Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7082 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7082 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ANDRIA il 03/11/1963
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore della parte civile, avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alla memoria e alla nota spese, già depositate; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Bari, in riforma della pronunzia assolutoria del Tribunale di Trani del 15.10.2018, ha – per quanto rileva in questa sede- affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, bancarotta impropria e bancarotta fraudolenta documentale come ascrittigli nei capi A), B) C) e F) delle imputazioni, nella sua qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Trani del 30.04.2014.
Con la stessa sentenza la Corte di appello ha condannato il COGNOME al risarcimento dei danni in favore della parte civile NOME COGNOME nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalla stessa parte civile nei due gradi di giudizio.
Avverso la suindicata sentenza, l’imputato propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidato a due motivi qui di seguito sintetizzati.
2.1 V primo motivo di ricorso lamenta vizi motivazionali, deducendo che la Corte d’appello non avrebbe fatto buon governo dei principi in materia di rinnovazione del dibattimento nel caso di reformatio in pejus della pronuncia assolutoria di primo grado e alla necessità di una motivazione rafforzata nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione, limitandosi a procedere ad una diversa valutazione del materiale probatorio in atti, non avvedendosi, peraltro, del fatto che le contestazioni imputano condotte di presunta distrazione fallimentare e non di bancarotta documentale.
Con riferimento al capo A), la difesa deduce vizio di motivazione in quanto la Corte non avrebbe confutato la contestazione della impossibilità di accertare la distrazione a causa dello stato della contabilità aziendale; si era limitata, infatti, a fondare il proprio convincimento sulla effettiva esistenza dei prelievi dai conti società, ritenendo priva di rilievo la circostanza che vi fosse enorme disordine nelle scritture contabili, in quanto l’effettuazione di prelievi dal conto societario era effettivamente avvenuta e non era neppure stata contestata dall’imputato, che aveva chiarito che le somme in questione erano state impiegate per eseguire pagamenti relativi all’attività svolta della Nea.
Con riferimento al capo B), la difesa deduce, quanto alla compensazione, che la Corte non avrebbe tenuto conto del fatto che i soci della RAGIONE_SOCIALE e gli altri soggetti che con essa intrattenevano rapporti commerciali fossero soliti acquistare immobili e compensare in tal modo le partite creditorie e debitorie, attribuendo piena credibilità al teste COGNOME risentito in appello, senza confrontarsi con le censure del primo giudice sui profili di inattendibilità del predetto.
Quanto alla effettiva presenza in cassa delle somme di denaro che risultano movimentate in favore del COGNOME, si afferma in sentenza -richiamando la perizia della dott.ssa COGNOME– che il valore del conto cassa non fosse coerente con la realtà aziendale stante la presenza in alcuni momenti di valori verosimilmente elevati ed in altri di saldi negativi; secondo la difesa da ciò avrebbe dovuto conseguire il dubbio circa la effettiva esistenza in cassa del denaro e non la presenza dello stesso sulla base delle dichiarazioni dei testi COGNOME COGNOME e COGNOME omettendo di considerare il contrasto e dissidio tra i predetti e l’imputato.
Si deduce la totale pretermissione di quanto osservato nella consulenza del dott. COGNOME che ha rilevato come i presunti episodi di distrazione si fossero verificati in data anteriore al sorgere dei contrasti tra i soci e non poteva escludersi che le operazioni fossero state poste in essere nell’interesse di tutti gli stessi soci.
Con riferimento al capo C), la difesa deduce che la Corte territoriale avrebbe dovuto effettuare un vaglio più approfondito della attendibilità dei testi escussi in appello tenuto conto dei contrasti tra questi e l’imputato.
Quanto al capo F), la difesa deduce quanto evidenziato nella consulenza del pubblico ministero, che non ha rilevato anomalie nel pagamento delle retribuzioni in favore di NOME COGNOME; illogica sarebbe la sentenza laddove si ritiene che il consulente tecnico non avesse effettuato la verifica cronologica circa la percezione o meno delle retribuzioni da parte del COGNOME.
2.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta inosservanza delle norme processuali e carenza ed illogicità della motivazione in relazione alla parziale rinnovazione della prova dichiarativa ed alla omessa rinnovazione dell’audizione dei consulenti tecnici di parte, dott. COGNOMEtecnico incaricato dal pubblico ministero), dott. COGNOMEnominato dall’ imputato) e dott. COGNOMEnominato dalle parti civili).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito indicati e la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.
In considerazione delle questioni oggetto dei motivi di ricorso, i motivi vanno congiuntamente esaminati.
2.1. L’affermazione di responsabilità operata nel presente giudizio dalla Corte territoriale, in riforma del giudizio assolutorio del Tribunale, deriva esclusivamente da una diversa valutazione degli apporti dichiarativi raccolti in primo grado, antitetica a quella del Tribunale, a seguito di una parziale rinnovazione della istruttoria dibattimentale.
La sentenza impugnata fonda il giudizio di responsabilità dell’imputato solo sulla rinnovata valutazione di attendibilità delle dichiarazioni dei testi COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME, nonché del perito, dott.ssa NOME COGNOME Non sono stati invece esaminati i consulenti tecnici di parte, le cui dichiarazioni pure erano state utilizzate e ritenute decisive nella pronunzia assolutoria di primo grado.
E’ del tutto evidente, allora, che sono stati pretermessi i principi affermati da questa Corte, secondo i quali, in tema di procedimento in appello, in caso di ribaltamento della sentenza assolutoria, sussiste l’obbligo di rinnovazione
dell’istruttoria quando la prova decisiva riguarda le dichiarazioni rese in dibattimento dai consulenti tecnici e dai periti, ancorché siano state acquisite le loro relazioni, là dove nella motivazione della sentenza di “overturning” tali dichiarazioni siano state autonomamente valorizzate e rivalutate (ex multis, Sez. 5, Sentenza n. 7379 del 21/11/2023 -dep. 19/02/2024- Rv. 285980).
D’altronde, le dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico nel corso del dibattimento, in quanto veicolate nel processo a mezzo del linguaggio verbale, costituiscono prove dichiarative, sicché sussiste, per il giudice di appello che, sul diverso apprezzamento di esse, fondi, sempreché decisive, la riforma della sentenza di assoluzione, l’obbligo di procedere alla loro rinnovazione dibattimentale attraverso l’esame del perito o del consulente, mentre analogo obbligo non sussiste solo ove la relazione scritta del perito o del consulente tecnico sia stata acquisita mediante lettura, ivi difettando la natura dichiarativa della prova (Sez. U, Sentenza n. 14426 del 28/01/2019, Rv. 275112).
2.2. Al di là della correttezza o meno delle conclusioni cui perviene in termini di prova della responsabilità, pare evidente come la sentenza di primo grado attinga al sapere scientifico portato nel processo dai consulenti, facendo buongoverno del principio costantemente affermato da questa Corte di legittimità secondo cui, in virtù del principio del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, il giudice ha la possibilità di scegliere fra varie tesi, prospettate da differenti periti, di ufficio consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicché, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, è inibito al giudice di legittimità di procedere ad una differente valutazione, poiché si è in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di Cassazione, se non entro i limiti del vizio motivazionale (ex multis, Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 265981; conf. Sez. 4, n. 34747 del 17/5/2012, Rv. 253512; Sez. 4, n. 45126 del 6/11/2008, Rv. 241907; Sez. 4, n. 7591 del 20/5/1989, Rv.181382).
2.3. Né può trascurarsi che, per giungere al risultato di ribaltare la decisione assolutoria di primo grado, la sentenza impugnata, nella sua motivazione ed a dispetto delle dichiarate premesse contenute sia nella ordinanza istruttoria sia nella stessa sentenza, ha rivalutato tutte le prove, ivi comprese le dichiarazioni del curatore e del consulente tecnico del pubblico ministero, nonché dei consulenti tecnici di parte, assunte nel dibattimento di primo grado.
La sentenza qui in esame fa più volte riferimento alle dichiarazioni rese dai consulenti di parte, ritenendole non rilevanti in palese contrappunto agli esiti valutativi della sentenza di primo grado.
Per esempio, in ordine al capo F), la sentenza di appello ha valutato quanto riferito dal dott. COGNOME – consulente contabile della curatela fallimentare secondo cui, dall’analisi della contabilità, non è emerso alcun accantonamento specifico di somme per le retribuzioni arretrate del figlio dell’imputato negli anni precedenti al 2011 e ha utilizzato tali dichiarazioni quale riscontro alle dichiarazioni del teste COGNOME e a quanto emerge dalle scritture contabili.
Quanto all’elaborato tecnico del dott. COGNOME consulente tecnico del Pubblico Ministero, la Corte di appello, rilevando (pag. 31 motivazione) che questi ha solo affermato di non aver riscontrato alcuna anomalia contabile in ordine al pagamento delle retribuzioni di NOME COGNOME ma non di aver verificato se lo stesso aveva o non aveva percepito regolarmente la retribuzione in epoca antecedente a quella del pagamento effettuato in unica soluzione nel luglio 2011, ha utilizzato tale consulenza tecnica per supportare la tesi dell’avvenuto pagamento del figlio, NOME COGNOME a supporto delle dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME nei due gradi di giudizio e delle dichiarazioni rese dall’imputato circa il pagamento dei dipendenti.
Si tratta, dunque, come è evidente, di un’operazione di vera e propria diffusa rivalutazione dei risultati conoscitivi dei contenuti delle testimonianze dibattimentali di tali testi “tecnici” e del consulente del pubblico ministero, dei quali sono state utilizzate apertamente, nella sentenza d’appello, le dichiarazioni dibattimentali.
Non ci si trova dinanzi, come si è voluto sostenere nella motivazione della decisione d’appello, ad una mera operazione di riallineamento dei contenuti delle prove dichiarative agli esiti ulteriori e complessivi dell’istruttoria, in particolar delle prove documentali, oppure ad una riparametrazione di essi alle disposizioni normative rilevanti per l’affermazione di responsabilità del ricorrente per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale.
Si è fuori, poi, dallo statuto di utilizzabilità disegnato dalla sentenza Sezioni Unite Pavan per le relazioni scritte del perito o del consulente tecnico, le quali siano state acquisite mediante lettura, ed in generale dalla rivalutazione di elaborati acquisiti solo cartolarmente, che, non avendo natura dichiarativa, qualora abbiano fondato la prova dell’assoluzione in primo grado, non necessitano di essere rinnovate oralmente nel contraddittorio in appello, in caso di overtuning di condanna.
Nel caso di specie, invero, le prove costituite dalle conclusioni dei consulenti tecnici hanno assunto tutte natura dichiarativa, per essere state oggetto di esame
dibattimentale dei testimoni in primo grado, sicché andavano rinnovate, se oggetto di rivalutazione da parte del giudice del ribaltamento, come effettivamente si è chiarito che è avvenuto. E ciò a prescindere dall’acquisizione delle relazioni redatte da alcuni dei citati testimoni, delle quali si dà genericamente atto nella sentenza, quando ricostruisce i passaggi del giudizio di primo grado, riportandone le date di redazione, senza neppure segnalare se esse esauriscano i contenuti rilevanti ed utilizzati delle dichiarazioni testimoniali non rinnovate.
Per questo, in mancanza di elementi ulteriori, idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio, acquisibili anche avvalendosi dei poteri officiosi di cui all’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., dei quali i giudici d’appello non si sono fatti carico, la sentenza deve ritenersi viziata per violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., così come prospettato dal ricorrente nel primo motivo del suo atto di impugnazione.
Fondate sono pure le censure della difesa del ricorrente in ordine alla circostanza che la Corte di appello ha ritenuto, in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero, di pervenire alla riforma della sentenza assolutoria non solo mediante parziale rinnovazione probatoria ma anche senza attenersi ai principi in materia di motivazione cd rafforzata.
La Corte territoriale ha indicato espressamente le prove sulle quali la valutazione compiuta dal Tribunale è stata carente o illogica in relazione ai singoli capi di imputazione e le ragioni in forza delle quali ha ritenuto necessario procedere ad un nuovo esame solo dei testimoni (COGNOME, COGNOME COGNOME e COGNOME), la cui attendibilità era stata ritenuta dubbia dal Tribunale, e del perito d’ufficio (dott.ssa COGNOME, nonché della documentazione in atti, operando una rivalutazione delle risultanze processuali senza immutare il giudizio di inattendibilità delle scritture contabili formulato dai consulenti tecnici di parte, delle quali non ha tenuto conto. Quindi non si è confrontata affatto con le argomentazioni della sentenza di primo grado, recependo quasi acriticamente le censure proposte dal pubblico ministero con l’atto di appello.
Va in proposito ricordato, però, che il sindacato di legittimità del provvedimento che riformi in secondo grado una prima pronuncia assolutoria pone un’ulteriore esigenza di verifica, poiché esso attiene a due aspetti paralleli ma idealmente collegati tra loro.
L’uno fa riferimento al segmento già esaminato, incentrato sulla necessità o meno di rinnovare la prova dichiarativa che sia valsa, in un primo momento, a fondare la sentenza liberatoria ed in un secondo momento abbia costituito il fondamento della pronuncia di condanna. L’altro attiene alla tenuta della motivazione con cui si ribalti la pronuncia di assoluzione, dal punto di vista della
sua capacità di superare le argomentazioni di quest’ultima e di proporre una soluzione logica maggiormente coerente con il quadro probatorio e convincente dal punto di vista del canone necessario di accertamento della colpevolezza “oltre ogni ragionevole dubbio”, previsto dall’art. 533 cod. proc. pen.
Sotto tale secondo profilo, deve rammentarsi che già nel 2005, le Sezioni Unite ebbero ad affermare che la sentenza che riformi totalmente, sia in senso assolutorio che in chiave di condanna, la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679; cfr. Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, COGNOME, Rv. 254638).
È stato, perciò, affermato, successivamente alla sentenza COGNOME, che sussiste per il giudice della riforma in appello la necessità di comporre una motivazione c.d. rafforzata, più convincente rispetto a quella ribaltata e dotata di maggior forza persuasiva, tale da far venir meno ogni 13 ragionevole dubbio in caso di overtuning di condanna (ex multis Sez. 4, n. 42868 del 26/9/2019, COGNOME, Rv. 277624; Sez. 6, n. 51898 del 11/7/2019, P., Rv. 278056; Sez. 5, n. 54300 del 14/9/2017, COGNOME, Rv. 272082; Sez. 3, n. 6817 del 27/11/2014, dep. 2015, S., Rv. 262524; Sez. 1, n. 12273 del 15/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 262261; Sez. 6, n. 49755 del 21/11/2012, G., Rv. 253909). La Corte d’Appello nel caso in esame si limita a decostruire le affermazioni assolutorie, segnalando meticolosamente alcuni indici di fraudolenza delle operazioni attribuite all’imputato, ma non si preoccupa di strutturare il tessuto logico che dovrebbe sostenere l’affermazione di colpevolezza ai sensi dell’art. 533, comma 2, cod. proc. pen., “oltre ogni ragionevole dubbio”. Sotto questo profilo, pertanto, la sentenza impugnata va annullata ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. ed anche in questo caso il giudice del rinvio si dovrà orientare, nel decidere, ai principi ermeneutici espressi riguardo alla ragione di annullamento in esame. ?” -P.Q.M. GLYPH -e LL1 Ci) -t) Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione GLYPH z W della Corte di Appello di Bari. GLYPH O GLYPH ccm < Corte di Cassazione – copia non ufficiale