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Rimodulazione pena stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva la rideterminazione della pena per reati legati agli stupefacenti. La richiesta si basava su una sentenza della Corte Costituzionale che aveva abbassato il minimo edittale. Tuttavia, la Cassazione ha stabilito che la rimodulazione pena stupefacenti non è applicabile, poiché la sentenza originale era già stata emessa sulla base di una cornice sanzionatoria conforme e quindi costituzionalmente legittima, rendendo irrilevante l’intervento successivo della Consulta.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rimodulazione Pena Stupefacenti: Quando la Legge Precedente Salva la Sentenza

L’argomento della rimodulazione pena stupefacenti è tornato al centro del dibattito giuridico con una recente ordinanza della Corte di Cassazione. La decisione analizza il caso di un condannato che, forte della sentenza n. 40 del 2019 della Corte Costituzionale, chiedeva una riduzione della propria pena. La Suprema Corte, tuttavia, ha respinto il ricorso, stabilendo un importante principio sulla non applicabilità della rideterminazione sanzionatoria quando la pena originaria sia stata inflitta sulla base di una cornice edittale già conforme ai principi costituzionali.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Riduzione della Pena

Il ricorrente era stato condannato in via definitiva a una pena di otto anni e sei mesi di reclusione per violazioni della legge sugli stupefacenti. La sua difesa sosteneva che la pena base fosse stata individuata partendo dal minimo edittale di otto anni, minimo poi dichiarato incostituzionale dalla Consulta con la celebre sentenza n. 40 del 2019, che lo ha ridotto a sei anni. Di conseguenza, si chiedeva al giudice dell’esecuzione di procedere a una nuova e più favorevole valutazione sanzionatoria.

La Rimodulazione Pena Stupefacenti e la Sentenza della Consulta

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 40/2019, ha inciso profondamente sull’art. 73 del d.P.R. 309/1990, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui prevedeva una pena minima di otto anni anziché di sei per alcuni reati legati al traffico di droga. Questo intervento ha aperto la strada a numerose richieste di rimodulazione pena stupefacenti in executivis, ovvero per sentenze già passate in giudicato.

Il principio generale, confermato dalla stessa Cassazione in precedenti pronunce (come la sentenza ‘Bledar’), stabilisce che il giudice dell’esecuzione deve rinnovare la valutazione sanzionatoria, riducendo la pena, a meno che la condanna originaria non fosse già stata fissata al massimo edittale o in una misura ad esso prossima.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché il Ricorso è Inammissibile

Nonostante il principio generale, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione risiede in un’attenta analisi della normativa vigente al momento della sentenza di condanna. I giudici hanno evidenziato che la Corte d’Appello, nel determinare la pena, non aveva applicato la norma poi dichiarata incostituzionale, bensì una disciplina transitoria introdotta dal d.l. n. 146 del 2013.

Questa normativa stabiliva già una pena edittale minima di sei anni di reclusione e una massima di venti anni. Di fatto, la ‘forbice edittale’ utilizzata dal giudice di merito era già perfettamente coincidente con quella risultante, anni dopo, dalla pronuncia della Corte Costituzionale. L’applicazione delle norme e dei principi da parte della Corte di Appello di Venezia è stata quindi ritenuta ineccepibile, logica e coerente. La sentenza di condanna non era affetta da alcuna ‘alterazione patologica’ derivante dall’applicazione di una norma incostituzionale, perché tale norma non era stata, di fatto, applicata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza della Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti della rimodulazione pena stupefacenti. La retroattività della declaratoria di incostituzionalità non opera in modo automatico. È necessario verificare quale fosse la ‘cornice sanzionatoria’ concretamente applicata dal giudice della cognizione. Se tale cornice era già conforme ai dettami costituzionali, per effetto di una normativa specifica e precedente all’intervento della Consulta, non vi è spazio per alcuna rideterminazione della pena in fase esecutiva. La decisione sottolinea l’importanza di un’analisi puntuale della cronologia legislativa per valutare la fondatezza di simili istanze.

È sempre possibile ottenere una riduzione della pena per reati di droga dopo la sentenza n. 40/2019 della Corte Costituzionale?
No. La Cassazione chiarisce che la riduzione non è dovuta se la pena originaria è stata determinata sulla base di una ‘forbice edittale’ (un minimo e un massimo di pena) che era già conforme a quella introdotta dalla sentenza della Corte Costituzionale, anche se per via di una legge precedente.

Perché la Corte ha respinto la richiesta di rimodulazione in questo caso specifico?
Perché la Corte territoriale, nel commisurare la pena, aveva già fatto riferimento a una normativa (d.l. n. 146/2013) che prevedeva un minimo edittale di sei anni di reclusione, esattamente come poi stabilito dalla Corte Costituzionale. La pena inflitta, pur essendo superiore al minimo, rientrava in una cornice sanzionatoria già legittima.

Qual è il principio generale per la rideterminazione della pena in seguito a una declaratoria di incostituzionalità?
Il giudice dell’esecuzione deve rinnovare la valutazione sanzionatoria e ridurre la pena, a meno che non si dimostri che la pena originale sia stata determinata nel massimo edittale o in misura molto prossima al massimo. In questo caso specifico, però, la forbice edittale applicata in origine era già costituzionalmente legittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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