Rinnovazione dell’istruttoria in Appello: I Limiti Fissati dalla Cassazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato i rigidi paletti che limitano la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, chiarendo ancora una volta la distinzione fondamentale tra il giudizio di merito e quello di legittimità. La pronuncia nasce dal ricorso di un imputato condannato per un grave reato, che chiedeva alla Suprema Corte di rimettere in discussione sia le prove sia le valutazioni dei giudici precedenti. L’esito è stato una declaratoria di inammissibilità, che offre importanti spunti di riflessione sui poteri della Cassazione.
I Fatti del Caso e i Motivi del Ricorso
Il caso riguardava un soggetto condannato in appello per il delitto previsto dall’art. 648-bis del codice penale. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione basandosi su due principali motivi:
1. Violazione di legge per mancata rinnovazione dell’istruttoria: Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe dovuto riaprire la fase di raccolta delle prove (ex art. 603 c.p.p.) prima di decidere.
2. Vizio di motivazione: L’imputato contestava la correttezza del ragionamento logico-giuridico che aveva portato i giudici a ritenerlo responsabile del reato.
In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte di intervenire su aspetti centrali della valutazione probatoria, un terreno tradizionalmente riservato ai primi due gradi di giudizio.
La Decisione della Corte sulla Rinnovazione dell’Istruttoria
La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo definendolo ‘manifestamente infondato’. Gli Ermellini hanno richiamato un principio consolidato nella giurisprudenza: la rinnovazione dell’istruttoria in appello non è un diritto dell’imputato, ma un potere eccezionale del giudice.
Questo strumento processuale può essere utilizzato solo quando il collegio giudicante ritiene di ‘non poter decidere allo stato degli atti’. Tale condizione si verifica unicamente in due casi:
– Quando i dati probatori già acquisiti sono incerti.
– Quando l’incombente richiesto è ‘decisivo’, cioè capace di eliminare le incertezze o di inficiare ogni altra risultanza.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva invece ritenuto di avere a disposizione elementi probatori ‘solidi’ e sufficienti per fondare la dichiarazione di responsabilità, rendendo superflua qualsiasi ulteriore attività istruttoria.
Il Divieto di ‘Rilettura dei Fatti’ nel Giudizio di Legittimità
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Cassazione ha spiegato che contestare la correttezza della motivazione con cui un giudice di merito è giunto al suo convincimento equivale a chiedere una nuova e diversa ricostruzione dei fatti.
Questa operazione, però, è preclusa in sede di legittimità. Il ruolo della Suprema Corte non è quello di un ‘terzo giudice’ che può riesaminare le prove, ma quello di un ‘giudice della legge’, che deve limitarsi a verificare la corretta applicazione delle norme e la coerenza logica della motivazione, senza entrare nel merito delle scelte valutative.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha ribadito che esula dai suoi poteri una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione. La valutazione delle prove è riservata in via esclusiva al giudice di merito, che ha esplicitato le ragioni del suo convincimento con una motivazione esente da vizi logici e giuridici. Il ricorso, su questo punto, si risolveva in ‘mere doglianze in punto di fatto’, un tentativo non consentito di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione del materiale probatorio.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione in esame conferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rimettere in discussione i fatti. La richiesta di rinnovazione dell’istruttoria deve essere ancorata a una reale e oggettiva necessità probatoria, non al semplice dissenso dell’imputato rispetto all’esito del processo. Per la Suprema Corte, il confine tra controllo di legittimità e valutazione di merito è invalicabile, a garanzia della certezza del diritto e della corretta ripartizione dei compiti tra i diversi organi giurisdizionali.
Quando è possibile chiedere la rinnovazione dell’istruttoria nel processo di appello?
La rinnovazione dell’istruttoria può essere disposta dal giudice d’appello solo in via eccezionale, quando ritiene di non poter decidere sulla base delle prove già raccolte perché incerte e solo se la nuova prova richiesta è decisiva per risolvere tale incertezza.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, il che significa che il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione, senza poter entrare nel merito della valutazione delle prove o della ricostruzione dei fatti, attività riservate ai giudici di primo grado e d’appello.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a criticare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Tali critiche sono considerate ‘mere doglianze in punto di fatto’ e non sono consentite nel giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in una nuova valutazione del merito della causa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45740 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45740 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a FOGGIA il 13/07/1985
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME osservato che il primo motivo di ricorso che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattiment ex art. 603 cod. proc. pen. è manifestamente infondato, poiché prospetta enuncia ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità la quale «alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello, di cui all’a comma primo, cod. proc. pen., può ricorrersi solo quando il giudice ritenga “di poter decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilità unica quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombe richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le even incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni al risultanza» (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577; Sez. 3, 35372 del 23/05/2007, COGNOME, Rv. 237410);
che, nel caso di specie, il giudice di appello ha indicato, con congrui e illogici argomenti, i solidi elementi probatori posti a base della dichiarazi responsabilità per il delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen. (cfr. pag. 2);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che contesta la correttezza dell motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il delitto d all’art. 648-bis cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criter valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motiva esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincime veda, in particolare, pag. 2), che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘ril degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 64 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
che, inoltre, il suddetto motivo non è consentito dalla legge in sede legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile co condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.