Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21481 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21481 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CASTELVETRANO il 24/11/1989
avverso la sentenza del 26/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME COGNOME COGNOME ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 116, comma 15, cod. strada.
Rilevato che il ricorrente lamenta:
I) Mancata assunzione di una prova decisiva richiesta nel corso della istruzione dibattimentale; assoluzione perché il fatto non sussiste.
II) Manifesta illogicità, mancanza di motivazione, violazione di legge in ordine alla sussistenza dello stato di necessità ex art. 54 cod. pen.; assoluzione dell’imputato perché il fatto non costituisce reato.
Considerato che la sentenza impugnata è assistita da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato, quanto al primo motivo di ricorso, che il vigente codice di rito penale pone una presunzione di completezza dell’istruttoria dibattimentale svolta in primo grado. Invero, secondo costante orientamento della Corte di legittimità, la rinnovazione, anche parziale del dibattimento, in sede di appello, ha carattere eccezionale e può essere disposta unicamente nel caso in cui il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti; inoltre la Suprema Corte ha anche ribadito che l’esercizio del potere di rinnovazione istruttoria si sottrae, per la sua natura discrezionale, allo scrutinio di legittimità, nei limit cui la decisione del giudice di appello, tenuto ad offrire specifica giustificazion soltanto dell’ammessa rinnovazione, presenti una struttura argomentativa che evidenzi -per il caso di mancata rinnovazione – l’esistenza di fonti sufficienti pe una compiuta e logica valutazione in punto di responsabilità (cfr. Sez. 6, sent. n. 40496 del 21/05/2009, Messina, Rv. 245009).
Considerato che, nel caso di specie, la Corte di appello ha dato atto, con motivazione non censurabile in questa sede, che la produzione documentale offerta dall’imputato non fosse indispensabile ai fini della decisione (cfr. quanto argomentato a pag. 2 della sentenza, in cui si legge che, pur date per veritiere le circostanze desumibili dai documenti che la difesa intendeva produrre, le stesse risultano del tutto ininfluenti ai fini della decisione).
Considerato che le deduzioni sviluppate nel secondo motivo di ricorso, dietro l’apparente prospettazione del vizio di legittimità, concernendo in realtà la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza;
considerato che la prospettazione riguardante la ricorrenza della scrinninante dell’avere agito l’imputato in stato di necessità (art. 54 cod. pen.) è del tutt generica e tendente comunque ad avvalorare una diversa ricostruzione del fatto, esclusa dai giudici di merito sulla base di argomentazioni prive di aporie logiche e aderente alle risultanze rappresentate in motivazione (cfr. quanto argomentato a pag. 3 della motivazione in ordine alla non chiara esigenza che aveva spinto il ricorrente ad accorrere nel domicilio dopo la chiamata della compagna);
ritenuto che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decision impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (da ultimo, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
ammende.
Così deciso il 20/5/2024