Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31639 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31639 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GENZANO DI ROMA il 12/07/1984
avverso la sentenza del 13/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME ritenuto responsabile, nelle conformi sentenze di merito, del reato di cui all’art. 187, comma 8, cod. strada, fatto commesso il 9 maggio 2019.
Rilevato che il ricorrente ha articolato i seguenti motivi di doglianza: 1. Erronea qualificazione del fatto reato addebitato per carenza degli elementi costitutivi di esso; 2. Inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale penale in relazione all’omesso avviso rivolto all’imputato di farsi assistere da un difensore di fiducia ai sensi dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen.; 3. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in ordine all’omessa declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione; 4. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 133 cod. pen., omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena, mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Considerato che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato che il primo motivo di doglianza è inammissibile per assoluta genericità delle argomentazioni poste a fondamento della prospettazione difensiva.
Considerato che le deduzioni sviluppate nel secondo motivo di ricorso risultano in palese contrasto con gli orientamenti espressi dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, in base ai quali, in caso di rifiuto, non è richiesta la somministrazione al conducente dell’avviso di farsi assistere da un difensore di fiducia (cfr. ex multis Sez. 4, n. 33594 del 10/02/2021, COGNOME, Rv. 281745 01: «L’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’attuazione dell'”alcoltest” non sussiste in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento, in quanto la presenza del difensore è funzionale a garantire che l’atto in questione, in quanto non ripetibile, sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini»; precedenti conformi N. 34470 del 2016 Rv. 267877 – 01, N. 4896 del 2020 Rv. 278579 – 01, N. 34355 del 2020 Rv. 279920 – 01, N. 29939 del 2020 Rv. 280028 – 01, N. 43845 del 2014 Rv. 260603 – 01, N. 16816 del 2021 Rv. 281072 – 01).
Considerato che la doglianza di cui al terzo motivo di ricorso è manifestamente infondata. Il reato, infatti, è stato commesso il 9 maggio 2019, dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando), applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017 e fino al 31 dicembre 2019. Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza del 5 giugno 2025 (ud. 12 dicembre 2024), n. 20989, precedute da informazione provvisoria, hanno stabilito che la sospensione del corso della prescrizione prevista dall’art. 159, commi 2, 3 e 4, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, continua ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 134 del 27 novembre 2021, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019. Tale legge, come è noto, aveva modificato la previgente norma dell’art. 159, comma 2, cod. proc. pen, nonché introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo, comunque, non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi. Ne consegue, dunque, che, nel caso di specie, alla data di emissione della impugnata sentenza di appello (13 novembre 2024), non fosse ancora decorso il termine di prescrizione, dovendo computarsi, in aggiunta al termine massimo di prescrizione, il periodo di sospensione ex lege sopra indicato.
Considerato, quanto all’ultimo motivo di ricorso, che i profili riguardanti la determinazione della pena in concreto irrogata e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche sono sostenuti da conferente motivazione, avendo la Corte di merito posto in evidenza la negativa personalità dell’imputato, gravato da altri precedenti e le modalità allarmanti della condotta serbata dal ricorrente.
Considerato che, ai fini della concessione del beneficio invocato, non è richiesto al giudice di merito la considerazione di tutti gli elementi all’uopo valutabili contenuti nell’art. 133 cod. pen., dovendo ritenersi sufficiente il richiamo soltanto ad uno di essi, ritenuto prevalente rispetto agli altri elementi (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 – 02:”Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente”).
Considerato che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, COGNOME, Rv. 259142).
Considerato che la doglianza riguardante la mancata concessione della sospensione condizionale della pena non ha formato oggetto di devoluzione innanzi alla Corte di merito e che, pertanto, il motivo proposto in questa sede è inammissibile ai sensi del combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., i quali impongono che non possano essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, evenienze da escludersi nel caso in esame (ex multis Sez.4, n.10611 del 4/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv.256631:”).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 luglio 2025
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Il Consigliere estensore