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Rilascio Certificazioni Uniche: basta il cassetto fiscale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5020/2025, ha rigettato il ricorso di un imprenditore accusato di omesso versamento di ritenute. Il punto cruciale della decisione riguarda il concetto di “rilascio certificazioni uniche” ai dipendenti. La Corte ha stabilito che, ai fini della configurabilità del reato, non è necessaria la consegna materiale del documento. L’inserimento della Certificazione Unica nel cassetto fiscale del lavoratore, consultabile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, è considerato una prova idonea e sufficiente del suo rilascio, integrando così il presupposto del reato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Diritto Tributario, Giurisprudenza Penale

Rilascio Certificazioni Uniche: Quando il Mancato Versamento è Reato?

Il reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate è una delle fattispecie più insidiose per imprenditori e datori di lavoro. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 5020/2025, ha fornito un chiarimento fondamentale su uno degli elementi costitutivi del reato: il rilascio certificazioni uniche ai lavoratori. La Corte ha stabilito che la messa a disposizione del documento nel cassetto fiscale del dipendente è sufficiente a provare l’avvenuto rilascio, senza necessità di una consegna materiale. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il legale rappresentante di una società di logistica si è opposto a un decreto di sequestro preventivo di beni, emesso per il presunto reato di omesso versamento di ritenute per gli anni 2017, 2018 e 2019, per un ammontare superiore alla soglia di punibilità. La difesa sosteneva che mancasse la prova del rilascio delle Certificazioni Uniche (CU) ai lavoratori, elemento indispensabile per la configurazione del reato. Secondo il ricorrente, l’invio telematico del modello 770 e delle CU all’Agenzia delle Entrate non equivaleva alla consegna ai singoli dipendenti, unico atto idoneo, a suo dire, a integrare il requisito del “rilascio”.

La Questione Legale sul Rilascio Certificazioni Uniche

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 10-bis del D.Lgs. 74/2000. La norma punisce il sostituto d’imposta che non versa le ritenute “risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti”.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 115 del 2022, aveva già tracciato una linea netta: l’omesso versamento di ritenute per cui è provato il rilascio della certificazione è reato penale, mentre se tale prova manca, si ricade in un mero illecito amministrativo-tributario. Di conseguenza, dimostrare il “rilascio” è diventato l’elemento cruciale che distingue la sanzione penale da quella amministrativa.
La domanda a cui la Cassazione ha dovuto rispondere è: cosa significa concretamente “rilasciare” una certificazione nell’era digitale? È sufficiente renderla disponibile telematicamente?

La Decisione della Cassazione: il Valore del Cassetto Fiscale

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito che il concetto di “rilascio” deve essere inteso come “messa a conoscenza” o “messa a disposizione” del documento al lavoratore. Questo obiettivo può essere raggiunto con diverse modalità, non solo con la consegna cartacea.

Il “Cassetto Fiscale” come Prova del Rilascio Certificazioni Uniche

La sentenza afferma in modo inequivocabile che l’inserimento della Certificazione Unica nel cassetto fiscale di ciascun dipendente, accessibile tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate, costituisce una prova idonea del rilascio. Tale modalità, infatti, garantisce che il lavoratore possa accedere al documento, prenderne visione e utilizzarlo per la propria dichiarazione dei redditi. Nel caso specifico, è stato accertato che tutte le CU erano state trasmesse telematicamente e rese disponibili nei cassetti fiscali dei singoli dipendenti, oltre ad alcune consegne a mano o via email. Questo insieme di elementi è stato ritenuto sufficiente a dimostrare il fumus commissi delicti e a giustificare la misura cautelare del sequestro.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si basa su un’interpretazione evolutiva e pragmatica della norma. I giudici hanno sottolineato che la legge penale richiede la prova della “messa a disposizione” della certificazione al lavoratore, non necessariamente la sua consegna fisica. La giurisprudenza aveva già stabilito che il solo invio del Modello 770 all’Agenzia delle Entrate non era sufficiente. L’inserimento nel cassetto fiscale, invece, è un passo ulteriore e decisivo: è un atto che rende il documento direttamente e personalmente consultabile dal contribuente-lavoratore. Questa modalità è non solo tracciabile e certa, ma anche in linea con il processo di digitalizzazione dei rapporti tra Fisco e cittadino. Pertanto, la Corte ha concluso che tale forma di rilascio è pienamente idonea a integrare il requisito richiesto dalla norma penale.

Le Conclusioni

La sentenza n. 5020/2025 ha implicazioni pratiche di grande rilievo. I datori di lavoro non possono più eccepire la mancata consegna fisica delle Certificazioni Uniche per evitare la responsabilità penale per omesso versamento, se le stesse sono state correttamente caricate nel cassetto fiscale dei dipendenti. Questa pronuncia consolida il valore probatorio degli strumenti digitali messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate e semplifica l’onere della prova per l’accusa. Per le aziende, diventa ancora più cruciale non solo operare correttamente le ritenute, ma anche assicurarsi di adempiere a tutti gli obblighi di comunicazione e versamento, consapevoli che la tracciabilità digitale rende le omissioni facilmente accertabili.

Perché si configuri il reato di omesso versamento di ritenute, è necessaria la consegna fisica della Certificazione Unica al lavoratore?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non è necessaria la consegna materiale. È sufficiente che la certificazione sia “rilasciata”, ovvero messa a disposizione e a conoscenza del lavoratore, e l’inserimento nel cassetto fiscale personale del dipendente sul sito dell’Agenzia delle Entrate è considerato una modalità idonea a integrare tale requisito.

Qual è la differenza tra l’omesso versamento di ritenute certificate e quelle non certificate?
Secondo la sentenza, che richiama una precedente pronuncia della Corte Costituzionale, l’omesso versamento delle ritenute risultanti da certificazioni rilasciate ai lavoratori costituisce reato penale (art. 10-bis d.lgs. 74/2000), se supera la soglia di punibilità. Invece, l’omesso versamento di ritenute risultanti solo dalla dichiarazione del sostituto d’imposta, ma per le quali non c’è prova del rilascio delle certificazioni, costituisce un mero illecito amministrativo-tributario.

L’invio telematico del Modello 770 all’Agenzia delle Entrate prova il rilascio delle certificazioni ai dipendenti?
No. La giurisprudenza citata nella sentenza ha da tempo chiarito che il solo inoltro telematico della dichiarazione del sostituto (Mod. 770) all’Agenzia delle Entrate non è sufficiente per provare il “rilascio delle certificazioni ai sostituiti”. È necessario un atto distinto che renda la certificazione disponibile per il singolo lavoratore, come appunto l’inserimento nel suo cassetto fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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