Rimedio Risarcitorio per Detenzione Inumana: Un Caso alla Corte di Cassazione
Il tema delle condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari è una questione centrale per la tutela dei diritti fondamentali. La legge italiana prevede uno specifico rimedio risarcitorio per i detenuti che subiscono trattamenti contrari al senso di umanità. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un detenuto che si era visto negare in prima istanza tale strumento, portando la questione all’attenzione dei giudici di legittimità.
I Fatti: Anni di Detenzione in Condizioni Disumane
Il caso nasce dal reclamo di un detenuto che ha lamentato di aver subito condizioni detentive inumane e degradanti per un lungo periodo. La sua richiesta di risarcimento si basava su due elementi principali: il grave sovraffollamento delle celle e l’obbligo di rimanervi confinato per gran parte della giornata. Queste condizioni si sarebbero verificate non in un solo istituto, ma in una pluralità di carceri italiane, tra cui quelle di Napoli, Viterbo, Spoleto, Cuneo, Palermo e Milano, oltre a quella di L’Aquila, dove era attualmente recluso.
Il detenuto ha quindi attivato la procedura prevista dall’art. 35-ter della legge sull’ordinamento penitenziario, chiedendo una riduzione della pena come compensazione per la violazione dei suoi diritti fondamentali, garantiti dall’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu).
La Decisione del Magistrato di Sorveglianza
In prima istanza, il Magistrato di sorveglianza di L’Aquila ha esaminato il reclamo, ma ha deciso di non entrare nel merito della questione. Con un’ordinanza, ha dichiarato la richiesta del detenuto “inammissibile”.
Una declaratoria di inammissibilità significa che il giudice ha riscontrato un vizio, solitamente di natura procedurale o formale, che impedisce l’analisi della fondatezza della richiesta. In pratica, la domanda è stata respinta prima ancora di poter valutare se le condizioni di detenzione fossero effettivamente inumane.
Il Ricorso in Cassazione e l’Importanza del Rimedio Risarcitorio
Contro la decisione di inammissibilità, il detenuto ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione. La questione sottoposta ai giudici supremi è di cruciale importanza: stabilire se il rigetto in via preliminare fosse corretto o se, al contrario, il Magistrato di sorveglianza avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio le lamentele sulle condizioni di detenzione.
Il rimedio risarcitorio è stato introdotto nell’ordinamento italiano proprio per dare una risposta effettiva alle condanne subite dall’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per il problema sistemico del sovraffollamento carcerario.
La Violazione dell’Art. 3 Cedu
L’articolo 3 della Cedu vieta la tortura e i trattamenti inumani o degradanti. La giurisprudenza europea ha stabilito criteri precisi per valutare la violazione di tale norma in ambito carcerario. Uno dei parametri più noti è quello dello spazio individuale a disposizione del detenuto: una superficie inferiore a 3 metri quadrati netti per persona in una cella collettiva crea una forte presunzione di violazione.
Le Motivazioni della Decisione
Nell’esaminare un caso di questo tipo, la Corte di Cassazione è chiamata a un bilanciamento tra il rigore delle norme procedurali e la necessità di garantire una tutela sostanziale ed efficace dei diritti fondamentali. Una decisione di inammissibilità, sebbene legittima in presenza di vizi procedurali, rischia di vanificare la funzione stessa del rimedio risarcitorio introdotto con l’art. 35-ter.
La Corte deve quindi valutare se i motivi che hanno portato il Magistrato di sorveglianza a dichiarare l’inammissibilità siano così gravi da prevalere sul diritto del detenuto a ottenere un esame nel merito delle sue doglianze. Spesso, l’inammissibilità può derivare da questioni come la genericità della richiesta o la mancata specificazione dei periodi esatti di detenzione in ciascun istituto. Tuttavia, la giurisprudenza tende a richiedere al giudice di favorire, per quanto possibile, una decisione nel merito quando sono in gioco diritti inviolabili della persona.
Conclusioni
La pronuncia della Corte di Cassazione in questo caso assume un rilievo che va oltre il singolo ricorso. Essa contribuisce a definire i contorni applicativi del rimedio risarcitorio e a stabilire fino a che punto i formalismi procedurali possano cedere il passo di fronte alla necessità di accertare la violazione di un diritto fondamentale come quello a una detenzione dignitosa. Una decisione che riafferma la necessità di un esame approfondito delle istanze dei detenuti rafforza la credibilità dello strumento risarcitorio e conferma l’impegno dello Stato a conformarsi agli standard europei di tutela dei diritti umani.
Per quale motivo il detenuto ha presentato reclamo?
Il detenuto ha presentato reclamo per ottenere una riduzione della pena a titolo di rimedio risarcitorio, sostenendo di aver subito una condizione detentiva inumana a causa del sovraffollamento e della prolungata permanenza in cella in diverse carceri.
Qual è la base giuridica per la richiesta di rimedio risarcitorio?
La richiesta si fonda sull’art. 35-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, che prevede un rimedio per i detenuti che hanno subito un pregiudizio a causa di condizioni di detenzione in violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu).
Qual è stata la decisione del Magistrato di sorveglianza di L’Aquila?
Il Magistrato di sorveglianza ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dal detenuto, di fatto respingendo la sua richiesta senza entrare nel merito delle condizioni lamentate.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27619 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27619 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2353/2025
CC – 08/07/2025
R.G.N. 16909/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 14/03/2025 del GIUD. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Magistrato di sorveglianza di L’Aquila ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da NOME COGNOME ai sensi dell’art. 35ter legge 26 luglio 1975, n. 354, avverso il provvedimento che aveva disatteso l’istanza di riduzione della pena detentiva a titolo di rimedio risarcitorio, in ragione della violazione dell’art. 3 Cedu, per esser stato egli costretto a subire – tanto all’interno della locale Casa circondariale, quanto negli altri istituti indicati nella richiesta stessa (Napoli Poggioreale, Viterbo, Spoleto, Cuneo, Palermo Ucciardone e Milano Opera) – una condizione detentiva inumana, a causa del sovraffollamento e del fatto di esser costretto a permanere, per gran parte della giornata, all’interno della propria cella.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME