Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35023 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35023 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Fara Gera d’Adda il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 29/11/2024 della Corte di appello di Brescia; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME AVV_NOTAIO, ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria di replica depositata, in data 30/09/2025, dal difensore del ricorrente, con cui si insiste per l’accoglimento del ricorso;
letta la memoria depositata, in data 29/09/2025, dal difensore delle costituite parti civili NOME, NOME, NOME COGNOME e NOME, con cui si chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 29/11/2024, la Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza con cui il precedente 14/06/2023 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bergamo, in esito a giudizio abbreviato, aveva mandato assolto COGNOME NOME dal delitto di sfruttamento del lavoro, ha dichiarato il predetto penalmente responsabile di tale delitto e, per l’effetto, l’h condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha articolato tre motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo del ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 178, comma 1, lett. c) e 603 cod. proc. pen., in relazione a quanto sancito dagli artt. 24, 111 e 117 Cost.
Sostiene, in specie, che, con la decisione della Corte territoriale, sarebbe stata affermata la penale responsabilità di COGNOME NOME, così ribaltandosi la pronunzia assolutoria resa, nei suoi confronti, in primo grado, all’esito di giudizio abbreviato, senza procedere all’esame del predetto – avvenuto, per converso, nel primo giudizio, posto che tale audizione costituiva la condizione alla quale era stata subordinata la scelta del rito alternativo – in violazione del disposto dell’art 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., nell’ermeneusi che dello stesso risulta effettuata dalla più recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui rientrerebbe nel novero delle prove dichiarative da rinnovare nell’anzidetta eventualità anche l’esame dell’imputato, ove vi si sia fatto luogo in primo grado.
2.2. Con il secondo motivo del ricorso si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., dell’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 603 cod. proc. pen. e del vizio di motivazione per travisamento della prova per invenzione e per soppressione.
Rileva in proposito che la decisione della Corte di appello risulterebbe inficiata da un duplice travisamento della prova, ovvero da un travisamento p invenzione, nella parte in cui è affermato che i lavoratori che l’imputato, nella qualità di titolare della RAGIONE_SOCIALE, aveva sottoposto a condizioni di sfruttamento versavano in stato di bisogno, trattandosi di conclusione, in tesi, apoditticamente collegata alla mera condizione dei predetti di immigrati per ragioni economiche e da un travisamento per soppressione, nella parte in cui si era omesso di considerare che ai prestatori d’opera, pur sottoposti ad orari lavorativi non conformi alle prescrizioni normative, erano corrisposte retribuzioni ben superiori a quelle stabilite nel contratto collettivo nazionale; aggiunge, inoltre, che la decisione oggetto d’impugnativa sarebbe viziata da un’ulteriore inosservanza dell’evocata norma processuale, posto che la sentenza di condanna in grado di appello che ribalta una pronunzia assolutoria resa in primo grado dev’essere necessariamente corredata da una motivazione rafforzata, nel caso concreto mancante.
2.3. Con il terzo motivo del ricorso lamenta, infine, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione per carenza in punto di
riconosciuta configurabilità dell’aggravante del numero, eccedente le tre unità, dei lavoratori sfruttati.
Sostiene, in particolare, che, nella decisione oggetto d’impugnativa, sarebbe stata riconosciuta la configurabilità di tale circostanza in difetto di qualsivogli argomentazione al riguardo.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale non partecipata, in assenza di richiesta di trattazione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME è fondato e merita, pertanto, accoglimento per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Fondati sono il primo e il secondo motivo del ricorso, suscettibili di essere scrutinati congiuntamente, con il quali, per un verso, si lamenta l’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 178, comma 1, lett. c) e 603 cod. proc. pen., in relazione a quanto sancito dagli artt. 24, 111 e 117 Cost., sostenendo che, con la decisione impugnata, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, emessa in esito a giudizio abbreviato, si sarebbe affermata la penale responsabilità dell’imputato senza procedere alla rinnovazione del suo esame, in spregio del disposto dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., nell’ermeneusi offertane dalla più recente giurisprudenza di legittimità e, per altro verso, ci s duole dell’inosservanza dell’anzidetta norma processuale sotto l’ulteriore profilo nella carenza di motivazione rafforzata, prescritta in ragione dell’avvenuto ribaltamento della precedente decisione assolutoria, oltre che del vizio di motivazione per travisamento della prova, assumendo che la decisione della Corte di appello risulterebbe inficiata da travisamento per invenzione, nella parte in cui si era apoditticamente affermato che i lavoratori sottoposti a sfruttamento versavano in stato di bisogno e da travisamento per soppressione, nella parte in cui si era omesso di considerare che ai predetti, benché soggetti ad orari lavorativi non conformi alle prescrizioni normative, erano corrisposte retribuzioni ben superiori a quelle stabilite nel contratto collettivo nazionale.
Ritiene il Collegio che le doglianze fatte valere con i motivi di ricorso in disamina colgano nel segno.
E invero, si osserva, innanzitutto, che la Corte territoriale, nell’it processuale che ha condotto all’emissione della decisione impugnata, non ha fatto buon governo della regola consacrata all’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., a termini del quale «Nel caso di appello del pubblico ministero contro una
sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice, ferme le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado o all’esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato a norma degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5».
Nel caso di specie, la Corte di appello, nel ribaltare la decisione assolutoria di primo grado in conseguenza dell’accoglimento del gravame della parte pubblica, non ha provveduto a rinnovare l’esame dell’imputato, avvenuto nel precedente giudizio celebrato con rito abbreviato.
Orbene, essendosi fondata l’originaria decisione assolutoria anche sulle dichiarazioni a discolpa rese dall’imputato nel corso del proprio esame, sarebbe stato doveroso, per la Corte di appello, rinnovare l’atto in funzione dell’emissione di una pronunzia di condanna del predetto.
Ciò perché dal testo dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. si desume, con chiarezza, la riferibilità dell’obbligo di rinnovazione dibattimentale anche a tali dichiarazioni, risultando il sintagma “prove dichiarative” comprensivo di tutte le prove provenienti da dichiaranti, senza distinzioni o limitazioni di sorta
D’altro canto, costituisce autorevole insegnamento della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui «In tema di rinnovazione della prova dichiarativa, la necessità di assumere l’esame dell’imputato, in caso di riforma della sentenza assolutoria, rientra in quella, più generale, di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la stessa sussiste ove, nel corso del giudizio di primo grado, l’imputato abbia reso dichiarazioni “in causa propria” e la valutazione probatoria da parte dei giudici dei due gradi di merito si basi sul significato di tali dichiarazioni o sul diverso apprezzamento della loro attendibilità» (così Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep. 17/04/2023, B., Rv. 284493-02).
Nello stesso senso, appare opportuno fare menzione anche dell’ulteriore principio di specifico interesse affermato dalla Suprema Corte, secondo cui «In tema di rinnovazione della prova dichiarativa, la necessità di assumere l’esame dell’imputato in caso di riforma della sentenza assolutoria rientra in quella, più generale, di rinnovazione della prova dichiarativa di natura decisiva, sicché la stessa non sussiste ove, nel corso del giudizio di primo grado, sia mancata l’assunzione delle dichiarazioni dell’imputato o la valutazione probatoria da parte dei giudici dei due gradi di merito sia stata incentrata su risultanze istruttori diverse rispetto a tale atto, non oggetto di esame alcuno» (così Sez. 6, n. 27163 del 05/05/2022, Burigo, Rv. 283631-01).
Tanto chiarito, giova altresì evidenziare che, come sostenuto dal ricorrente
nel secondo motivo di ricorso, la decisione della Corte territoriale risulta caratterizzata da un’ulteriore inosservanza dell’evocata norma processuale, non essendo corredata da una motivazione rafforzata, come sarebbe stato invece necessario, in ragione dell’avvenuto ribaltamento della pronunzia assolutoria di primo grado.
In particolare, si sarebbe reso necessario un ordito argomentativo che, lungi dal far ricorso a petizioni di principio, com’è avvenuto allorquando si è fatta conseguire automaticamente la condizione di precarietà giuridica ed economica delle persone offese dal loro status di immigrati extracomunitari, fosse caratterizzato da una forza persuasiva superiore, valevole a dar conto delle difformi conclusioni raggiunte e a fugare ogni ragionevole dubbio.
D’altro canto, la Suprema Corte ha chiarito ormai da tempo che «In tema di giudizio di appello, l’obbligo di motivazione rafforzata, previsto in caso di riforma della sentenza assolutoria, è concorrente, e non alternativo, con quello di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la sentenza di appello che ribalti la decisione assolutoria di primo grado, con condanna dell’imputato, postula l’adozione di una motivazione rafforzata e la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. peri.» (in tal senso Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep. 17/04/2023, B., Rv. 284493-03).
Alla luce di quanto evidenziato, ritenendosi sussistente la dedotta inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 178 e 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., s’impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia.
Così deciso 1’08/10/2025