Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27266 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27266 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE DI APPELLO DI NAPOLI nel procedimento a carico di NOME nata a Napoli il 26/08/1965
avverso la sentenza del l’ 11/11/2024 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
uditi i difensor i: per la parte civile costituita Comune di Arzano, l’A vvocato NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso e ha depositato conclusioni scritte e nota-spese, delle quali ha chiesto la liquidazione; per la ricorrente, l’Avvocato NOME COGNOME ha insistito nella richiesta di inammissibilità o di rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione avvero la sentenza della Corte di appello di Napoli dell’11
novembre 2024, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli Nord dell’11 luglio 2018, ha assolto NOME COGNOME dal delitto di concorso in falso ideologico ascrittole al capo A) della rubrica, con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, e, riqualificato il fatto di cui al capo B) ai sensi dell’art. 392 cod. pen., ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputata per insussistenza del fatto.
L’impugnativa è stata affidata ad un solo motivo, che ha articolato censure, riferite al solo reato di cui al capo B), sviluppate sotto l’egida della violazione dell’art. 392 cod. pen. e del vizio di motivazione.
Dopo il preliminare rilievo riguardante la rinuncia alla prescrizione del reato da parte dell’imputata, è dedotto che la riqualificazione del fatto contestato alla stregua di un delitto di ‘ragion fattasi’ sarebbe del tutto avulsa dal percorso argomentativo seguito dal Giudice di primo grado. Ad avviso del deducente la segnalazione di abuso edilizio, riguardante la variazione di destinazione d’uso di un sottotetto di proprietà della COGNOME, contenuta nella relazione a firma del tecnico del Comune di Arzano, NOME COGNOME, con la quale era stata sollecitata l’adozione di provvedimenti di rimessione in pristino, non avrebbe potuto innescare una mera reazione esasperata dell’imputata – così qualificata dal giudice di appello la condotta di costei nei confronti di COGNOME, destinatario di minacce ritenute di contenuto indeterminato – rispetto ad un’azione dell’Amministrazione comunale avvertita come ostruzionistica e vessatoria; questo perché: I.) la controversia amministrativa, che aveva contrapposto la COGNOME all’Amministrazione comunale di Arzano in relazione ai provvedimenti di demolizione delle opere con le quali aveva avuto luogo la variazione di destinazione d’uso del sottotetto, era successiva al novembre 2014, epoca dell’incontro tra la COGNOME e il COGNOME nel parcheggio del comando della Polizia Municipale di Arzano; II.) l’abuso segnalato dal COGNOME era già stato definitivamente accertato nel 1998, avendo riguardato, piuttosto, la relazione del tecnico COGNOME i provvedimenti consequenziali che l’ufficio tecnico comunale avrebbe dovuto assumere e che, poi, aveva di fatto assunto, venendo, gli stessi, successivamente, annullati dal giudice amministrativo. Da ciò ha desunto la parte pubblica ricorrente che, avuto riguardo al contesto come correttamente ricostruito nella sentenza di primo grado, l’espressione adoperata dall’imputata nei confronti di COGNOME « Stai attento a te » non potesse avere altro significato che quello di indurlo a rivedere il contenuto della propria relazione, trattandosi di espressioni palesemente minacciose, del tutto scollegata dall’esercizio di una legittima pretesa della COGNOME nei confronti dell’Amministrazione comunale di Arzano.
Alla trattazione del ricorso si è proceduto oralmente, avendone fatto tempestiva richiesta il difensore della resistente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. Il tenore delle censure articolate dal ricorrente Procuratore generale, che ha denunciato che la Corte di appello di Napoli, nel riformare la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di NOME COGNOME non solo non avrebbe confutato le argomentazioni di quella sentenza, ma non le avrebbe nemmeno analizzate, «ribaltando l’epilogo decisorio sulla base di un iter logico giuridico del tutto avulso dal percorso argomentativo seguito dal Giudice di prime cure», impone un confronto tra le motivazioni rassegnate a sostegno delle difformi decisioni assunte dai giudici di merito.
Tale operazione è, invero, necessaria, perché, secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, il giudice d’appello, che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado, ancorché non abbia l’obbligo di rinnovare l’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive (Rv. 272430 – 01), è, tuttavia, tenuto a «confrontarsi con le ragioni addotte a sostegno della decisione impugnata, giustificandone l’integrale riforma senza limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della riformata pronuncia delle generiche notazioni critiche di dissenso, ma riesaminando, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisito in seguito, per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte» (Sez. U. Troise, in motivazione, pag. 8).
1.1. Ed allora, nella sentenza del Tribunale di Napoli Nord dell’11 luglio 2018 è detto (alle pagine 13, 14 e 15) che il Tribunale Amministrativo Regionale, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità delle due ordinanze di demolizione del sottotetto termico di proprietà di NOME COGNOME emanate dal Comune di Arzano a seguito del sopralluogo del geometra COGNOME aveva ritenuto che lo stesso fosse stato legittimamente realizzato in forza di autorizzazione n. 12/97, rilasciata dal Comune di Arzano, ed aveva, pertanto, concluso nel senso che «l’involucro» del sottotetto era da considerarsi legittimo, annullando così le due ordinanze di demolizione emesse dal Comune medesimo. Quel che, invece, era emerso dalle stesse sentenze del Tribunale Amministrativo era che «illegittime (e tale assunto non è mai stato sconfessato dalla giustizia amministrativa) erano le opere che avevano trasformato il sottotetto termico assentito in un sottotetto abitabile, opere realizzate in totale difformità rispetto all’autorizzazione n. 12/97», di modo che la tesi propugnata dall’imputata, secondo la quale ella non avrebbe avuto alcun interesse a minacciare COGNOME, essendo convinta della legittimità del
sottotetto ed essendosi, comunque, “autodenunciata” al Comune presentando una richiesta di accertamento di conformità, era rimasta smentita dalle risultanze processuali. Infatti, secondo quanto accertato in dibattimento, «solo dopo l’accesso sui luoghi del geometra COGNOME (21.10.2014) l’imputata aveva presentato la domanda di accesso alla normativa del ‘piano casa’ (23.10.2014)» e, una volta vistasi negare l’accertamento di conformità, aveva tentato «la via dell’avvicinamento del geometra COGNOME il quale nelle sue mani deteneva, non solo il potere di autorizzare la sua richiesta amministrativa, ma soprattutto di mettere tutto a tacere confermando, nella sua relazione, la legittimità di tutte le opere» (pag. 15 della sentenza di primo grado).
1.2. Nella sentenza impugnata, si legge (alle pagine 4 e 5) che, «attese le prodotte decisioni del Giudice amministrativo aventi ad oggetto proprio i provvedimenti amministrativi relativi alla legittimità del sottotetto», doveva ritenersi che «la COGNOME, con modalità irruenti e del tutto irrituali intendesse manifestare al collega il proprio buon diritto e convincerlo invece di attendere gli esiti dei ricorsi presentati»: in sostanza, «la condotta si era concretizzata semplicemente nell’esplosione di una incontrollata e sicuramente imprudente verve di accesa polemica (il teste COGNOME riferiva che era alterata e che ebbe una reazione violenta), propria di chi tipicamente fa diventare una controversia relativa al proprio patrimonio quasi un’ossessione», in tal senso deponendo le pronunce del Giudice amministrativo, versate in atti, che davano «sicuramente atto della contrapposizione che si era creata tra la COGNOME e il Comune di Arzano in relazione alla vicenda del sottotetto che aveva visto istanze in sanatoria rigettate e ordinanze di demolizione eseguite parzialmente e poi annullate dal Tribunale Amministrativo Regionale». «Insomma , tale conflittualità si traduceva in un imprudente eccesso di vis polemica », sicché, «avuto riguardo, al contesto, l’espressione ” Attento a te, non sai con chi hai a che fare ” non poteva essere interpretata come una vera e propria minaccia, mancando della sufficiente determinazione del male minacciato ed essendo, come verificato ex post , verosimilmente riferita alla battaglia giudiziaria con l’ente comunale tradottasi successivamente nei ricorsi in sede amministrativa».
1.3. Orbene, l’esame comparato delle riportate motivazioni dà conto di come la Corte di appello si sia platealmente sottratta all’obbligo che incombe sul giudice del gravame, pur quando pervenga ad una riforma in melius della sentenza di primo grado, «di offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte». Quel che emerge dall’argomentazione a corredo della sentenza di proscioglimento dell’imputata dal delitto di ‘ragion fattasi’, come riqualificato il fatto di cui al capo B), è un ragionamento decisorio sviluppato senza alcun confronto, men che meno
dialettico, con le principali e decisive ragioni poste a fondamento della sentenza di condanna. Le sentenze emesse dal giudice amministrativo, che si assumono dimostrative del contesto di accesa litigiosità esistente tra la COGNOME e il Comune di Arzano, contesto che sarebbe tale da escludere la valenza minatoria delle espressioni pronunciate dall’imputata nei confronti del geometra COGNOME sono state, infatti, valorizzate dal giudice di appello senza spendere alcun rilievo critico su quanto espresso dal giudice di primo grado in ordine al loro contenuto e senza assumere alcuna posizione di ragionato dissenso rispetto al nucleo decisorio della sentenza di primo grado in ordine alla statuizione di condanna adottata nei confronti dell’imputata in relazione al delitto di violenza e minaccia per costringere a commettere un reato di cui al capo B): ossia, che nell’anno 2014 la COGNOME, vistasi respingere le istanze in sanatoria per regolarizzare l’abuso edilizio consistito nella variazione della destinazione d’uso (da locale di servizio ad abitazione) del sottotetto termico ubicato nel suo fabbricato – abuso già definitivamente accertato nel 1998 -, aveva tentato la via di «avvicinare», facendo uso anche della minaccia, il tecnico comunale COGNOME affinché con la sua relazione, ulteriormente constativa del predetto abuso, non ponesse le basi per l’adozione da parte del dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Arzano, nel frattempo commissariato, per l’adozione di ordinanze di demolizione delle opere. Ordinanze che, emesse successivamente al fatto oggetto di regiudicanda, erano state annullate dal giudice amministrativo perché non si erano limitate a considerare le opere interne al sottotetto (che avevano determinato la variazione di destinazione d’uso, certamente illegittima), ma anche «l’involucro», ossia la struttura del sottotetto, invece legittimamente realizzata.
1.4. Tanto comporta l’annullamento della sentenza impugnata, affinché il giudice del rinvio provveda ad emendare il vizio motivazionale rilevato.
S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli. Sulle spese di parte civile si provvederà al definitivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli. Spese della parte civile a definitivo. Così è deciso, 07/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME