Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32900 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2   Num. 32900  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
inoltre:
RAGIONE_SOCIALE  IN  P.L.R.P.T.  ING.  NOME COGNOME, parte civile avverso la sentenza del 12/12/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito  il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi; udito il difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO il quale ha chiesto il rigetto o l’inammissibilità dei ricorsi, deposita ndo conclusioni e nota spese;
uditi i difensori degli imputati AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di  ricorso  e  AVV_NOTAIOto  AVV_NOTAIO,  il  quale ha  anch’egli  chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza in data 12 dicembre 2024, in riforma della pronuncia del Tribunale di Vibo Valentia del 17 dicembre 2019 che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME in ordine al reato di cui all’art. 393 cod. pen. così riqualificato il fatto allo stesso contestato, ed assolto COGNOME NOME ed COGNOME NOME per non avere commesso il fatto, dichiarava tutti i predetti imputati colpevoli del delitto di tentata estorsione in concorso, ritenuta l’aggravante di cui all’art. 416bis. 1 cod. pen. sotto il profilo del metodo mafioso e, escluse le ulteriori aggravanti dell’agevolazione mafiosa e dell’essere il fatto stato commesso da un componente dell’RAGIONE_SOCIALE, li condannava, NOME e NOME COGNOME alla pena di anni cinque di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, COGNOME NOME, concesse a quest’ultimo le attenuanti generiche, alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di multa.
1.1. Riteneva la Corte di appello di non dovere procedere ad una completa rinnovazione istruttoria, limitata alla sola audizione del collaboratore di giustizia COGNOME, vertendosi in un caso di differente qualificazione giuridica dei fatti così come esattamente ricostruiti dal giudice di primo grado; precisava, al proposito, la Corte di appello, che le condotte poste in essere dai tre imputati e culminate nell’arresto del 23 agosto 2017, integravano la fattispecie di estorsione posto che COGNOME NOME, spalleggiato dal congiunto NOME e dall’COGNOME, si era recato presso il fondo che aveva concesso in affitto ad RAGIONE_SOCIALE ove era installato un impianto fotovoltaico, per intimare ai lavoratori presenti di sospendere le operazioni di pulitura del terreno che gli competevano in via esclusiva.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica di Catanzaro e gli imputati tramite i rispettivi difensori; il pubblico ministero lamentava violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza nella parte in cui, pur essendo stata riconosciuta nelle condotte degli imputati l’aggravante del metodo mafioso, era stata esclusa invece l’agevolazione dell’RAGIONE_SOCIALE di Filogaso’ oltre che l’aggravante prevista dall’art. 629, secondo comma, cod. pen. in relazione all’art. 628, terzo comma, n. 3 cod. pen. Al
proposito deduceva che con l’atto di appello il AVV_NOTAIO della Repubblica di Catanzaro aveva specificamente richiesto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale mediante l’audizione di numerosi collaboratori di giustizia (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME) nonché di vari testimoni (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME) senza che il giudice di appello avesse fornito alcuna motivazione sul punto ed in particolare sulla decisione di non procedere alla loro audizione. Lamentava, inoltre, come l’audizione dei collaboratori avrebbe permesso di fare emergere l’esistenza dell’RAGIONE_SOCIALE, come risultava dalle varie dichiarazioni riportate nell’atto di impugnazione e che analoghe risultanze si ricavavano dalle deposizioni dei testi. Infine, la motivazione della sentenza di appello, doveva ritenersi contraddittoria ed illogica nella parte in cui aveva ammesso la natura mafiosa della condotta dei COGNOME finalizzata ad esercitare il controllo del territorio per attuare l’imposizione di ditte loro compiacenti od agli stessi riferibili, ed aveva però escluso la sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione.
AVV_NOTAIO per COGNOME NOME lamentava con distinti motivi qui riassunti:
violazione ed erronea applicazione dell’articolo 603 codice procedura penale, manifesta illogicità della motivazione e carenza della stessa, nullità dell’ordinanza del 16 gennaio 2024 con la quale la Corte di appello aveva disposto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale limitatamente alla escussione del collaboratore di giustizia COGNOME; si lamentava, in particolare, che la Corte di secondo grado non aveva disposto la rinnovazione dell’esame dell’imputato e, pur assumendo in motivazione di avere operato una diversa valutazione degli stessi fatti ricostruiti dal Tribunale aveva poi, contraddittoriamente, operato una diversa e antitetica valutazione delle prove dichiarative formulando giudizi di inattendibilità o reticenza di testi già sentiti nel corso del giudizio di primo grado. In particolare, la Corte aveva concluso per l’inattendibilità dovuta a palese reticenza della deposizione del teste COGNOME nonché per la inattendibilità motivata da palese compiacenza del teste COGNOME; peraltro, non era stata disposta la rinnovazione dell’esame degli imputati nonostante la sentenza avesse poi riservato lunghe considerazioni in ordine alla inattendibilità delle versioni dagli stessi forniti, e ciò in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite e della Corte europea dei diritti dell’uomo;
violazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 56, 629 e 393 codice penale per travisamento della prova e per manifesta illogicità e  contraddittorietà  della  motivazione;  la  Corte  di  appello  aveva  affermato  la responsabilità dell’imputato assumendo l’insussistenza di qualsiasi diritto
azionabile da parte del medesimo e ricostruendo i fatti accaduti l’11 ed il 23 agosto del 2017 ritenendo integrata l’ipotesi di tentata estorsione in concorso; e tuttavia non si era dato conto di circostanze che riscontravano la versione difensiva e cioè dell’esistenza delle piante di ulivo all’interno del parco fotovoltaico di proprietà dei COGNOME e del fatto che nel contratto di locazione l’originario conduttore era perfettamente a conoscenza che l’uliveto sarebbe stato inglobato nel campo fotovoltaico, e ciò al contrario di RAGIONE_SOCIALE che, non avendo conoscenza specifica di tale circostanza, aveva poi differentemente operato; doveva pertanto ritenersi che gli imputati avessero agito per operare la manutenzione dell’uliveto di loro proprietà, come originariamente previsto e già avvenuto negli anni precedenti quando la potatura delle piante era stata effettuata sempre a cura dei COGNOME; tale circostanza doveva ritenersi di rilievo fondamentale poiché l’attività di accesso sul terreno da parte del proprietario non era abusiva ma si svolgeva in collaborazione con i conduttori dello stesso fondo ed era stata totalmente travisata dalla Corte di appello; un ulteriore travisamento riguardava la deposizione del teste COGNOME in ordine ai fatti avvenuti l’11 agosto del 2017 che non vedevano partecipe il COGNOME NOME;
-motivazione manifestamente illogica quanto al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 416bis. 1 cod. pen.  posto che le minacce non provenivano  da  soggetto  riconosciuto  quale  associato  mafioso  da  parte  delle vittime che lo incontravano per la prima volta e non poteva essere bastevole la gravità delle minacce a fare ritenere la sussistenza della circostanza;
 violazione  di  legge  e  difetto  di  motivazione  quanto  alla  negazione  delle attenuanti generiche ed alla determinazione della pena.
AVV_NOTAIO ribadiva il primo motivo proposto nel ricorso COGNOME con la precisazione che la Corte di appello non aveva proceduto neppure alla rinnovazione dell’esame del ricorrente pur poi valutando la non attendibilità della sua dichiarazione e ciò in aperta violazione della giurisprudenza convenzionale e delle Sezioni Unite. Il secondo motivo deduceva violazione di legge ed illogicità della motivazione quanto alla ritenuta responsabilità del ricorrente sotto il profilo del concorso nelle attività estorsive e ciò benché la presenza dello stesso non si era estrinsecata in una qualsiasi condotta attiva ed il giudice di merito non aveva neppure esposto specificamente le ragioni dell’effettivo rafforzamento del proposito criminoso altrui. Il terzo ed il quarto motivo riproponevano le doglianze in tema di riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso e determinazione della pena già esposte nel ricorso COGNOME con la sola differenza che per COGNOME le attenuanti ex art. 62 bis cod. pen. erano state concesse con giudizio di sola equivalenza che si assumeva illogico.
 AVV_NOTAIO  per  COGNOME  NOME  deduceva  con  distinti  motivi  qui riassunti:
-violazione di legge e difetto di motivazione quanto al mancato riconoscimento dell’imputato da parte del teste COGNOME ritenuto rilevante dal giudice di appello nella misura in cui l’imputato era rimasto assente all’udienza del 14 gennaio 2019 impedendo così lo svolgimento dell’atto; al proposito, si lamentava che detta udienza non era destinata allo svolgimento dell’attività ricognitiva e che mai vi era stata richiesta di ricognizione formale da parte del pubblico ministero anche per udienze successive; peraltro, il COGNOME NOME, non era stato riconosciuto neppure nel corso delle indagini preliminari dal Lo COGNOME e non si comprendeva come la Corte fosse giunta alla conclusione differente circa l’episodio dell’11 agosto;
violazione ed erronea applicazione dell’articolo 603 codice procedura penale quanto  alla  mancata  rinnovazione  dell’attività  istruttoria  e  ciò  benché  nella motivazione della sentenza d’appello il giudice di secondo grado aveva compiuto una  significativa rivalutazione della  prova dichiarativa ritenendo proprio il testimone COGNOME non attendibile perché soggetto ad intimidazione;
 violazione  di  legge  e  difetto  di  motivazione  quanto  all’identificazione  di COGNOME NOME quale soggetto unico utilizzatore dell’autovettura a bordo della quale si erano mossi gli estorsori nell’episodio dell’undici agosto 2017;
 difetto  di  motivazione  per  essere  la  stessa  inesistente,  apparente  o manifestamente illogica quanto alla circostanza, ricavata dalle registrazioni delle conversazioni del 23-8-17 operate dagli agenti di polizia giudiziaria, della presenza del COGNOME NOME in occasione del precedente episodio dell’undici agosto posto che dall’elaborato peritale la frase ritenuta decisiva dal giudice di appello non si ricavava e ciò integrava un evidente travisamento della prova;
omessa valutazione da parte del giudice di appello della presenza meramente occasionale  del  ricorrente  all’episodio  del  23  agosto  come  emergeva  dalla deposizione del teste COGNOME.
Con memoria depositata in cancelleria unitamente ad allegati il difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, chiedeva dichiararsi il rigetto o l’inammissibilità del ricorso dei difensori; esponeva la difesa di parte civile l’insussistenza della lamentata violazione dell’obbligo di rinnovazione avendo il giudice di appello fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali affermati in relazione all’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen. ed essendo pervenuta al ribaltamento della decisione assolutoria sulla base dell’analisi di documenti inequivocabili, dell’interpretazione dei contratti e della valutazione di altre
dichiarazioni  pure  rese  nel  corso  dell’istruzione  dibattimentale  che  la  memoria richiamava.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il  primo  motivo  dei  ricorsi  COGNOME  NOME  ed  COGNOME  ed  il  secondo dell’impugnazione  di  COGNOME  NOME sono  fondati  e  devono,  pertanto,  essere accolti.
La disciplina dettata dall’art. 603 , comma 3bis , cod. proc. pen. nella ultima versione frutto dell’intervento di modifica introdotto con il D.Lgs . 150/2022 ( c.d. L. Cartabia) prevede espressamente che:’ nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice, ferme le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimen tale nei soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado o all’esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato a norma degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5 ‘ .
Il legislatore è nuovamente intervenuto con la riforma predetta al fine evidente di tassativizzare l’ obbligo di rinnovazione limitandone il campo applicativo; la nuova previsione contenuta nel comma 3bis dell’art. 603 cod. proc. pen. non soltanto impone la rinnovazione solo a fronte di un appello della sentenza di proscioglimento da parte del pubblico ministero (con esclusione quindi della impugnazione della parte civile) ma la subordina ad alcune specifiche circostanze che limitano fortemente il portato operativo di principi in precedenza affermati. Innanzi tutto, come peraltro già disposto nella precedente versione del comma 3bis , la rinnovazione si impone soltanto ove l’impugnazione, con motivi evidentemente specifici, abbia devoluto aspetti relativi alla interpretazione delle prove dichiarative. In secondo luogo, con previsione certamente assai specifica ed innovativa, l’obbligo di rinnovazione viene limitato espressamente ai soli casi di prove dichiarative che siano state assunte nel giudizio dibattimentale di primo grado ovvero nel giudizio abbreviato nel solo caso di integrazione probatoria.
Secondo la Relazione Illustrativa del d.lgs. 150/2022 si interviene sull’articolo 603 cod. proc. pen. inserendo il nuovo comma 3bis , prevedendo una limitazione a  casi  specifici  per  rinnovare  l’istruttoria  dibattimentale  in  appello  anche  per  il ricorso proposto dal pubblico ministero e non solo da quello proposto dalle parti.
La  volontà  di  ricondurre  l’obbligo  di  rinnovazione  in  appello  nel  caso  di impugnazione della sentenza assolutoria di primo grado al canone dell’immediatezza tra giudice della condanna e prova appare pertanto evidente così che solo nei casi specificamente previsti dalla nuova disposizione il giudice di
appello,  che  agisce  nella  possibile  prospettiva  della  riforma  della  decisione assolutoria  di  primo  grado  emessa  a  seguito  di  rito  ordinario  od  abbreviato condizionato a prove dichiarative, deve comunque rinnovare gli esami testimoniali dei soggetti le cui dichiarazioni vengono poste a fondamento della decisione degli imputati e degli imputati che abbiano anche essi reso dichiarazioni su temi devoluti con il gravame.
Va poi precisato che, ove a fronte dell’impugnazione della sentenza assolutoria emessa all’esito di rito ordinario dibattimentale , il giudice di appello intenda dare al fatto una diversa qualificazione giuridica rispetto a quella operata in primo grado, se detta conclusione sia – in parti decisive o quanto meno rilevanti -fondata sulla diversa valutazione di prove dichiarative, deve anche in tal caso procedere a rinnovazione. Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affermare come sussiste l’obbligo di rinnovare l’esame dei dichiaranti – oltre a quello di motivazione rafforzata – nel caso di diversa qualificazione giuridica del fatto in senso peggiorativo, conseguente alla difforme valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, non valendo ad escludere un tale obbligo il fatto che, in tal caso, la sentenza riformata contenesse un giudizio di colpevolezza dell’imputato (Sez. 6, n. 14444 del 21/02/2023, P., Rv. 284579 03; Sez. 1, n. 53601 del 02/03/2017, Dantese, Rv. 271638 – 01; Sez. 1, n. 29165 del 18/05/2017, H., Rv. 270280 – 01); ne consegue affermarsi che, ove il giudice di primo grado abbia prosciolto per difetto di querela gli imputati dal reato di estorsione loro contestato riqualificando il fatto in esercizio arbitrario, il giudice di secondo grado, che su appello del pubblico ministero riconosca l’originaria più grave imputazione, deve procedere alla rinnovazione ove giunga a detta conclusione sulla base di una difforme valutazione di prove dichiarative decisive o, quanto meno, rilevanti nel percorso logico che conduce all’affermazione di responsabilità
2.1. Il suddetto principio non contrasta con quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudice d’appello che, diversamente qualificando il fatto, procede alla ” reformatio in peius ” della sentenza di primo grado non è tenuto, ai sensi dell’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, nel caso in cui si limiti a una diversa valutazione, in termini giuridici, di circostanze di fatto non controverse, senza porre in discussione le premesse fattuali della decisione riformata (Sez. 2, n. 3129 del 30/11/2023, dep. 2024, Casoppero, Rv. 285826 – 01) e ciò perché, per espressa previsione, tale evenienza è collegata alla sussistenza di sole circostanze di fatto non controverse e non di difforme valutazione in secondo grado.
2.2.  L ‘applicazione  dei  sopra  esposti  principi  al  caso  in  esame  comporta proprio l’accoglimento dei diversi motivi di ricorso formulati dalle difese posto che la Corte di appello di Catanzaro, pur avendo premesso di non essere tenuta alla rinnovazione  essendosi  limitata  ad  una  differente  valutazione  delle  medesime circostanze di fatto, ha poi, contraddittoriamente, in motivazione affermato:
che il mancato riconoscimento del COGNOME NOME ad opera del teste COGNOME quanto all’episodio dell’11 agosto era frutto della reticenza dello stesso che ‘trova spiegazione nella situazione ambientale’ (pagina 8) e ciò sebbene il giudice di primo grado avesse sottolineato a pagina 12 della motivazione la rilevanza dello stesso  mancato  riconoscimento  affermando  che  COGNOME  aveva  negato  di riconoscere in alcuno dei presenti uno degli autori dei fatti;
-che le dichiarazioni rese dall’imputato COGNOME NOME in sede dibattimentale di primo grado circa le ragioni della sua presenza il giorno 23 agosto sul terreno concesso in affitto (riassunte a pagina 10 della sentenza di appello) dovevano  ritenersi  non  attendibili  perché  difformi  a  quanto  riferito  durante l’interrogatorio di garanzia e non giustificate dalla presenza di piante di ulivo nel fondo che continuava a coltivare;
che le dichiarazioni del teste COGNOME (pagina 11) e secondo cui NOME COGNOME negli anni precedenti aveva continuato ad occuparsi della potatura degli ulivi dovevano ritenersi compiacenti e ciò benché il tribunale di primo grado nella sua motivazione (pagina 14) avesse espressamente ritenuto che tale rilevante deposizione aveva confermato proprio quanto riferito dall’imputato COGNOME NOME in relazione alla cura da parte degli stessi in via esclusiva dei lavori di pulitura e potatura nel terreno;
-che anche le giustificazioni fornite dall’imputato COGNOME circa le ragioni della sua presenza sui luoghi ‘non sono suffragate da convincenti elementi di riscontro’ (pagina 17) poiché detta versione non risultava confermata da quella di COGNOME NOME nel corso dell’interrogatorio di garanzia.
Trattasi con evidenza di una congerie di valutazioni difformi rispetto a quelle operate in primo grado che hanno ad oggetto proprio la circostanza fondamentale del processo e cioè accertare se i COGNOME si fossero recati su quel fondo, come già avvenuto in passato, di proprietà di NOME e da questi concesso in affitto ad RAGIONE_SOCIALE sul quale insisteva un campo fotovoltaico, con la pretesa o anche con la sola soggettiva convinzione di potere attuare la pulizia dello stesso e la potatura degli ulivi.
Circostanza  questa  che,  nella  valutazione  del  Tribunale,  appare  trovare conferma nella lettura testuale del contratto concluso tra le parti interpretato in senso totalmente opposto dalla Corte di appello che riporta il punto 1.8 del negozio privato  e  che  non  sembra però confermare la lettura datane nella decisione di
riforma quanto ai poteri di accesso sul fondo da parte del proprietario pur nel corso del rapporto di locazione.
Così che sia l’esame degli imputati circa le ragioni della loro presenza che quelle dei testimoni che avevano effettuato riconoscimenti ovvero spiegato le causali dei loro interventi non possono ritenersi frutto di una diversa valutazione giuridica delle stesse circostanze di fatto avendo, invece, Tribunale e Corte di appello, ricostruito gli episodi ed interpretato il contratto in maniera totalmente differente, poiché, mentre il giudice di primo grado aveva affermato che dette prove dichiarative avevano di mostrato che la ‘manutenzione e la pulizia delle piante presenti sul campo era lasciata ai proprietari’ (vedi pagin e 14-15), la Corte di appello giungeva a conclusioni totalmente difformi.
2.3. Inoltre, ulteriore difformità si ravvisa in ordine alle posizioni di COGNOME NOME e di COGNOME che secondo il Tribunale dovevano essere assolti per non avere commesso  il  fatto  ‘in  quanto  le  prove  raccolte  in  dibattimento  si  limitano  ad attestare la mera presenza degli stessi suoi luoghi’ , mentre, la Corte di appello, ha  ritenuto  concorrenti  nel  reato  di  tentata  estorsione  aggravata  svalutando  i medesimi elementi valorizzati in primo grado.
Si impone pertanto l’ annullamento con rinvio della decisione impugnata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, con obbligo per il nuovo giudice di appello di procedere a rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nella prospettiva del ribaltamento della sentenza di proscioglimento in primo grado oltre che ad un nuovo ed attento esame del contratto di affitto del fondo.
Infondato appare il gravame del pubblico ministero poiché ove si valuti pur concreto l’interesse al riconoscimento anche dell’aggravante sotto il profilo dell’agevolazione, la sua esistenza risulta smentita dalla stessa pronuncia di appello di condanna sulla base di precise e specifiche argomentazioni in fatto esposte alle pagine 19-20 della sentenza medesima, che sottolineano come i fatti siano avvenuti per la realizzazione di un interesse personale dei COGNOME e non di una ipotetica consorteria mafiosa. Ne consegue che, anche nella stessa prospettiva della pronuncia di condanna, le condotte poste in essere risultano attuate dai COGNOME nel proprio interesse avente ad oggetto un terreno di propria pertinenza e tale statui zione integra un’ipot esi di doppia conforme, essendo coincidente con le conclusioni del giudice di primo grado. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile sotto questo profilo nella presente sede, non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti
compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.
Viene riservata al definitivo la liquidazione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
Annulla la  sentenza  impugnata nei confronti di COGNOME  NOME,  di  COGNOME NOME e di COGNOME NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. Rigetta il ricorso del pubblico ministero. Riserva al definitivo la liquidazione delle  spese sostenute nel grado dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE
Roma, 25 settembre 2025
IL CONSIGLIERE AVV_NOTAIO NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME