Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13984 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13984 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, con requisitoria scritta ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; l’AVV_NOTAIO, per COGNOME, ha concluso, con memoria scritta, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, con la sentenza in epigrafe, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Foggia in composizione monocratica, che condannava NOME COGNOME per i delitti di detenzione illegale di arma comune da sparo (capo di imputazione A), detenzione di arma clandestina (capo B), ricettazione (capo C), resistenza a pubblica ufficiale (capo D), lesioni personali (capo E), danneggiamento aggravato dall’essere stato commesso su cose esposte per necessità alla pubblica fede (capo F) e furto aggravato dall’avere commesso il fatto con effrazione (capo G), ha ritenuto assorbito il reato di detenzione di arma comune da sparo di cui al capo A) in quello di detenzione di arma clandestina sub B), rideterminando la pena complessiva in anni tre e mesi tre di reclusione ed euro seicentonovanta di multa.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione’ tramite il proprio difensore, NOME COGNOME.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione la difesa deduce violazione degli artt. 635 (capo F), 624 e 625, n. 2 cod. pen. (capo G) per assenza della condizione di procedibilità richiesta dalla legge.
Il difensore osserva che in data 30 dicembre 2022 è entrata in vigore la c.d. riforma Cartabia, di cui al d. d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150 che, agli artt. 2 e 3, ha disposto l’ampliamento dei reati procedibili a querela di parte includendosi anche il furto aggravato per cui si procede.
Aggiunge che tale regime di procedibilità a querela può estendersi, considerata la ratio della riforma, anche al danneggiamento aggravato dall’esposizione a pubblica fede dei beni danneggiati e che al riguardo è stata sollevata questione di legittimità costituzionale.
Rileva che nei tre mesi dall’entrata in vigore della riforma, termine previsto dalla medesima per sanare il difetto di procedibilità, non è intervenuta alcuna querela.
2.2. Col secondo motivo di ricorso si rilevano violazione degli artt. 512 e 526 cod. proc. pen. e vizio di motivazione sull’utilizzabilità, mediante lettura, delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, sia per la prevedibilità della (poi) RAGIONE_SOCIALEtasi irreperibilità del medesimo sia per la loro provenienza da soggetto sottrattosi al contraddittorio.
2.3. Con il terzo motivo di impugnazione viene denunciata violazione degli artt. 178 lett. c) e 523 cod. proc. pen.
Ci si duole che nella sentenza impugnata si legga che il difensore non presentava conclusioni scritte, in verità tempestivamente depositate telematicamente, in ossequio alla normativa emergenziale. Si rileva che pertanto risulta integrata un’ipotesi di nullità di ordine generale .3 regime intermedio, con violazione del diritto di difesa.
2.4. Col quarto motivo di ricorso viene lamentata violazione dell’art. 648 cod. pen.
Si osserva che NOME non aveva assolutamente coscienza della presunta provenienza illecita dell’arma, non recante matricola abrasa ma dotata di regolare matricola, in realtà legalmente acquistata da suo zio su un sito web polacco deputato al commercio di armi da fuoco.
Il difensore, alla luce dei suddetti motivi, insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. 28 ottobre 2020, n.137, il Sostituto Procuratore generale presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO, con requisitoria scritta, chiede la declaratoria di inammissibilità del ricorso; la difesa dell’imputato, AVV_NOTAIO, conclude, con memoria scritta, per l’accoglimento del ricorso, ai cui motivi si riporta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Parzialmente fondato è il primo motivo di ricorso.
Il d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150 ha ampliato le ipotesi di reato procedibili a querela di parte, includendovi anche il furto aggravato ex artt. 624 e 625, n. 2, cod. pen. per il quale si procede (invero, l’art. 624, al comma secondo nella nuova formulazione introdotta dall’art. 2 del suddetto decreto, limita i casi di procedibilità d’ufficio dei delitti di furto all’ipotesi di persona offesa incapace, per età o per infermità, ovvero alla ricorrenza delle circostanze di cui all’art. 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su esposte alla pubblica fede, e 7-bis cod. pen.).
Il regime transitorio di detta riforma prevede la possibilità di applicare il nuovo sistema di procedibilità a querela a partire dall’entrata in vigore del suddetto decreto (fissata dall’art. 99-bis, aggiunto dal d. I. n. 162 del 2022, al 30 dicembre 2022). Trattandosi di modifica in favore, in quanto riguardante un istituto da assimilare a quelli che entrano a comporre il
quadro per la determinazione dell’an e del quomodo di applicazione del precetto, essa si applica retroattivamente, ai sensi dell’art. 2, quarto comma, cod. pen., anche ai reati commessi fino al 29 dicembre 2022, prima, quindi, dell’entrata in vigore dell’attuale normativa.
Nel caso in esame per il furto di cui al capo G), aggravato dalla violenza sulle cose, commesso il 21 gennaio 2015, non risulta esservi in atti querela della persona offesa (NOME COGNOME), neppure presentata successivamente all’entrata in vigore della riforma (nei novanta giorni dalla stessa), ma solo una denuncia sporta dal marito della stessa (NOME COGNOME) subito dopo il fatto.
Quanto, invece, al danneggiamento continuato aggravato, di cui al capo F), in relazione al quale si invoca l’estensione del regime di procedibilità a querela e si fa presente che è stata sollevata questione di legittimità costituzionale per la disparità di trattamento con il furto aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 7, cod. pen., va osservato che un’eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale con estensione della procedibilità a querela di parte non rileverebbe, in quanto in atti risultano presentate querele da parte delle persone offese dei danneggiamenti aggravati (NOME COGNOME, proprietario dell’autocarro danneggiato, e NOME COGNOME, proprietario del motore danneggiato, che peraltro riferiva di avere subito intimidazioni da NOME, adombrando un suo coinvolgimento).
Va, pertanto, annullata senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di furto, perché l’azione non può essere proseguita per difetto di querela, e, per l’effetto, va elimiNOME il relativo aumento di pena per la continuazione con detta fattispecie, di mesi tre di reclusione ed euro venticinque di multa, rideterminando la pena complessiva in anni tre di reclusione ed euro seicentosessantacinque di multa.
2. Infondati sono i restanti motivi di impugnazione.
2.1. Infondato è, invero, il secondo motivo di ricorso, alla luce delle argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici della sentenza impugnata, che muovono proprio dalla imprevedibilità dell’allontanamento di NOME COGNOME.
La Corte territoriale, invero, dopo avere rilevato che i presupposti dell’applicazione dell’art. 512 cod. proc. pen. sono la sopravvenuta irripetibilità dell’atto probatorio e l’imprevedibilità della relativa circostanza al momento dell’originaria formazione di esso, osserva che al momento in
cui era ascoltato NOME COGNOME – escusso a sommarie informazioni in data 9 gennaio 2015 – lo stesso, cittadino comunitario NOME a Praga, parlava fluentemente la lingua italiana, lavorava per un’impresa di noleggio di gommoni e indicava un domicilio in Italia e nulla, dunque, lasciava presagire che si sarebbe successivamente reso irreperibile. Rileva, inoltre, che, nel caso in esame, l’assenza di contraddittorio risulta controbilanciata da solide garanzie procedurali, individuabili nell’esistenza di elementi di riscontro ai contenuti dichiarativi, conformemente ai principi affermati dalla Grande Camera della Corte Edu (in relazione ai reati di cui ai capi E e F, una volta dichiarato improcedibile il delitto di furto).
2.2. Infondato è anche il terzo motivo di impugnazione.
Invero, il riferimento alla mancata presentazione di conclusioni scritte da parte del difensore di COGNOME, di cui a p. 5 della sentenza impugnata, è un mero refuso, come è dato evincere dall’epigrafe (p. 3) della medesima pronuncia, in cui vengono riportate le conclusioni scritte delle parti tra cui quelle della difesa (“si riporta ai motivi di appello, dei quali chiede l’accoglimento”).
2.3. Infondato è, infine, pure il quarto motivo di ricorso.
E ciò alla luce dell’iter motivazionale della sentenza impugnata che, dopo avere premesso che l’arma deve considerarsi provento dell’attività delittuosa di cui all’art. 23, secondo comma, I. 18 aprile 1975, n. UO, che punisce la produzione, l’importazione o la commercializzazione, sotto qualsiasi forma, delle armi clandestine, come quella di specie (in cui l’omessa RAGIONE_SOCIALE da parte del RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, la cui effettuazione è attestata dall’apposizione sull’arma di un’apposita punzonatura – rende l’arma clandestina e tale da non poter circolare lecitamente), evidenzia che l’omessa denuncia dell’arma da parte di NOME rende evidente la sua piena consapevolezza della provenienza illegale della medesima. E aggiunge che, in considerazione delle caratteristiche dell’arma quali desumibili dalla perizia in atti (oltre all’assenza della punzonatura, anche la circostanza che la stessa fosse munita di una specie di silenziatore e avesse il calcio parzialmente tagliato), qualsiasi persona di media levatura intellettuale e di comune esperienza avrebbe avuto la certezza che si trattava di un bene che non poteva essere stato lecitamente fabbricato e non poteva circolare.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di furto, perché l’azione non può essere proseguita per difetto di querela e, per l’effetto, elimina la relativa pena rideterminando la pena complessiva in anni tre di reclusione ed euro seicentosessantacinque di multa.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2023.