Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7935 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 7 Num. 7935 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 22/11/1967
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza emessa il l’8 aprile 2022, il Tribunale di Bari aveva assolto COGNOME NOME dal reato di furto, aggravato dall’avere commesso il fatto su cose esposte a pubblica fede, perché il fatto non sussiste.
Con sentenza emessa il 13 giugno 2023, la Corte di appello di Bari, previa riqualificazione del fatto in furto semplice, ha riformato la pronuncia di primo grado e ha condannato l’imputato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di multa.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dalla Corte territoriale, l’imputato si sarebbe illegittimamente impossessato di alcuni prodotti, prelevandoli dal banco del supermercato dove si trovavano esposti per la vendita.
Avverso la sentenza di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il proprio difensore di fiducia.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 603 cod. proc. pen.
Sostiene che la Corte di appello avrebbe ribaltato la pronuncia di assoluzione, emessa in primo grado, senza procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 125, 544 e 546 cod. proc. pen.
Sostiene che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe «apodittica e apparente».
Deve essere evidenziato che il reato si è estinto dopo la sentenza di appello.
Invero, il termine massimo di prescrizione (pari ad anni sette e mesi sei), iniziato a decorrere il 16 dicembre 2016, risulta decorso il 16 giugno 2024, dopo
la sentenza di appello, che è stata pronunciata il 13 giugno 2023.
Appare, pertanto, determinante verificare la valida istaurazione del rapporto processuale, atteso che l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266).
Secondo il consolidato orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, la proposizione di un ricorso inammissibile non consente la costituzione di valido avvio della corrispondente fase processuale e determina la formazione del giudicato sostanziale, con la conseguenza che il giudice dell’impugnazione, in quanto non investito del potere di cognizione e decisione sul merito del processo, non può rilevare eventuali cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, 12602 del 17/12/2015, COGNOME Rv. 266818; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, COGNOME, Rv. 231164; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv.
217266; Sez. U, n. 15 del 30/06/1999, Piepoli, Rv. 213981; Sez. U, n. 21 del 11/11/1994, COGNOME, Rv. 199903).
Ebbene, nel caso in esame, il primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, non appare manifestamente infondato.
Ne segue che, in difetto dell’evidenza di cause di non punibilità riconducibili all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per sopravvenuta estinzione del reato.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso, il 29 gennaio 2025.