotesi della dissipazione, G).
Le imputazioni hanno ad oggetto le seguenti condotte:
–NOME, socio, e COGNOME NOME, amministratrice dalla costituzione sino al 4 marzo 2010 della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Taranto del 6 novembre 2023, occultavano le scritture private obbligatorie ai sensi dell’art.2214 cod. civ. (bancarotta fraudolenta documentale, capo 1 lett. a); distraevano beni strumentali (bancarotta fraudolenta patrimoniale,
capo 1 lett. b); in concorso con COGNOME COGNOME, amministratore della società dal 4 marzo 2010 al 19 luglio 2010, dissipavano crediti per un valore di 86.599,84 euro (bancarotta fraudolenta patrimoniale, capo 1 lett. c); in concorso con COGNOME Mauro a seguito di un’operazione di scissione societaria, cagionavano il dissesto della società (bancarotta impropria da operazioni dolose, capo 1 lett. e); distraevano la somma di 90.000,00 euro (bancarotta fraudolenta patrimoniale, capo 1 lett. f); in concorso con COGNOME e COGNOME amministratrice dal 19 luglio 2010 al 24 giugno 2011, restituivano un credito, in origine nei confronti di terzi e successivamente riclassificato in favore dei soci COGNOME in violazione della par condicio creditorum (capo 1 lett. g).
Con la circostanza aggravante di avere commesso più fatti di bancarotta e di avere cagionato un danno di rilevante gravità.
Avverso la decisione della Corte di appello hanno proposto ricorso gli imputati, attraverso i rispettivi difensori di fiducia, articolando i seguenti motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Ricorso COGNOME – COGNOME
Gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono congiuntamente con un unico atto, sottoscritto dai comuni difensori di fiducia, articolando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo comune è stata dedotta violazione di legge quanto alla legittimità ad impugnare del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto e all’ammissibilità dell’atto di appello della parte civile.
2.1.1. Ai sensi dell’art.570 cod. proc. pen. è legittimato ad impugnare anche il rappresentante del Pubblico ministero che ha rassegnato le conclusioni in udienza.
Nel caso in esame l’estensore dell’atto di appello è pur sempre un pubblico ministero dell’Ufficio di Procura presso il Tribunale di Taranto, ma una diversa persona fisica rispetto a colui che rassegnò le conclusioni in udienza.
La mancanza di legittimazione del Pm appellante si ricava dalla lettura del combinato disposto degli artt. 568 comma terzo cod. proc. pen. (‘ il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce’) e dell’art.591 comma primo lett. a ) cod. proc. pen. (‘ l’impugnazione è inammissibile quando è proposta da chi non è legittimato’).
A ciò si aggiunga che le norme di ordinamento giudiziario in materia di delega non prevedono che sia delegabile il potere di impugnazione (Sez.5, n.24881 del 19/05/2017).
Né può obiettarsi che il legislatore si sia riferito nel caso di specie all’Ufficio del Pubblico ministero impersonalmente inteso dal momento che, allorquando la
volontà del legislatore è stata tale, si è utilizzata la generica espressione ‘Pubblico Ministero’ e non ‘Rappresentante’ come nel caso di specie.
L’art.570 comma terzo cod. proc. pen. dispone che è sempre il ‘Rappresentante del Pubblico ministero’ che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello che può partecipare al successivo grado di giudizio in sostituzione del Procuratore generale presso la Corte di appello; siffatta previsione è finalizzata a non disperdere le conoscenze acquisite dal rappresentante del Pubblico ministero nel corso del processo di primo grado, con particolare riferimento ai processi maggiormente complessi. È una disposizione che conferma la interpretazione proposta.
2.1.2. Quanto alla ammissibilità dell’atto di costituzione di parte civile, la difesa lamenta una carenza di legittimazione del curatore atteso che l’autorizzazione del giudice delegato al curatore fallimentare a costituirsi in giudizio deve essere specificamente concessa in relazione a ciascun grado.
Nel caso di specie in calce alla formula di autorizzazione del curatore a promuovere giudizio di appello non risulta la sottoscrizione del giudice delegato.
2.2. Con il secondo motivo comune di ricorso, articolato in plurime censure, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata rinnovazione istruttoria in appello in un’ipotesi di ribaltamento del giudizio assolutorio pronunziato in primo grado e all’assenza di una motivazione rafforzata.
2.2.1. Le difese lamentano che, a fronte di una ipotesi di overturning sfavorevole, la Corte di appello non abbia adeguatamente assolto all’obbligo di cui all’art.603 comma terzo cod. proc. pen.: nel disporre la rinnovazione istruttoria dei contributi dichiarativi ha proceduto ad una selezione degli stessi, trascurando la valutazione di emergenze probatorie che erano state valorizzate dal Collegio di primo grado.
In relazione alle singole condotte contestate al capo 1) la Corte territoriale, con ordinanza del 14 febbraio 2024, ha disposto rinnovazione istruttoria limitatamente al consulente del Pm e ai consulenti delle difese COGNOME rigettando la richiesta difensiva di nuovo ascolto del curatore fallimentare in merito agli accertamenti svolti.
Sul punto l’orientamento di questa Corte a Sezioni unite (S.U. n.14800 del 21/12/2017, dep.2018, Troise) ha chiarito che la rinnovazione istruttoria in ipotesi di overturning sfavorevole ha ad oggetto le prove dichiarative che siano state oggetto di erronea valutazione e siano risultate decisive, non potendo il giudice dell’appello limitarsi ad una selezione delle fonti, né delle circostanze sulle quali devono essere risentite (da ultimo Sez.1, n.28732 del 2/12/2022, dep.2023).
La mancata rinnovazione dell’escussione del curatore così come dell’escussione del teste COGNOME dipendente della società, contrasta con la valutazione che delle dichiarazioni dei due soggetti ha operato la sentenza impugnata allorquando ha definito ‘ particolarmente interessante ‘ la deposizione degli stessi ai fini del decidere.
Eguali considerazioni, sostiene la difesa, possono formularsi quanto alla mancata rinnovazione dell’esame del coimputato COGNOME le cui dichiarazioni erano state valorizzate ai fini del proscioglimento della condotta di cui al capo 1 lett. e).
Sul punto questa Corte a Sezioni unite (S.U. n.27620 del 28/04/2016, Dasgupta) ha affermato un obbligo di rinnovazione del contributo dichiarativo decisivo a prescindere dalla qualità soggettiva del dichiarante e quindi anche nella ipotesi del coimputato.
La Corte territoriale, nell’operare una parziale rinnovazione istruttoria, ha erroneamente operato una duplice selezione sia in relazione alle fonti, sia in relazione alle circostanze.
2.2.2. Quanto all’obbligo della motivazione rafforzata, in relazione alla condotta contestata al capo 1 lett. e) la sentenza impugnata non ha in alcun modo valorizzato le coordinate temporali della intervenuta scissione della società rispetto alla data del fallimento (tre anni e sei mesi) e la inidoneità dell’operazione a danneggiare l’unico creditore rappresentato da RAGIONE_SOCIALE ( con riferimento agli obblighi tributari, infatti, a seguito della scissione, la responsabilità solidale si estende nella sua interezza anche al patrimonio della società frutto della scissione ai sensi dell’art.173 TUIR).
La sentenza di primo grado, nel valutare il contributo dichiarativo del coimputato COGNOME aveva affermato che la scissione della società rispondeva ad una necessità di razionalizzazione dell’attività di impresa e in ragione della corretta valutazione dei debiti erariali quali debiti non certi, COGNOME aveva appostato in via prudenziale la cifra di circa 1.895.000,00 euro e contestualmente costituito un fondo rischi ed oneri pari a circa 1.404.00 euro.
Le considerazioni del coimputato COGNOME erano state confermate dal consulente della difesa COGNOME le cui dichiarazioni sono state anche esse escluse dalla rinnovazione istruttoria.
La Corte territoriale ha altresì omesso di considerare che:
alcun danno concreto è derivato dalla operazione di scissione per il creditore Equitalia avuto riguardo ad un eventuale concorso con i crediti frattanto maturati nei confronti delle società beneficiarie, in ragione del privilegio generale del debitore in favore di crediti per tributi diretti dello Stato, per imposta sul valore aggiunta e per tributi degli enti locali ai sensi degli artt. 2752 cod. civ. e 173 comma 13 TUIR;
il dissesto è stato cagionato da una condotta illecita attribuibile unicamente alla Lupoli, amministratrice dal 24 giugno 2011 e alla quale da sola è stata attribuita la condotta distrattiva di cui al capo 1 lett. d), condotta in relazione alla quale la imputata ha definito la sua posizione ex art.444 cod. proc. pen. Siffatta circostanza è stata del tutto omessa nella ricostruzione della sentenza impugnata;
le documentate e reiterate azioni legali promosse nel tempo dagli amministratori della RAGIONE_SOCIALE in relazione al credito con Equitalia escludono una precisa scelta imprenditoriale nel senso di una originaria e dolosa destinazione della società al fallimento. Sul punto ancora una volta la Corte territoriale ha omesso di rinnovare l’escussione del teste COGNOME, legale della società in sede di azione di revocazione delle sentenze che accertavano gli obblighi tributari, richiamando impropriamente l’art.321 cod. proc. civ. che prevede che l’impugnazione della sentenza per revocazione non sospende l’esecuzione della sentenza passata in cosa giudicata;
-l’imputato COGNOME socio della società sino al 23 giugno 2011, non ha mai fatto parte dell’organo amministrativo della società fallita, né dalla imputazione è ricavabile una sua qualifica di amministratore di fatto. La motivazione in ordine alla sua qualifica di concorrente nel reato proprio è stata del tutto omessa.
2.2.3. Quanto alla contestazione di bancarotta documentale per occultamento, di cui al capo 1 lett. a) la difesa, nel rilevare la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, lamenta che:
in relazione al socio COGNOME non è giuridicamente configurabile un obbligo di consegna della documentazione fiscale o contabile, non risultando amministratore di diritto o di fatto della società fallita (Cass.n.39878/22);
la affermazione secondo la quale COGNOME era una prestanome dei coimputati coniugi COGNOME è apodittica, non provata e non corrispondente alla contestazione di cui alla lett. d) che ha qualificato la imputata quale amministratrice dal 24 giugno 2011 e liquidatrice dal 6 giugno 2012 sino alla sentenza dichiarativa di fallimento intervenuta in data 6 novembre 2013;
tra la dismissione della carica di amministratore della COGNOME (4 marzo 2010) e la data di nomina quale amministratrice della Lupoli (24 giugno 2011) hanno ricoperto la carica di amministratori COGNOME e COGNOME assolti dalla contestazione di bancarotta documentale per non avere commesso il fatto in ragione di una raccomandata del 20 giugno 2011 con la quale COGNOME consegnava a Lupoli tutta la documentazione in suo possesso.
2.2.4. Quanto alla residua contestazione di bancarotta distrattiva di cui al capo 1 lett. f) la difesa rileva un travisamento della prova per omissione.
A fronte di una condotta di attribuzione di utili di esercizio per la somma di 90.000 euro in assenza di una formale delibera della assemblea dei soci, la Corte territoriale ha omesso di valutare, diversamente dalla sentenza di primo grado, che la delibera assembleare del 20 dicembre 2009 esisteva ed era allegata alla consulenza tecnica di parte.
Alla data della delibera assembleare, inoltre, né COGNOME né COGNOME avevano avuto ancora conoscenza degli esiti sfavorevoli dei ricorsi per cassazione avverso le cartelle esattoriali risultando documentalmente che le sentenze furono depositate successivamente alla delibera, in data 21 dicembre 2009.
2.2.5. In relazione alle residue condanne unicamente agli effetti civili -capo 1 lett. b), c), g), – le difese lamentano vizi di motivazione della sentenza impugnata.
In riferimento al capo 1 lett. b) -distrazione di beni strumentali -la motivazione della sentenza impugnata appare contraddittoria nella parte in cui ha ritenuto responsabili, sia pure ai soli fini civili, COGNOME e COGNOME e non COGNOME e COGNOME amministratori a far data dal marzo 2010.
In riferimento al capo 1 lett. c) -dissipazione di crediti per omessa riscossione -la motivazione della sentenza impugnata appare contraddittoria nella parte in cui ha nella parte dispositiva ritenuto responsabili, sia pure ai soli fini civili, tutti gli imputati mentre in motivazione la responsabilità appare circoscritta ai soli imputati COGNOME e COGNOME
In riferimento al capo 1 lett. g) -restituzione di un credito originariamente nei confronti di terzi e riclassificato in favore dei soci- la Corte territoriale ha contraddittoriamente attribuito a tutti gli imputati la condotta sia pure ai fini civili e ha omesso la rinnovazione istruttoria del coimputato COGNOME sullo specifico punto, del consulente di parte COGNOME, del curatore fallimentare per come richiesto dal Pubblico ministero.
Ricorso COGNOME
L’imputato NOME COGNOME ricorre con atto sottoscritto dai difensori di fiducia articolando i seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo, suddiviso in plurime censure, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata rinnovazione istruttoria in appello in un’ipotesi di ribaltamento del giudizio assolutorio pronunziato in primo grado e all’assenza di una motivazione raffo rzata in relazione alle tre ipotesi per le quali è stata riconosciuta la responsabilità del ricorrente.
Parte delle argomentazioni è sovrapponibile al secondo motivo di ricorso presentato nell’interesse dei coniugi COGNOME/COGNOME
3.1.1. Con riferimento alla ipotesi di bancarotta impropria da operazioni dolose di cui al capo 1 lett. e), dopo avere richiamato le sentenze di questa Corte in punto di motivazione rafforzata, la difesa ha censurato l’omessa applicazione nel caso in esame dei principi richiamati dalla giurisprudenza di legittimità.
La motivazione della Corte territoriale si fonda sull’assunto che la operazione di scissione della società operata in data 19 maggio 2010 non poteva essere effettuata in quanto avrebbe determinato una grave sottovalutazione del debito fiscale dal momento che i ricorsi proposti per revocazione contro gli accertamenti tributari definitivi non avevano fatto venir meno i requisiti certezza, liquidità ed esigibilità del credito tributario che dunque doveva essere considerato nella sua integralità nella situazione patrimoniale e non al 50%.
L’operazione di scissione con la parziale appostazione del debito tributario, che era invece irrevocabilmente maturato, avrebbe rappresentato una manovra fraudolenta nei confronti dell’Erario perché finalizzata a deprivare la società scissa delle risorse necessarie a far fronte al debito.
3.1.2. Le argomentazioni della sentenza impugnata, tuttavia, non hanno sufficientemente e adeguatamente confutato le ragioni assolutorie della sentenza di primo grado ed in particolare:
-l’assoluzione non si fondava sulla ritenuta congruità del fondo di accantonamento quanto piuttosto sulla inidoneità della operazione di scissione a vanificare il soddisfacimento del debito tributario;
-sotto il profilo dell’elemento soggettivo, COGNOME, amministratore per soli quattro mesi, nel valutare il debito, si era affidato al parere pro veritate di un noto professionista in precedenza nominato che aveva fornito concrete rassicurazioni sul possibile esito favorevole delle azioni di revocazione rispetto al debito tributario accertato;
a seguito della scissione operata, le società beneficiarie frutto della scissione sarebbero rimaste comunque illimitatamente responsabili per l’adempimento del debito fiscale della RAGIONE_SOCIALE in ragione del rapporto di specialità che sussiste tra l ‘art. 173 TUIR, applicabile nel caso di specie e l’art.2506 quater cod. civ. che invece circoscrive siffatta responsabilità nei limiti del patrimonio netto alle stesse assegnate;
anche a seguito della operazione di scissione, la società fallita aveva conservato un rilevante attivo patrimoniale (circa 3.500.000,00 euro);
-l’operazione di scissione era finalizzata ad una razionalizzazione della attività di impresa ed era stata correttamente pubblicizzata senza determinare alcuna opposizione dei soggetti a tanto legittimati, in particolare della Agenzia delle Entrate;
-il fallimento è stato dichiarato a distanza di circa tre anni e sei mesi dalla operazione di scissione.
3.1.3. La Corte territoriale ha ravvisato la sussistenza del pregiudizio per i creditori derivante dalla operazione di scissione per due ulteriori ragioni:
-i creditori sarebbero stati costretti ad una più gravosa ricerca del bene trasferito su cui soddisfarsi;
-i creditori, nel rivalersi sulle società beneficiarie, sarebbero stati esposti al concorso con i creditori propri di tali società.
Siffatte valutazioni, secondo la difesa, risultano del tutto astratte e completamente sganciate dal caso concreto, omettendo di considerare che le cartelle esattoriali della società fallita erano state notificate anche alle società beneficiarie e che il credito fiscale ha natura privilegiata (privilegio generale con soddisfazione rispetto a tutti gli altri creditori).
Va altresì evidenziato che la sentenza impugnata ha del tutto trascurato di verificare la sussistenza del nesso di causalità tra l’operazione qualificata quale dolosa e il dissesto, che in realtà preesisteva alla operazione medesima.
3.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla verifica della sussistenza dell’elemento psicologico.
Come già introdotto nel primo motivo di ricorso la difesa lamenta la assenza di elemento soggettivo in capo a COGNOME in ragione di una serie di considerazioni:
-l’imputato, amministratore per soli quattro mesi, nel valutare il debito, si era affidato al parere pro veritate di un noto professionista in precedenza nominato che aveva fornito concrete rassicurazioni sul possibile esito favorevole delle azioni di revocazioni rispetto al debito tributario accertato;
la società RAGIONE_SOCIALE conservava rilevanti risorse economiche tra crediti, conti correnti e rimanenze di magazzino, senza considerare l’appostamento di un fondo rischi per imposte in contenzioso per un importo di 1.895.379,00 euro;
alle società beneficiarie erano state trasferite anche rilevanti passività.
La sentenza impugnata non ha in alcun modo valutato siffatte risultanze correttamente considerate dal primo giudice con la sentenza assolutoria.
3.3. Con il terzo motivo è stata dedotta la omessa motivazione e la violazione dell’art.2043 cod. civ. in relazione alla condanna agli effetti civili per le condotte di cui al capo 1 lett. c) e g).
3.3.1. In riferimento al capo 1 lett. c) -dissipazione di crediti per omessa riscossione -la motivazione della sentenza impugnata appare inesistente indicando solo nella parte dispositiva la responsabilità del ricorrente.
3.3.2. In riferimento al capo 1 lett. g) -restituzione di un credito riclassificato in favore dei socila condotta dell’imputato è consistita unicamente nel riclassificare contabilmente un debito preesistente nei confronti di terzi come
debito, peraltro esistente nella sua oggettiva consistenza, nei confronti dei soci COGNOME/COGNOME sulla base di una scrittura privata. La scrittura privata del 15 marzo 2006 prevedeva espressamente che, trascorsi quattro anni dalla fornitura operata dalla società RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE, il credito residuo della prima sarebbe stato corrisposto a COGNOME e COGNOME. Essendosi verificate siffatte condizioni, dal momento che la società RAGIONE_SOCIALE aveva pagato un terzo circa della fornitura, il residuo credito (463.308,20 euro) era stato riclassificato contabilmente come debito in favore dei due soci attraverso una novazione soggettiva del rapporto obbligatorio. La intervenuta novazione dal lato soggettivo è stata confermata dalla mancata insinuazione al passivo fallimentare della società RAGIONE_SOCIALE
L’esistenza di una posta debitoria non comporta automaticamente la necessità dell’effettivo adempimento che potrebbe esporsi ad un rilievo di preferenzialit à. Il trasferimento economico a COGNOME COGNOME è stato successivo alla cessazione di COGNOME dalla carica di amministratore.
Né vi è alcuna prova che COGNOME avesse consapevolezza di una supposta artificiosità della scrittura privata richiamata.
Ricorso COGNOME
L’imputat a NOME COGNOME ricorre con atto sottoscritto dal difensore di fiducia articolando un unico motivo.
4.1. Con l’unico motivo è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla all’assenza di una motivazione rafforzata in relazione alle due ipotesi per le quali è stata riconosciuta la responsabilità sia pure ai soli fini civili della ricorrente.
4.1.1. In riferimento al capo 1 lett. c) -dissipazione di crediti per omessa riscossione -la motivazione del Tribunale aveva escluso con chiarezza la sussistenza di una eventuale ipotesi distrattiva alla luce delle indicazioni del curatore fallimentare e del consulente di parte COGNOME.
La sentenza impugnata ha invece evidenziato che i crediti non riscossi fino al 2011 sono spariti nel nulla, non rinvenendosi nel bilancio di liquidazione alcuna nota che spiegasse che si trattava di crediti non recuperabili o di difficile realizzazione e con un salto logico ha ritenuto che l’occultamento fosse finalizzato a soddisfare gli interessi dei due soci storici COGNOME e COGNOME
Manca alcun riferimento motivazionale al coinvolgimento della ricorrente.
4.1.2. In riferimento al capo 1 lett. g) -restituzione di un credito riclassificato in favore dei socila condotta dell’imputata è consistita nell’adempimento dell’obbligazione che era stata riclassificata contabilmente da debito preesistente nei confronti di terzi a debito nei confronti dei soci COGNOMERAGIONE_SOCIALE COGNOME in virtù di un
contratto atipico di cui alla a scrittura privata del 15 marzo 2006 già descritta con riferimento alla posizione del ricorrente COGNOME
La sentenza di primo grado aveva ritenuto non provata la eventuale fittizietà dell’accordo anche sulla base delle dichiarazioni rese nel corso del dibattimento di primo grado dalla consulente COGNOME.
La sentenza impugnata ha ribaltato le conclusioni del Tribunale di primo grado fondando la motivazione unicamente sulla ricostruzione del consulente dell’accusa COGNOME e omettendo qualsivoglia considerazione sul contributo dichiarativo della consulente COGNOME che era stata comunque nuovamente escussa.
La sentenza impugnata, nel nutrire ‘gravi e insuperabili perplessità’ sulla scrittura, ha richiamato il criterio civilistico del ‘più probabile che non’ per ritenere che il contratto in questione non sia stato redatto nel 2006, ma sia stato formato in maniera posticcia nell’anno 2010 al fine di inserirlo nel bilancio della società fallita e costituire un credito gestibile dai due soci.
Le conclusioni cui giunge la sentenza impugnata omettono qualsivoglia confronto argomentato con la pronunzia assolutoria del primo giudice in violazione degli obblighi motivazionali legati all’ overturning sfavorevole anche ai soli effetti civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi risultano fondati nei limiti e per le ragioni che seguono.
1.Fondato è il motivo relativo alla mancanza di legittimazione della parte civile, RAGIONE_SOCIALE
1.1. Secondo l’art.25 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Poteri del giudice delegato): ‘Il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e: (..)
autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi (..).’
Sul punto questa Corte ha chiarito che il curatore del fallimento, pur essendo parte nelle controversie fallimentari, non ha capacità processuale autonoma, bensì condizionata all’autorizzazione del giudice delegato, che deve essere rilasciata in relazione a ciascun grado di giudizio tant’è che, in mancanza, sussiste il difetto di legittimazione processuale, rilevabile d’ufficio dal giudice trattandosi di questione inerente la ” legitimatio ad processum “. Peraltro, mentre nelle fasi di merito il giudice, che ne rilevi l’assenza, può invitare il curatore a munirsene, nel giudizio di legittimità non sussiste un analogo potere poiché la peculiare natura di quest’ultimo, caratterizzato dall’assenza di attività istruttoria e dalle rigide
formalità che disciplinano il deposito dei documenti (ammissibili con le forme e i limiti di cui all’art. 372 cod. proc. civ.), esclude la possibilità per il giudicante di invitare una delle parti a depositare documenti mancanti (Sez. 3 civ. n. 26359 del 16/12/2014, Rv. 634376 – 01).
1.2. Dagli atti del fascicolo esaminati dal Collegio in considerazione del dedotto error in procedendo (Sez. U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092) risulta che:
all’atto di appello depositato in originale dalla parte civile risulta allegata la istanza del curatore fallimentare datata 22 giugno 2022 indirizzata al giudice delegato volta a chiedere l’autorizzazione a proporre appello avverso la sentenza del 14 marzo 2022 del Tribunale di Taranto; la istanza risulta sottoscritta dal curatore in forma digitale;
la medesima istanza riporta in alto la dicitura ‘visto si autorizza il curatore a promuovere giudizio con l’indicato difensore attestandosi la mancanza di fondi ex art.144 D.p.r. 115/22. 13 Luglio 2022. ‘
la sottoscrizione del giudice delegato all’autorizzazione non risulta presente né in forma digitale, né in forma analogica.
1.3. Va altresì evidenziato che nel corso dell’udienza il difensore e procuratore speciale di parte civile ricorrente ha depositato unitamente alle conclusioni e nota spese, documentazione finalizzata a dimostrare la legittimazione a costituirsi nel giudizio di appello.
In particolare, ha depositato l’autorizzazione alla costituzione di parte civile debitamente sottoscritta in forma digitale dal giudice delegato con attestazione di conformità all’originale presente nel fascicolo della procedura fallimentare.
Ad avviso del collegio, in ragione delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza di questa Corte in precedenza richiamate, la documentazione successivamente depositata non può considerarsi idonea a ‘sanare’ il difetto di legittimazione a costituirsi nel corso di giudizio di appello dovendosi avere unicamente riferimento a quanto posto a disposizione delle parti nella fase del processo di secondo grado.
1.4. Il difetto di legittimazione peraltro può essere rilevato anche di ufficio in ogni stato e grado del processo e produce i suoi effetti anche nei confronti dei coimputati ricorrenti che non hanno proposto lo specifico motivo di ricorso.
1.5. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio agli effetti civili nei confronti di COGNOME NOME e, limitatamente, ai capi 1/b, 1/c e 1/g, nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME risultando assorbiti dal preliminare difetto di legittimazione della parte civile tutte le ulteriori censure proposte ai soli effetti civili.
Ricorsi COGNOME
I ricorsi presentati nell’interesse di NOME e COGNOME NOME risultano fondati agli effetti penali nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
Va preliminarmente chiarito che diversamente da quanto eccepito con il primo motivo di ricorso in relazione alla legittimazione della parte civile, sussisteva la legittimazione ad impugnare la sentenza di primo grado da parte del Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Taranto anche se in diversa persona fisica rispetto a colui che ha rassegnato le conclusioni in udienza.
Secondo questa Corte in tema di impugnazione del pubblico ministero, anche dopo l’introduzione dell’art. 593-bis cod. proc. pen., il sostituto procuratore che non sia stato pubblico ministero di udienza e non sia stato esplicitamente delegato dal Procuratore della Repubblica è legittimato ad appellare la sentenza di primo grado, stante l’impersonalità dell’ufficio del pubblico ministero e non occorrendo, verso terzi, una formale delega, costituente atto interno all’ufficio di Procura di cui va presunta l’esistenza e della cui assenza l’imputato non ha interesse a dolersi. (Sez. F, n. 37517 del 31/08/2023, P., Rv. 285197; Sez. F, n. 46 del 10/09/2013, dep.2014, P.m. in proc. COGNOME e altri, Rv. 257746).
2.1. Il secondo motivo comune di ricorso relativo al capo 1/E, articolato in plurime censure, risulta fondato.
Lo stesso è, in primo luogo, incentrato sulla perimetrazione dell’obbligo motivazionale del giudice di secondo grado e della rinnovazione istruttoria allorquando questi riformuli in senso sfavorevole all’imputato una precedente sentenza di assoluzione (cd. overturning decisorio nel giudizio di appello), obbligo -a parere delle parti ricorrenti- inadempiuto.
Questa Corte (per una ricostruzione della giurisprudenza delle Corti europee Sez. 5, n. 7379 del 21/11/2023, dep.2024, COGNOME, Rv. 285980), ha con insegnamento costante evidenziato che l’introduzione dell’art.603 comma 3 bis cod. proc. pen. e del previsto obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in caso di appello proposto dal pubblico ministero è il risultato della elaborazione della giurisprudenza delle Sezioni Unite, ispirata da quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Nella scia della giurisprudenza delle Corte europee, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che il giudice di appello, investito della impugnazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione di primo grado con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata e affermare la responsabilità penale dell’imputato, senza avere proceduto, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 603, comma terzo, cod. proc. pen., a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che
abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado (Sez. U, n. 27620 del 28/4/2016, Dasgupta, Rv. 267487).
L’esigenza della rinnovazione istruttoria è legata al principio fondamentale della presunzione di non colpevolezza di valenza costituzionale (art. 27, comma 2, della Costituzione): la presunzione di innocenza costituzionalmente tutelata impone, al fine di giungere alla riforma in senso di condanna, la scelta del metodo di acquisizione probatoria epistemologicamente più affidabile per l’apprezzamento della prova dichiarativa, e cioè quello che si basa sui principi di oralità e immediatezza. Costituiscono prove orali decisive quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato, o anche soltanto contribuito a determinare, l’assoluzione e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull’esito del giudizio, nonché quelle che, pur ritenute dal primo giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva dell’appellante, rilevanti – da sole o insieme ad altri elementi di prova – ai fini dell’esito della condanna (Sez. U Dasgupta, Rv. 267491).
Le linee interpretative sia pure brevemente evidenziate, sono state chiaramente recepite anche di recente da questa Corte nel ribadire il costante orientamento secondo cui in tema di rinnovazione in appello dell’istruzione dibattimentale, devono ritenersi prove “decisive”, ai fini della prognosi di cui all’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., quelle che, nella decisione di primo grado, hanno determinato o anche solo contribuito a determinare un esito liberatorio e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull’esito del giudizio di impugnazione in termini di proscioglimento o di condanna (di recente, Sez. 3, n. 45810 del 14/11/2024, P., Rv. 287215).
Applicando le coordinate ermeneutiche suindicate al caso in esame, la sentenza impugnata non ha operato una corretta applicazione dei principi illustrati sia in relazione alle fonti dichiarative non escusse nuovamente, sia in relazione alla parziale rinnovazione istruttoria dei contenuti delle fonti che ha invece deciso di riascoltare.
2.2. Con riferimento alla contestazione di cui al capo 1/E per la quale è intervenuta condanna quanto alla bancarotta impropria da operazioni dolose, la Corte non ha proceduto alla rinnovazione istruttoria di alcune fonti dichiarative che ha utilizzato con valenza decisiva a fondamento della penale responsabilità dei ricorrenti.
In particolare:
2.2.1. Il curatore fallimentare COGNOME. La sentenza impugnata nel riconoscere la penale responsabilità dei ricorrenti (p.23) utilizza numerose argomentazioni che sono state riferite nel corso dell’istruttoria dibattimentale dal curatore fallimentare, definendo siffatto apporto dichiarativo particolarmente ‘interessante’. Non vi è stata rinnovazione istruttoria sul punto.
2.2.2. Il coimputato COGNOME, il consulente della difesa COGNOME e il legale COGNOME. La motivazione della Corte territoriale si fonda sull’assunto che la operazione di scissione della società operata in data 19 maggio 2010 non poteva essere effettuata in quanto avrebbe determinato una grave sottovalutazione del debito fiscale dal momento che i ricorsi proposti per revocazione contro gli accertamenti tributari definitivi non avevano fatto venir meno i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito tributario che dunque doveva essere considerato nella sua integralità nella situazione patrimoniale e non al 50%. L’operazione di scissione con la parziale appostazione del debito tributario, che era invece irrevocabilmente maturato, avrebbe rappresentato una manovra fraudolenta nei confronti dell’Erario perché finalizzata a deprivare la società scissa delle risorse necessarie a far fronte al debito.
Sul punto, tuttavia, le dichiarazioni del coimputato COGNOME nel corso dell’istruttoria dibattimentale avevano fornito una rappresentazione del tutto diversa dell’operazione evidenzia ndo che corretta era stata la svalutazione del debito fiscale in relazione alle indicazioni fornite dal consulente COGNOME e al parere legale dell’avv. COGNOME quanto alle azioni per revocazione pendenti dinanzi alla Corte di cassazione ai fini di rivalutare la definitività del debito.
La Corte territoriale, tuttavia, ha utilizzato le dichiarazioni di tali soggetti ai fini del riconoscimento della penale responsabilità, non procedendo alla nuova escussione degli stessi.
2.2.3. Va per completezza espositiva evidenziato che le Sezioni Unite hanno -nel corso della elaborazione giurisprudenziale più volte richiamata in ipotesi di overturning sfavorevole – ravvisato la necessità della rinnovazione istruttoria anche in relazione ai contributi, purché decisivi, dei consulenti tecnici (Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112) nonché dei dichiaranti a prescindere dalle qualifiche soggettive rivestite nel processo, ivi compreso il coimputato nello stesso procedimento, fermo restando che, in questi ultimi due casi, l’eventuale rifiuto di sottoporsi all’esame non potrà comportare conseguenze pregiudizievoli per l’imputato (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267488).
2.2.4. Ad avviso del collegio non può essere accolta la richiesta di una nuova escussione del teste COGNOME dal momento che non è emerso dalla lettura della sentenza di primo grado la valorizzazione di siffatto contributo dichiarativo ai fini di una pronunzia assolutoria; né la difesa ha chiarito quali fossero eventuali
passaggi argomentativi della sentenza di primo grado in cui le dichiarazioni di COGNOME fossero state valorizzate.
2.3. Sempre in relazione al secondo motivo di ricorso- una volta ribadita la necessità per il giudice del rescissorio di procedere alla rinnovazione istruttoria in relazioni alle dichiarazioni di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME– occorre procedere ad una ulteriore verifica e cioè quella relativa all’adempimento dell’obbligo di motivazione rafforzata .
In tema di giudizio di appello, infatti, l’obbligo di motivazione rafforzata, previsto in caso di riforma della sentenza assolutoria, è concorrente, e non alternativo, con quello di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la sentenza di appello che ribalti la decisione assolutoria di primo grado, con condanna dell’imputato, postula l’adozione di una motivazione rafforzata e la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep.2023, B., Rv. 284493).
Nell’assolvimento dell’obbligo di una motivazione rafforzata in caso di ribaltamento del giudizio assolutorio, il giudice ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza e non può, invece, limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio perché preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato. (Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, COGNOME, Rv. 262907).
2.4. A seguito della rinnovazione istruttoria, dunque, la Corte territoriale dovrà fornire una risposta adeguata ad alcune circostanze di assoluto rilievo che sono state diversamente valutate o omesse a seguito del sovvertimento del giudizio di primo grado.
Un punto di rilievo attiene alla sussistenza di un rapporto di causalit à tra l’operazione di scissione e il dissesto e conseguente fallimento.
La sentenza di appello, nel ravvisare nell’operazione di scissione un’attività espressamente preordinata a deprivare la società originaria di tutte le risorse in danno dei creditori e determinare il dissesto e il conseguente fallimento, non si è confrontata e non ha fornito adeguata risposta ad una serie di circostanze affermate nella sentenza di primo grado.
2.4.1. La prima questione attiene al tema della responsabilità solidale che sussiste in ipotesi di scissione tra la società.
Secondo il disposto dell’art. 173 TUIR (d.P.R. n. 917 del 1986) gli obblighi tributari della società scissa riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l’operazione ha effetto sono adempiuti in caso di scissione parziale dalla
stessa società scissa o trasferiti, in caso di scissione totale, alla società beneficiaria appositamente designata nell’atto di scissione.
I controlli, gli accertamenti e ogni altro procedimento relativo ai suddetti obblighi sono svolti nei confronti della società scissa o, nel caso di scissione totale, di quella appositamente designata, ferma restando la competenza dell’ufficio dell’Agenzia delle entrate della società scissa. Se la designazione è omessa, si considera designata la beneficiaria nominata per prima nell’atto di scissione. Le altre società beneficiarie sono responsabili in solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi e ogni altro debito e anche nei loro confronti possono essere adottati i provvedimenti cautelari previsti dalla legge. Le società coobbligate hanno facoltà di partecipare ai suddetti procedimenti e di prendere cognizione dei relativi atti, senza oneri di avvisi o di altri adempimenti per l’Amministrazione.
Quando sia realizzata un’operazione di scissione parziale, la responsabilità per i debiti fiscali riguardanti gli anni di imposta ad essa antecedenti, prevista dall’art. 173, comma 13, d.P.R. n. 917 del 1986, e confermata, quanto alle somme dovute per violazioni tributarie, dall’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, diverge da quella riguardante le obbligazioni civili, soggetta invece ai limiti di cui agli artt. 2506-bis, comma 2, e 2506-quater, comma 3, c.c., in quanto, fermi gli obblighi erariali in capo alla scissa e alla designata, si estende non solo solidalmente, ma anche illimitatamente a tutte le società partecipanti all’operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato con detta operazione, senza che tale differente trattamento sia costituzionalmente illegittimo, siccome rispondente all’esigenza di un’agevole riscossione dei tributi nel rispetto del principio costituzionale di pareggio del bilancio e a criteri di adeguatezza e di proporzionalità, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 90 del 2018. ( ex multis Cass. civ. Sez. 5, 10/02/2021, n. 3233, Rv. 660646 – 01)
La disciplina civilistica della scissione parziale contiene – all’art. 2506-bis, comma terzo, cod. civ. – una previsione di limitazione della responsabilità solidale fra società scissa e società beneficiaria, circoscritta al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a quest’ultima, che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte non si estende al relativo regime tributario.
Per quest’ultimo, infatti, l’art. 173, commi dodicesimo e tredicesimo, del d.P.R. 31 dicembre 1986, n. 917, dispone che anche la società beneficiaria risponda degli obblighi della società scissa riferibili ad un periodo anteriore alla scissione, senza alcun limite quantitativo; inoltre, l’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 prevede espressamente che ciascuna società, in caso di scissione, resti obbligata in solido al pagamento delle somme dovute per violazioni
commesse anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetto. (di recente Cass. Sez. 3, 25/01/2024, n. 2457, Rv. 670066).
La sentenza conseguente all’annullamento con rinvio dovrà confrontarsi con siffatta disciplina e sulle ricadute che la stessa riveste nella ricostruzione che della operazione di scissione si è offerta nella impostazione accusatoria.
2.4.2. L’obbligo di motivazione rafforzata risulta inadempiuto anche in relazione ad un’ulteriore circostanza e cioè rispetto all’affermazione che la società scissa si presentasse in bonis solo da un punto di vista contabile e cartolare, laddove è mancato il confronto con gli esiti della sentenza di primo grado che ha riconosciuto la sussistenza di valori in magazzino per circa 800.000,00 euro, sussistenza ricavabile dalla intervenuta sentenza ex art.444 cod. proc. pen. nei confronti della coimputata Lupoli proprio per la condotta distrattiva di siffatte merci.
2.4.3. Egualmente a dirsi in punto di difetto di motivazione (in tal caso la motivazione è solo apparente) quanto al contributo concorsuale del COGNOME: l’imputato come risulta dalla stessa imputazione, è sempre stato solo socio della fallita ed ha ceduto le sue quote non alla coimputata ‘prestanome’ COGNOME, ma ad un altro soggetto in alcun modo coinvolto nelle vicende di bancarotta.
La sentenza non chiarisce a quale titolo sia attribuibile la condotta contestata all’imputato non essendo lo stesso qualificato quale amministratore di fatto, non avendo mai ricoperto alcuna carica formale all’interno della società e non essendo delineato un suo contributo causale quale extraneus nel reato proprio.
2.4.4. Quanto alla residua contestazione di bancarotta distrattiva di cui al capo 1 lett. F) il motivo è fondato in relazione al dedotto travisamento della prova documentale per omissione.
La condotta ha ad oggetto la distrazione di 90.000,00 euro versata dalla società fallita ai due soci mediante attribuzione di utili in assenza di una formale delibera di assemblea dei soci.
La Corte territoriale, tuttavia, ha omesso di valutare, diversamente dalla sentenza di primo grado, che la delibera assembleare del 20 dicembre 2009 esisteva ed era allegata alla consulenza tecnica di parte.
Alla data della delibera assembleare, inoltre, né COGNOME né COGNOME avevano avuto ancora conoscenza degli esiti sfavorevoli dei ricorsi per cassazione avverso le cartelle esattoriali risultando documentalmente che le sentenze furono depositate successivamente alla delibera, in data 21 dicembre 2009.
Siffatte circostanze con cui la sentenza impugnata non si è confrontata, operando un travisamento della prova per omissione con riferimento alla delibera assembleare, rivestono rilevanza in punto di sussistenza dell’elemento psicologico rispetto alla condotta contestata.
2.5. Dunque, con riferimento alle posizioni dei ricorrenti COGNOME e COGNOME la sentenza va annullata anche agli effetti penali in relazione ai reati 1/A, 1/E, 1/F con rinvio per nuovo giudizio per le ragioni in precedenza esposte.
Ricorso COGNOME
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME risulta fondato agli effetti penali nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
Molte delle ragioni a sostegno dell’accoglimento dei ricorsi presentati nell’interesse dei coimputati COGNOME possono essere utilizzate in questa sede per il coimputato COGNOME la cui posizione è ulteriormente circoscritta alla sola condotta di cui al capo 1/E.
3.1. Il primo e il secondo motivo da trattarsi congiuntamente per la evidente connessione sussistente tra gli stessi, risultano fondati.
Si intendono qui integralmente richiamate le argomentazioni di cui ai paragrafi 2. e 2.1. in punto di obblighi di rinnovazione istruttoria e di motivazione rafforzata.
3.1.1. Con specifico riguardo alla posizione del ricorrente risulta fondata la invocata violazione dell’art.603 comma 3 cod. proc. pen. nella parte in cui non si è proceduto alla rinnovazione istruttoria dell’esame dello stesso COGNOME, del consulente COGNOME e del legale COGNOME
Con specifico riferimento alla testimonianza di COGNOME va infatti evidenziato che COGNOME, amministratore per soli quattro mesi, nel valutare il debito, si era affidato al parere pro veritate d ell’avv. COGNOME in precedenza nominato che aveva fornito concrete rassicurazioni sul possibile esito favorevole delle azioni di revocazione rispetto al debito tributario accertato.
Le dichiarazioni fornite dal legale COGNOME decisive rispetto alla valutazione dell’elemento psicologico in capo al ricorrente, non sono state oggetto di rinnovazione istruttoria.
Con riferimento all’esame del consulente COGNOME anche in tal caso ad avviso del collegio, la mancata rinnovazione istruttoria si è tradotta in violazione dell’art.603 comma 3 cod. proc. pen.
Le dichiarazioni di COGNOME, infatti, hanno rivelato un dato essenziale per l’imputato COGNOME e cioè che le nuove società beneficiate risultavano, a seguito della scissione, titolari di rilevanti poste passive soprattutto nei confronti dei fornitori, circostanza del tutto inconciliabile con la ricostruzione accusatoria secondo la quale l’operazione di scissione era unicamente finalizzata a vanificare il soddisfacimento dei debiti ivi compreso quello tributario.
Dunque, anche per la posizione di COGNOME la rinnovazione istruttoria di tali apporti dichiarativi dovrà essere oggetto del giudizio di rinvio.
3.1.2. Una volta ribadita la necessità per il giudice del rescissorio di procedere alla rinnovazione istruttoria in relazioni alle dichiarazioni di COGNOME COGNOME e COGNOME occorre procedere anche in tal caso alla ulteriore verifica relativa all’adempimento dell’obbligo di motivazione rafforzata (si veda paragrafo 2.3).
A seguito della rinnovazione istruttoria, dunque, la Corte territoriale dovrà fornire una risposta adeguata ad alcune circostanze di assoluto rilievo che sono state diversamente valutate o omesse a seguito del sovvertimento del giudizio di primo grado.
La Corte del rinvio dovrà confrontarsi con le seguenti circostanze, già peraltro valorizzate per le posizioni dei ricorrenti:
-l’affermazione che la società scissa si presentasse in bonis solo da un punto di vista contabile e cartolare non si confronta con gli esiti della sentenza di primo grado che ha riconosciuto la sussistenza di valori in magazzino per circa 800.000,00 euro, sussistenza ricavabile dalla intervenuta sentenza ex art.444 cod. proc. pen. nei confronti della coimputata COGNOME proprio per la condotta distrattiva di siffatte merci in magazzino;
l’art. 173 TUIR deroga alle norme del Codice civile imponendo la solidarietà illimitata della società beneficiaria con la società scissa per i debiti erariali (par.2.4.1.);
le cartelle esattoriali sono state notificate anche alle società beneficiarie e, con riguardo all’eventuale concorso con i creditori di queste ultime cartelle esattoriali della società fallita e il credito fiscale ha natura privilegiata (privilegio generale con soddisfazione rispetto a tutti gli altri creditori).
Il giudizio rescissorio, unitamente alla rinnovazione istruttoria, dovrà confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza richiamati dando conto delle ragioni per il loro eventuale superamento.
3.2. Con riferimento, quindi, alla posizione di COGNOME la sentenza va annullata agli effetti penali in relazione al reato 1/E con rinvio per nuovo giudizio per le ragioni in precedenza esposte.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio agli effetti civili la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e, limitatamente, ai capi 1/B, 1/C e 1/G, di COGNOME Mauro, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Annulla la medesima sentenza anche agli effetti penali nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME limitatamente ai capi 1/A, 1/E e 1/F, come
rispettivamente contestati ai suddetti imputati, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2025
Il consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME