Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24548 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24548 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 17/01/1969
avverso la sentenza del 16/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
letta la memoria difensiva tempestivamente depositata in data 21/05/2025 con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso ribadendo le deduzioni già prospettate con l’atto di impugnazione;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 646 cod. pen 2 non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una non consentita ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, la pag. 5 della sentenza impugnata ove il collegio di appello, con congrui e non illogici argomenti, ha specificamente indicato e richiamato nel loro contenuto gli elementi di prova posti a fondamento del giudizio di responsabilità e cioè le univoche deposizioni dei testi COGNOME, COGNOME, COGNOME, riscontrate dalla documentazione acquisita);
considerato che con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione del diritto di difesa in ragione della mancata rinnovazione dell’intera istruttoria dibattimentale che avrebbe dovuto essere disposta poiché l’imputato non era stato reso edotto delle udienze svolte nel processo di primo grado dall’allora difensore di fiducia, più volte ingiustificatamente assente, così venendo pregiudicato nel proprio diritto di controesaminare i testimoni e di rendere dichiarazioni; tale doglianza è stata correttamente disattesa dal collegio di merito evidenziando che all’imputato erano stati notificati regolari avvisi in ordine alla celebrazione del processo, che nell’atto di appello non erano stati indicati gli specifici mezzi di prova da riassumere e che gli elementi probatori raccolti consentivano di pervenire a decisione, così ponendosi in linea con il principio affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello può ricorrersi solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza (Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, COGNOME, Rv. 237410; Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577);
considerato che il terzo motivo di ricorso, con il quale si contesta la violazione dell’art. 133 cod. pen ed il vizio di motivazione in punto di trattamento sanzionatorio è manifestamente infondato, dovendosi a tal proposito ricordare che
la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132
e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione non è deducibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione
non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico; nella specie risulta adempiuto l’onere argomentativo da parte della Corte di appello che ha mitigato la sanzione
irrogata dal giudice di primo grado escludendo l’aumento per la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen., pur mantenendo la pena base e gli
aumenti operati a titolo di continuazione, giustificati dalla gravità dei fatti commessi;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 3 giugno 2025.