Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5020 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5020 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 05/09/1964
avverso l’ordinanza del 06/06/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Reggio Calabria udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riesame, avanzata da COGNOME NOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di sequestro preventivo di beni in via diretta e per equivalente, disposto dal locale Giudice delle indagini preliminar del Tribunale, in relazione all’imputazione provvisoria di cui agli artt. 81 comma 2 cod.pen., 10 – bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per l’omesso versamento delle ritenute dovute sulla base delle certificazioni uniche rilasciate ai sostituiti, per un ammontare superiore alla soglia di punibilità, per gli anni 2017, 2018 e 2019.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il COGNOME tramite il difensore, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico motivo, la violazione di cui all’art.
606, comma 1, lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 10 bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.
Argomenta il ricorrente che non sarebbe stata fornita la prova del rilascio delle certificazioni ai sostituiti in quanto l’invio telematico delle certificazioni uniche modello 770 da parte del sostituto non costituisce avvenuta consegna dello stesso documento ai sostituiti in assenza di consegna materiale della certificazione.
Nel caso in esame si era proceduto all’acquisizione presso l’Agenzia delle entrate della dichiarazione annuale e delle certificazioni uniche inserite nel cassetto fiscale d ciascun lavoratore e, in copia cartacea, delle certificazioni uniche direttamente dalla società, che le aveva materialmente consegnate ai sostituiti, in relazione all’annualità 2017, solo in numero di 35 per un ammontare di ritenute operate e non versate inferiore alla soglia di punibilità. Pertanto, nel caso di specie le certificazioni non risulterebbe consegnate ai sostituiti, ad eccezione delle 35 certificazioni per l’annualità del 2017, su cui vi sarebbe prova della consegna, per un ammontare, tuttavia, sotto la soglia di punibilità. Chiede l’annullamento dell’ordinanza.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta ed ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME NOME che contesta il fumus commissi delictí, risulta infondato.
L’art. 10-bis, d. Igs. n. 74 del 2000 (Omesso versamento di ritenute dovute o certificate), per come novellato dal d. Igs. 24 settembre 2015, n. 158, puniva “chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.
Successivamente la Corte costituzionale, con la sentenza n. 115 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b), del decr legislativo 24 settembre 2015, n. 158, nella parte in cui aveva inserito le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nel testo dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, limitatamente alle parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o», specificando nella motivazione che “per effetto della presente dichiarazione di illegittimità costituzionale viene ripristinato il regime vigente prima d d.lgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto la disposizione censurata, sicché da una parte l’integrazione della fattispecie penale dell’art. 10- bis richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, riguardi le ritenu certificate; dall’altra il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazion
ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costitu illecito amministrativo tributario.”
La disposizione è stata poi oggetto di modifica ad opera dell’art. 1 comma 1, lett. b) del d.Lgs 14 giugno 2024, n. 87 che, da un lato ha recepito la pronuncia della Corte costituzionale e dall’altro ha modificato la struttura del reato.
Il nuovo art. 10-bis prevede che sia punito, con la reclusione da 6 mesi a 2 anni, chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ritenute risultanti dalla certificazion rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a 150.000,00 euro, per ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’art. 3-bis del D.Igs. 462/97.
Si è poi esclusa la punibilità, in caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell’art. 15-ter del DPR 602/73, il colpevole è punito se l’ammontare del debito residuo è inferiore a 50.000,00 euro.
Viene, dunque, introdotta una condizione obbiettiva di punibilità per cui la rilevanza penale del fatto, sin da principio, di sottrarsi al pagamento dell’obbligazione tributaria, è integrata allorquando, al momento della consumazione del reato, ora differita al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione delle rispettive dichiarazioni annuali di sostituto di imposta, non sia in corso di estinzione il pagamento mediante la rateizzazione delle somme dovute, ovvero questa non sia stata richiesta, ovvero vi sia stata decadenza dalla rateizzazione già concessa in presenza di debito residuo superiore a C 50.000,00.
In tale contesto, le sanzioni e la soglia base di punibilità restano, invece, immutate, così come risulta immutata la condotta e, per quanto qui rileva, l’omissione di versamento delle “ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti”, ment cambiare è il momento consumativo del reato, slittato ora al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, a fronte della precedente versione che prendeva in considerazione il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta.
Se tale slittamento della rilevanza penale del fatto è coerente con la finalità di rendere effettivi i presupposti per l’avverarsi delle condizioni di non punibilità, e particolare per l’accesso alla rateizzazione del debito relativo all’imposta evasa, non di meno, sul piano della successione delle leggi penali, comporta un allungamento dei termini di prescrizione del reato a sfavore dell’imputato (che non abbia in corso di estinzione dell’obbligazione tributaria per fatti pregressi alla data di entrata in vigore del legge), sicchè deve ritenersi la nuova previsione di cui all’art. 10 – bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, norma più sfavorevole, per effetto dello slittamento di un anno per i fatti pregressi rispetto alla sua entrata i vigore. La nuova disposizione, invece, sarà applicabile per le condotte di omesso versamento delle ritenute certificate relative all’anno 2023
(non essendo ancora scaduto il termine ante vigente al 31/12/2024) che beneficeranno dello slittamento di un anno, ma per quanto riguarda gli omessi versamenti delle ritenute certificate fino all’anno di imposta 2022, per i quali il termine di rilevanza penale e fissato al 31/12/2023, troverà applicazione la disposizione precedente alla modifica normativa, per individuare la data del commesso reato per coloro, come nel caso in esame, che non hanno in corso alcun piano di pagamento.
Sotto altro e rilevante profilo, che viene in rilievo nel caso in esame, deve richiamarsi l’indirizzo interpretativo, già affermato da Questa Corte di legittimità, secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di omesso versamento di ritenute dovute certificate, di cui all’art. 10-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non è sufficiente il inoltro, in via telematica, all’Agenzia delle entrate della dichiarazione del sostitu d’imposta, non essendo equipollente per ritenere integrato il requisito del “rilascio delle certificazioni ai sostituiti” (Sez. 3, n. 18214 del 07/03/2024, COGNOME, Rv. 286284 – 01; Sez. 3, n. 25987 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279743 – 01), rilascio che costituisce, anche dopo la modifica, l’elemento di discrinnine tra il fatto di rilievo penale da quell sanzionato in via amministrativa come ben evidenziato dalla citata sentenza della Corte costituzionale.
Ed allora, in tale ambito, diventa rilevante stabilire quando e come si perfeziona “il rilascio delle certificazioni ai sostituiti” e con quali modalità debba essere dimostrat
Occorre nuovamente tonare alla fattispecie di cui all’art. 10 – bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, che, anche all’esito dell’ultima modifica, è rimasta immutata quanto alla condotta punita di omesso versamento delle “ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti”, e rammentare che in questo ambito, la giurisprudenza aveva da tempo precisato che l’inoltro della dichiarazione del sostituto (il mod. 770) in vi telematica non era sufficiente essendo richiesto “il rilascio” della certificazione ch attestava le ritenute operate dal datore di lavoro.
Poi la sentenza n. 115 del 2022 della Corte costituzionale ha specificato, in motivazione, che “per effetto della presente dichiarazione di illegittimità costituzionale viene ripristinato il regime vigente prima del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto la disposizione censurata, sicché da una parte l’integrazione della fattispecie penale dell’art. 10- bis richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, riguardi le ritenute certificate; dall’altra il ma versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costituisce illecito amminist tributario”, confermando la necessità che l’omesso versamento delle ritenute certificate assume rilevanza penale solo in presenza di prova del rilascio della relativa certificazione al sostituito.
Ed allora, ribadito che la norma penale richiede ai fini dell’integrazione del reato, il rilascio della certificazione ai sostituiti, la questione si sposta su un diverso pia
ovvero la prova del rilascio, inteso quale “messa a conoscenza” del sostituito delle ritenute operate dal datore di lavoro sulla sua retribuzione, che può avvenire attraverso diverse modalità: dalla consegna materiale a diverse forme di “messa a conoscenza” da parte del datore di lavoro delle ritenute operate sulle retribuzioni, da cui la question sulla prova del rilascio inteso quale “messa a conoscenza”. Del resto, la questione della prova del rilascio si era già affacciata in tempi risalenti nella giurisprudenza di legittim che, componendo un contrasto interpretativo, aveva affermato che la prova del rilascio delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro poteva esser raggiunta anche tramite indizi, tra cui assumeva rilievo la presentazione del modello 770, (tra le altre, Sez. 3, n. 6203 del 29/10/2014, COGNOME, Rv. 262365; Sez. 3, n. 11335 del 15/10/2014, COGNOME, Rv. 262855; Sez. 3, n. 40526 del 08/04/2014, COGNOME, Rv. 260090), non essendo sufficiente la sola acquisizione della dichiarazione mod. 770 (Sez. U, n. 24782 del 22/03/2018, Macerata, Rv. 272801 – 01, che in motivazione aveva, peraltro, ritenuto sufficiente indizio della prova del rilascio in sede cautelare del s modello 770 e in tempi più recenti vedi Sez. 3, n. 18214 del 07/03/2024, Chichikov, Rv. 286284 – 01).
Tirando le fila del discorso, la norma penale nel punire l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciata ai sostituiti, richiede la prov messa a disposizione e conoscenza della certificazione al lavoratore e in presenza di diverse modalità in cui questa può avvenire, consegna materiale, inoltro via e%mail, deve ritenersi che tale prova possa essere assolta anche mediante inserimento nel cassetto fiscale di ciascun cittadino agevolmente consultabile dal medesimo sul sito dell’Agenzia delle entrate, i cui contenuti conoscitivi sono stati implementati dall’art. 23 del decret legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, da cui la conclusione che l’inserimento nel cassetto fiscale dei singoli dipendenti può costituire la prova del rilascio della certificazio certamente idonea ad integrare il fumus commissi delicti.
Quanto al caso in esame, risulta dal provvedimento impugnato che tutte le certificazioni uniche emesse dalla società per ogni singolo lavoratore risultavano inviate all’Agenzia delle entrate e poi trasmesse nel cassetto fiscale dei singoli dipendenti, così giungendo a loro conoscenza. Risultava, altresì, la perfetta coincidenza tra le certificazioni indicate nel modello inviato all’Agenzia delle entrate e quelle rilasciate ai singo lavoratori, risulta anche che alcune di queste erano state consegnate a mani ai lavoratori o trasmesse a mezzo e mail. Sulla scorta di tali elementi il provvedimento impugnato riteneva dimostrata sia la ritenuta operata dal datore di lavoro che non era stata versata, sia la prova del rilascio della certificazione unica al lavoratore attestante la ritenuta l’ammontare di queste, sia l’omissione del versamento da parte del datore di lavoro per un importo superiore alla soglia di punibilità e, in definitiva, il fumus del reato.
La decisione impugnata è correttamente argomentata in punto fumus commissi delicti, e la censura che si appunta sulla necessità di consegna materiale per la
dimostrazione del rilascio non è fondato. Allo stesso modo la censura che deduce l’illegittimità della c.d. verifica “a campione” per la determinazione dell’ammontare di imposta evasa e per il superamento della soglia di punibilità risulta, strettamente collegata all’assunto difensivo secondo cui sarebbe necessaria la consegna materiale è, per le ragioni sopra esposte, parimenti infondata.
6. Si impone il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 26/11/2024