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Rimedi risarcitori 35 ter: Cassazione chiarisce i limiti

Un detenuto ricorre in Cassazione dopo il rigetto parziale della sua richiesta di compensazione per le condizioni di detenzione. La Suprema Corte respinge il ricorso, specificando che i rimedi risarcitori ex art. 35 ter ord. pen. non possono essere riesaminati nel merito in sede di legittimità. Il sindacato della Corte è limitato alla violazione di legge, che include la motivazione assente o apparente, ma non la sua manifesta illogicità, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rimedi risarcitori 35 ter: la Cassazione traccia i confini del ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10603/2024, è tornata a pronunciarsi sui rimedi risarcitori 35 ter dell’ordinamento penitenziario, delineando con precisione i limiti del sindacato di legittimità sulle decisioni dei tribunali di sorveglianza. Il caso in esame riguarda il ricorso di un detenuto che lamentava condizioni di detenzione inumane e degradanti, in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

I Fatti del Caso

Un detenuto, recluso in diverse case di reclusione italiane in regime differenziato ex art. 41 bis, presentava un reclamo per ottenere i benefici previsti dall’art. 35 ter ord. pen. a causa delle presunte condizioni carcerarie lesive della sua dignità. Il Tribunale di Sorveglianza, investito della questione, aveva parzialmente accolto la sua domanda, riconoscendogli una riduzione di pena di 329 giorni per un determinato periodo di detenzione, ma rigettando le richieste per altri periodi trascorsi in diversi istituti penitenziari come Pianosa, Parma e Milano Opera. Il detenuto, ritenendo errata e carente la motivazione del Tribunale, proponeva ricorso per Cassazione, denunciando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettandolo nel complesso. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione può annullare un provvedimento solo per violazione di legge, nozione che include la motivazione inesistente o meramente apparente, ma non per una presunta illogicità manifesta della stessa. In sostanza, il compito della Corte non è rivalutare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma verificare che quest’ultimo abbia seguito un percorso logico-giuridico comprensibile e coerente.

Le Motivazioni della Sentenza sui rimedi risarcitori 35 ter

Il cuore della pronuncia risiede nella distinzione tra un vizio di motivazione sindacabile in Cassazione e una critica all’apprezzamento dei fatti, che invece è preclusa. La Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale di Sorveglianza non era né assente né apparente. Al contrario, era puntuale, coerente e basata su elementi concreti.

Per ogni periodo di detenzione contestato, il Tribunale aveva analizzato le informazioni fornite dalle amministrazioni penitenziarie, come:
* Istituto di Pianosa: La cella era collettiva ma ben arieggiata, con uno spazio vivibile superiore a 4 mq per persona e accesso ad acqua calda.
* Casa di reclusione di Parma: Il detenuto era in una cella singola di 9,63 mq, con bagno privato, finestra e uno spazio vivibile effettivo di 6,66 mq.
* Casa di reclusione di Milano Opera: Anche qui, la cella singola garantiva uno spazio individuale superiore ai 4 mq, con bagno annesso e sistema di aerazione.

La Cassazione ha evidenziato come le doglianze del ricorrente si risolvessero in una semplice contrapposizione della propria valutazione dei fatti a quella del giudice, senza però denunciare una reale ‘motivazione apparente’. Il ricorso era, secondo la Corte, privo di specificità e di autosufficienza, in quanto non dimostrava come la motivazione del Tribunale fosse talmente scoordinata da risultare incomprensibile, ma si limitava a contestarne le conclusioni. Pertanto, le critiche mosse non rientravano nel perimetro del vizio di ‘violazione di legge’ richiesto per l’ammissibilità del ricorso in Cassazione in materia di rimedi risarcitori 35 ter.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un importante principio processuale: chi intende ricorrere in Cassazione contro una decisione sui reclami ex art. 35 ter ord. pen. non può limitarsi a sostenere che il giudice di merito abbia ‘sbagliato’ a valutare le prove (es. le dimensioni della cella o la qualità della vita detentiva). È necessario, invece, dimostrare che la motivazione del provvedimento è del tutto inesistente o talmente illogica e contraddittoria da non poter essere considerata una vera motivazione. La pronuncia consolida l’orientamento secondo cui il giudizio di legittimità non è un ‘terzo grado di merito’ e che il ricorso deve essere fondato su precise e circoscritte violazioni di norme giuridiche.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro una decisione sui rimedi risarcitori per trattamento inumano in carcere?
Il ricorso per Cassazione in materia di rimedi risarcitori ex art. 35 ter ord. pen. è ammesso soltanto per ‘violazione di legge’. Questa categoria include i casi in cui la motivazione del provvedimento impugnato sia totalmente inesistente o meramente apparente, ma esclude la possibilità di contestare la ‘manifesta illogicità’ della motivazione.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ che giustifica un ricorso in Cassazione?
Per motivazione apparente si intende una motivazione che è priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice, oppure quando le argomentazioni sono talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni della decisione.

Perché la Corte ha rigettato il ricorso del detenuto in questo specifico caso?
La Corte ha rigettato il ricorso perché le censure del detenuto non denunciavano una reale motivazione assente o apparente, ma si limitavano a contestare la valutazione dei fatti e delle prove operata dal Tribunale di Sorveglianza. Poiché il Tribunale aveva fornito una motivazione puntuale e coerente per ogni periodo di detenzione analizzato, le critiche del ricorrente sono state considerate un inammissibile tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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