LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Riforma in Appello: no rinnovazione nel rito abbreviato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10401/2024, ha stabilito un principio fondamentale in tema di riforma in appello. Un’imputata, assolta in primo grado con rito abbreviato dall’accusa di truffa, era stata condannata in appello. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, chiarendo che, a seguito della Riforma Cartabia, il giudice d’appello non ha l’obbligo di rinnovare l’istruttoria dibattimentale per ribaltare una sentenza di assoluzione emessa con rito abbreviato ‘secco’ (cioè senza integrazione probatoria). La scelta del rito speciale implica una rinuncia al contraddittorio sulla prova, che si estende anche al grado di appello.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riforma in Appello: La Cassazione e il Rito Abbreviato Post-Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10401/2024) ha fornito un chiarimento cruciale sulla disciplina della riforma in appello di una sentenza di assoluzione, specialmente quando il processo di primo grado si è svolto con rito abbreviato. La decisione interviene a valle della cosiddetta Riforma Cartabia, modificando profondamente un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il caso riguarda una condanna per truffa aggravata, ribaltata in appello dopo un’iniziale assoluzione, senza che la corte procedesse a rinnovare l’acquisizione delle prove. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Dalla Truffa all’Assoluzione e poi alla Condanna

Il caso ha origine da una presunta truffa. Un’acquirente aveva versato una cospicua somma, pari a 30.000 euro, per l’acquisto di un’autovettura di lusso, che si diceva fosse appartenuta a una famosa attrice. L’imputata, dopo aver ricevuto il denaro su un conto corrente a lei intestato, non ha mai consegnato il veicolo.

In primo grado, il Tribunale, procedendo con rito abbreviato, aveva assolto l’imputata. Il Pubblico Ministero, non convinto della decisione, ha proposto appello. La Corte d’Appello, riesaminando gli stessi atti, è giunta a una conclusione opposta: ha riformato la sentenza, dichiarando l’imputata colpevole del reato di truffa aggravata e condannandola a due anni di reclusione e 900 euro di multa.

La Questione Giuridica: Riforma in Appello e l’Obbligo di Rinnovazione

Il fulcro del ricorso in Cassazione si è concentrato su una questione di procedura penale di grande rilevanza: il giudice d’appello, per poter ribaltare una sentenza di assoluzione (riforma in pejus), è obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale, ossia a riesaminare le fonti di prova dichiarativa?

Per anni, la giurisprudenza, anche sulla scorta delle indicazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), aveva stabilito il principio secondo cui la condanna in appello, in riforma di un’assoluzione basata su una diversa valutazione dell’attendibilità di una prova orale, richiedeva la riassunzione di tale prova. Questo per garantire il principio di immediatezza: il giudice che condanna deve aver assistito personalmente alla formazione della prova.

L’imputata, nel suo ricorso, ha sostenuto proprio la violazione di questo principio, aggravata dal fatto che la Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) ha modificato l’art. 603 del codice di procedura penale, disciplinando proprio i casi di rinnovazione.

L’Impatto Decisivo della Riforma Cartabia sulla Riforma in Appello

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile, sulla base di un’analisi puntuale della nuova normativa. La Riforma Cartabia ha introdotto una distinzione netta, escludendo espressamente l’obbligo di rinnovazione nei casi di giudizio abbreviato ‘secco’, cioè quando non vi sia stata un’integrazione probatoria in primo grado.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha articolato il suo ragionamento su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, la scelta del rito abbreviato da parte dell’imputato costituisce una rinuncia volontaria al diritto al contraddittorio nella formazione della prova. L’imputato accetta di essere giudicato sulla base degli atti delle indagini preliminari, ottenendo in cambio uno sconto di pena. Questa rinuncia, secondo la Suprema Corte, si estende anche al giudizio di appello. Non si può pretendere in appello quella rinnovazione probatoria a cui si è volontariamente rinunciato in primo grado. Sarebbe, infatti, una contraddizione sistemica.

In secondo luogo, il nuovo testo dell’art. 603, comma 3-bis, cod.proc.pen. limita l’obbligo di rinnovazione ai soli casi di prove dichiarative assunte nel dibattimento di primo grado o nel giudizio abbreviato con integrazione probatoria. La norma, nella sua formulazione attuale, esclude quindi categoricamente l’obbligo per i giudizi abbreviati ‘secchi’. Questa scelta legislativa, volta a rendere più efficiente il processo, è stata ritenuta dalla Corte pienamente legittima e rispettosa dei principi costituzionali.

La Corte ha inoltre dichiarato infondato anche il secondo motivo di ricorso, relativo a una presunta illogicità della motivazione della sentenza d’appello. I giudici di secondo grado avevano infatti basato la loro affermazione di responsabilità su elementi chiari e precisi: l’accertato versamento della somma sul conto dell’imputata e i successivi bonifici verso altri conti, elementi sufficienti a dimostrare il suo coinvolgimento nella truffa.

Le Conclusioni

La sentenza 10401/2024 segna un punto fermo nell’interpretazione delle nuove norme sulla riforma in appello. La Riforma Cartabia ha voluto creare un sistema più coerente e rapido, stabilendo che la scelta del rito abbreviato produce effetti duraturi lungo tutto il corso del processo. L’imputato che sceglie di essere giudicato ‘allo stato degli atti’ non può poi pretendere, in caso di appello del PM, una nuova fase istruttoria che egli stesso aveva scelto di non avere. Questa decisione consolida un’asimmetria procedurale: mentre per riformare una condanna in assoluzione non è necessaria alcuna rinnovazione (in ossequio al principio del favor rei), per fare il contrario, ovvero passare da un’assoluzione a una condanna, le garanzie sono modulate a seconda del rito prescelto in primo grado. Una lezione importante sull’importanza strategica delle scelte processuali.

Dopo la Riforma Cartabia, il giudice d’appello è sempre obbligato a rinnovare le prove prima di condannare un imputato assolto in primo grado?
No. L’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria non è più assoluto. La nuova formulazione dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. lo esclude esplicitamente per i processi che in primo grado si sono svolti con rito abbreviato ‘secco’, ovvero senza integrazione probatoria.

Perché nel rito abbreviato non è prevista la rinnovazione obbligatoria in appello?
Perché, secondo la Corte di Cassazione, la scelta del rito abbreviato da parte dell’imputato implica una rinuncia volontaria al contraddittorio nella formazione della prova. Questa rinuncia si estende anche al grado di appello, pertanto non si può pretendere in quella sede una garanzia (la ri-audizione dei testi) a cui si è già rinunciato in primo grado.

Può un ricorso in Cassazione essere dichiarato inammissibile se i motivi sono generici?
Sì. Nel caso di specie, il primo motivo di ricorso è stato ritenuto affetto da genericità perché non specificava quali prove dichiarative la corte d’appello avrebbe dovuto rinnovare concretamente. La Cassazione ha inoltre ritenuto manifestamente infondato il secondo motivo, poiché la decisione d’appello era basata su un’analisi logica di prove documentali chiare (i movimenti bancari).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati