Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11616 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11616 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Caserta il 07/12/1985, avverso la sentenza in data 12/03/2024 della Corte di appello di Napoli; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; NOME COGNOME che ha chiesto, sentito il difensore dell’imputato, avv.to in accoglimento del ricorso, l’annullamento dell’impugnata sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 12/03/2024, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui, il precedente 12/05/2021, il Tribunale di Nola aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine al delitto di omicidio colposo pluriaggravato contestatogli e, per l’effetto, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Nello specifico, il predetto è stato giudicato penalmentè responsabile del decesso di NOME COGNOME, avvenuto in conseguenza del ribaltamento e del violento impatto contro un muretto che delimitava la carreggiata dell’auto AUDI Al, targata TARGA_VEICOLO, alla cui guida si trovava.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazion il difensore del COGNOME, avv.to NOME COGNOME che ha articolato due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la mancata assunzione di prova decisiva e, in specie, l’omessa acquisizione della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel giudizio civile e l’omessa escussione del consulente ivi nominato.
Sostiene al riguardo che la Corte territoriale, sollecitata ad acquisire, ai sensi dell’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., l’indicata consulenza tecnica d’ufficio, che individua nell’imputato il soggetto trasportato e non il conducente dell’auto, aveva disatteso la richiesta sul triplice ed erroneo rilievo che l’atto in questione non avrebbe natura di prova in senso tecnico, ma costituirebbe, piuttosto, un elemento valutativo formatosi in un diverso giudizio, che ne sarebbero evidenti la superfluità e l’irrilevanza e che di esso l’appellante non si era riservato l produzione con l’atto di gravame, così obliterando, per un verso, l’evidente natura di prova documentale di tale consulenza, non apprezzando, per altro verso, la sua decisività, a fronte di divergenti ricostruzioni della dinamica del sinistro effettuate dalle parti e non tenendo conto, per altro verso ancora, del fatto che trattasi di prova sopravvenuta o, comunque, scoperta dopo la definizione del giudizio di primo grado, sottratta, pertanto, alla regolamentazione di cui all’art. 603, comma 1, cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., di vizio di motivazione per carenza e contraddittorietà.
Sostiene in proposito che, a fronte delle incerte conclusioni cui si sarebbe pervenuti nella consulenza tecnica del pubblico ministero in punto di individuazione del conducente dell’auto, l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, contenuta nella decisione oggetto d’impugnativa, non riposerebbe sul superamento di ogni ragionevole dubbio, mentre, d’altro canto, il possibile diverso esito del coevo giudizio civile sarebbe suscettibile di condurre, in futuro, alla revisione del processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è manifestamente infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
2. Destituito di fondamento è, innanzitutto, il primo rnotivc di ricorso, con cui si lamenta la mancata assunzione di prove decisive e, segnatamente, l’omessa acquisizione della consulenza tecnica d’ufficio disposta rel giudizio civile – che individua nell’imputato il soggetto trasportato e non il conducente dell’auto – e l’omessa escussione del consulente ivi nominato, sostenendo che la decisione sul punto della Corte territoriale si fonderebbe sul triplice ed erroneo assunto che tale consulenza non avrebbe natura di prova in senso tecnico, ma costituirebbe un mero elemento valutativo formatosi in un diverso giudizio, che ne sarebbero evidenti la superfluità e l’irrilevanza ai fini decisori e che di esso l’appellante non si era riservato la produzione con l’atto di gravame.
Ritiene il Collegio che la doglianza dedotta con il motivo in disamina non coglie nel segno, non riscontrandosi, nel caso di specie, la mancata assunzione di una prova decisiva.
In tema, deve preliminarmente evidenziarsi che il motivo articolato risulta, in astratto, idoneo a far valere la lamentazione prospettata, avendo chiarito, ormai da tempo, la Suprema Corte che «La mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello può costituire violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado» (così: Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 274337-01).
Tanto premesso, si rileva che, nel caso di specie, la Corte territoriale ha ricostruito la dinamica del sinistro, valendosi, innanzitutto, degli accertamenti eseguiti, in loco, dal personale di polizia, che ebbe modo di constatare de visu che l’imputato era ancora seduto al posto di guida dell’auto, arrestatasi, in esito al ribaltamento, con la fiancata sinistra a diretto contatto col piano stradale.
I giudici di merito hanno, d’altro canto, evidenziato che confortano la tesi secondo cui il predetto era il conducente del mezzo le risultanze della consulenza tecnica del pubblico ministero, essendosi chiarito che la fuoriuscita dall’abitacolo, attraverso il tettuccio, del corpo del passeggero era stata resa possibile dalla maggiore distanza dello stesso rispetto al punto d’impatto dell’auto, fattore che, in uno al mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, aveva favorito la sua più agevole mobilità.
La Corte di appello ha chiarito, ancora, che riscontravano ulteriormente la recepita ricostruzione dell’accaduto gli esiti della consulenza medico-legale eseguita sulle persone coinvolte nel sinistro, essendo risultate le lesioni su di esse rilevate del tutto compatibili con il rispettivo posizionamento all’interno dell’abitacolo.
Né difetta nell’impianto motivazionale della Corte territoriale un’argomentata confutazione della fondatezza della diversa ricostruzione dell’accaduto contenuta
nella consulenza tecnica della difesa, a mente della quale l’imputato non sarebbe stato alla guida dell’auto, ma si sarebbe trovato a bordo del a medesima in qualità di passeggero.
A fronte del motivato recepimento dell’impostazione accusatoria, i giudici di merito, pur non essendone obbligati, hanno, poi, avuto cura di motivare, in maniera concisa, ma esaustiva, la denegata acquisizione della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel giudizio civile, sostenendo che questa risultava superflua e, quindi, irrilevante ai fini decisori, perché intrinsecamente carente del carattere di novità, richiesto per far luogo alla rinnovazione istruttoria ex art. 603, comma 2, cod. proc. pen., attesa la coincidenza delle conclusioni cui si era pervenuti in tale elaborato con quelle rassegnate, nello scritto a sua firma, dal consulente tecnico della difesa.
Orbene, tale asserto risulta pienamente rispettoso della previsione della citata disposizione normativa e in linea con l’interpretazione offertane dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, essendosi chiarito ormai da tempo che «In caso di sopravvenienza o scoperta di nuove prove dopo il giudizio di primo grado, il giudice di appello, in presenza di istanza di parte, è tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento, con il solo limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti» (così ex multis: Sez. 1, n. 39663 del 07/10/2010, COGNOME e altro, Rv. 24843701, 274337-01, nonché Sez. 2, n. 31065 del 10/05/2012, COGNOME e altri, Rv. 253526-01 e Sez. 6, n. 29137 del 05/05/2004, COGNOME ed altri, Rv. 22945201).
Palesemente infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di vizio di motivazione per carenza e contraddittorietà, sostenendo che, in presenza di conclusioni incerte, quali quelle rassegnate nella consulenza tecnica del pubblico ministero in ordine all’individuazione del conducente dell’auto, l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, contenuta nella decisione gravata, non riposerebbe sul superamento di ogni ragionevole dubbio e, per altro verso, che il possibile esito diverso del coevo giudizio civile potrebbe ben condurre, in futuro, alla revisione del processo.
Ritiene il Collegio che la doglianza fatta valere con il motivo de quo sia caratterizzata da un’assoluta genericità intrinseca, posto che, a fronte di un argomentato lineare della Corte di appello, in cui sono evidenzike con chiarezza le ragioni per le quali si reputa condivisibile la ricostruzione dèlla dinamica del sinistro operata dal consulente della parte pubblica, non sono specificamente indicati i punti della decisione rispetto ai quali si vuole permangano profili di
incertezza tali da far ritenere che l’affermazione di penale resPonsabilità non poggi sul necessario superamento di ogni ragionevole dubbio.
D’altro canto, deve pure rilevarsi che la lamentazione in disamina si risolve in un’inammissibile richiesta di rivalutazione dei fatti, dei quali si sollecita una ricostruzione alternativa a quella fatta propria dalla Corte di appello.
È però ben noto che il giudice di legittimità non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, essendogli preclusa, in radice, la rivalutazione dell’accadimento fattuale.
Né conduce a diversa conclusione lo scrutinio dell’ulteriore lamentazione agitata con il motivo di cui trattasi, imperniata sul possibile futuro contrasto tra giudicati, costituendo, allo stato, tale accadimento una mera eventualità.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/02/2025