Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47372 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47372 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA RAGIONE_SOCIALE PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI CHIETI nei confronti di: CHIETI RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME NOME nato a ATESSA il 28/09/1997
avverso l’ordinanza del 01/08/2024 del GIP TRIBUNALE di CHIETI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME
che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Chieti ha rigettato la richiesta di emissione di decreto penale di condanna nei confronti di NOME COGNOME e disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero.
In particolare, GLYPH il giudice adito ha GLYPH ritenuto non configurabile la contravvenzione di cui all’art. 650 cod. pen. in quanto contestata a soggetto invitato a presentarsi presso la polizia giudiziaria in qualità di persona sottoposta alle indagini escludendo, pertanto, il rilievo penale della fattispecie e la tipicit della condotta di reato.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Chieti evidenziando, in primo luogo, come il Giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di emissione di decreto penale, avrebbe dovuto emettere, nel caso di rigetto della stessa, sentenza di proscioglimento ai sensi degli artt. 459, comma 3, e 129 cod. proc. pen.
In secondo luogo, la decisione sarebbe errata laddove ha ritenuto non configurabile il reato, potendosi disporre, nel caso di specie, l’accompagnamento coattivo dell’indagato per rendere interrogatorio ai sensi dell’art. 132 cod. proc. pen.
Ciò in quanto l’invito a rendere l’interrogatorio, nel caso di specie, non è stato emesso dal pubblico ministero (circostanza che, sola, avrebbe consentito di disporre l’accompagnamento coattivo), bensì dalla polizia giudiziaria.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La richiesta di emissione del decreto penale di condanna nei confronti di COGNOME, nel caso di specie, è stata formulata in relazione alla contestazione della contravvenzione di cui all’art. 650 cod. pen. consistita nella mancata ottemperanza all’invito di presentarsi presso la Sezione di Polizia Stradale di Chieti per essere sentito come persona sottoposta alle indagini.
Il Giudice per le indagini preliminari investito della richiesta l’ha rigettat
rilevando che la disposizione incriminatrice, in base al principio di sussidiarietà ad essa connaturata, non è applicabile alla fattispecie in ragione degli scopi dell’invito a presentarsi alla polizia giudiziaria, ossia assolvere ad un adempimento (interrogatorio in qualità di persona sottoposta alle indagini) non doveroso, ma facoltativo.
Inoltre, risulta la previsione di una specifica disciplina (art. 132 cod. proc. pen.) tesa a rendere possibile l’esecuzione coattiva della presentazione, ove strettamente necessaria per finalità istruttorie.
Tale essendo la motivazione adottata dal Giudice per le indagini preliminari per addivenire al rigetto della richiesta di emissione del decreto penale di condanna, non è dato ravvisare alcun profilo di abnormità segnalato dal ricorrente.
Va, infatti, ribadito, il principio generale affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui «in tema di procedimento per decreto, non è abnorme, e quindi non è ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta di emissione del decreto penale di condanna per insussistenza di elementi idonei a fondare la responsabilità dell’imputato, senza pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., atteso che un tale provvedimento si inserisce nel novero dei poteri cognitivi conferiti al suddetto giudice dall’art. 459, comma 3, cod. proc. pen., che, al di fuori di qualsiasi automatismo, gli riconosce la possibilità di un ampio sindacato sul merito della richiesta» (Sez. 2, n. 28288 del 16/06/2021, COGNOME, Rv. 281797).
Si tratta di arresto che si pone in termini di stretta coerenza con quanto deciso da Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715 in punto di delimitazione dei rapporti tra pubblico ministero e Giudice per le indagini preliminari nel caso di richiesta di emissione di decreto penale di condanna, per come delineati dall’art. 459, comma 3, cod. proc. pen.
La norma stabilisce che, nel caso di mancato accoglimento della richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero.
Nel delineare i limiti in cui il provvedimento di restituzione può essere definito abnorme in quanto assunto in luogo della pronuncia di sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., le Sezioni Unite hanno evidenziato come «la previsione testuale del comma 3 dell’art. 459 cod. proc. pen. consente di escludere che la presentazione della richiesta operi con effetti vincolanti per il giudice cui sia rivolta, perché ammette espressamente plurimi esiti decisori alternativi, rimessi alla sua valutazione discrezionale, in termini di
accoglimento dell’istanza con emissione del decreto, di rigetto per la contestuale pronuncia di sentenza di proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e, al di fuori di quest’ultima ipotesi, di sostanziale rigetto tramit restituzione degli atti al pubblico ministero. Con specifico riferimento a quest’ultima ipotesi non è dato rinvenire nella formulazione testuale della disposizione nessuna indicazione sull’ambito in cui deve svolgersi il sindacato del giudice».
A tale proposito, è stato richiamato l’orientamento teso a non limitare l’ambito della verifica ai soli aspetti attinenti alla legalità della sanzione concreto irrogabile rispetto agli estremi edittali ed alla diminuzione prevista in relazione alla natura speciale del rito e ad estenderla anche agli altri presupposti condizionanti l’ammissibilità dell’introduzione del rito stesso, quali la tipologia d reato ed il momento di formulazione della richiesta nonché alla qualificazione giuridica del fatto di reato ed alla congruità della pena (Sez. 1, n. 1426 del 24/03/1994, Nastri, Rv. 198289).
Le Sezioni Unite hanno evidenziato come la qualificazione in termini di abnormità del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari sia stata riservata ai provvedimenti di restituzione degli atti motivati «da ragioni di mera opportunità, che si traduca in una manifestazione di dissenso rispetto alla scelta, di esclusiva pertinenza dell’organo dell’accusa, di introdurre il procedimento monitorio ed in un’arbitraria usurpazione da parte del giudice di facoltà, riservate dall’ordinamento alla parte pubblica, in conseguenza della difforme considerazione sull’utilità del rito e sui suoi futuri sviluppi».
Così, è stato fatto riferimento ai casi di rigetto del decreto per ritenuta inopportunità del procedimento monitorio (Sez. 1, n. 1426 del 24/03/1994, COGNOME, Rv. 198289), a causa della prevedibile opposizione da parte dell’imputato (Sez. 6, n. 38370 del 12/06/2014, COGNOME, Rv. 260177), del mancato accesso da parte dell’imputato alla possibilità di definire in via amministrativa l’illecito contestato (Sez. 3, n. 8288 del 25/11/2009, dep. 2010, Russo, Rv. 246333), dell’applicabilità della continuazione con altri reati, contestati allo stesso imputato in separato procedimento, per il quale era stata formulata richiesta di emissione di altro decreto penale di condanna a carico del medesimo imputato (Sez. 3, n. 44296 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 257373), della proposizione della richiesta nei confronti di un solo imputato previa separazione della sua posizione personale da quella degli altri indagati (Sez. 3, n. 16826 del 20/03/2007, COGNOME, Rv. 236810), della formulata prognosi negativa circa l’adempimento da parte dell’imputato dell’obbligo di pagamento della pena pecuniaria (Sez. 6, n. 17702 del 01/04/2016, C.M., Rv. 266741).
Si tratta di ipotesi in cui l’apprezzamento discrezionale del giudice sulla
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richiesta di decreto penale, «pur riconosciutogli dall’art. 459, comma 3, cod. proc. pen., non può estendersi sino ad interferire con le attribuzioni istituzionali della pubblica accusa circa le modalità di esercizio dell’azione penale e di strutturazione dell’imputazione ed a negare il provvedimento richiesto in forza di un personale criterio di opportunità, stimato preferibile rispetto alle valutazioni del pubblico ministero».
Contrariamente, la qualificazione di abnormità è stata esclusa in casi in cui il giudice adito ha compiuto una valutazione difforme in ordine alla qualificazione giuridica del reato (Sez. 5, n. 2982 del 15/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251940; Sez. 1, n. 47515 del 29/10/2003, COGNOME, Rv. 226468; Sez. 2, n. 4339 del 06/11/1996, COGNOME, Rv. 206287; Sez. 3, n. 13998 del 28/02/2002, Fai, Rv. 221783), ritenuto insufficienti le acquisizioni probatorie, da approfondire ulteriormente anche per l’eventuale riscontro dell’estinzione del reato per prescrizione (Sez. 6, n. 36216 del 27/06/2013, COGNOME, Rv. 256331); valutato la necessità di disporre la confisca di beni, non adottabile col decreto penale di condanna (Sez. 3, n. 4545 del 04/12/2007, dep. 2008, Pennino, Rv. 238853); giudicato insussistenti i presupposti per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria (Sez. 6, n. 6663 del 01/12/2015, dep. 2016, R., Rv. 266111), o sul giudizio di incongruità della pena da irrogare rispetto alla gravità della violazione accertata (Sez. 4, n. 45683 del 18/09/2014, COGNOME, Rv. 261063); ritenuto inidonea l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio da parte di cittadino extracomunitario privo di fissa dimora (Sez. 1, n. 13592 del 26/02/2009, NOME COGNOME, Rv. 243557; Sez. 1, n. 6614 del 17/01/2008, COGNOME, Rv. 239360; Sez. 5, n. 8463 del 24/01/2005, COGNOME, Rv. 230884).
Alla luce dei parametri fissati dalle Sezioni Unite, Sez. 2, Fossemò, sopra citata è coerentemente pervenuta all’affermazione, qui ribadita, secondo cui il provvedimento con il quale viene disposta la restituzione degli atti al pubblico ministero, non è viziato da abnormità nel caso di ritenuta «insussistenza di elementi idonei a fondare la responsabilità dell’imputato».
Si tratta dell’ipotesi che ricorre nel caso di specie nel quale, come segnalato, è stata ritenuta non ricorrente l’obbligatorietà dell’adempimento omesso e suscettibile lo stesso, comunque, di esecuzione coattiva.
Da quanto esposto discende(itt de -I ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 12/11/2024