Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38474 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38474 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/02/2024 del TRIBUNALE di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Bologna con sentenza del 14 febbraio 2024 ha applicato ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. a NOME COGNOME, imputato della violazione dell’art. 187, comma 8, del d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285, per essersi sottratto agli accertamenti richiesti dalla polizia giudiziaria onde verificare l’eventual stato di alterazione psicofisica alla guida per effetto di assunzione di stupefacenti o di sostanze psicotrope, fatto contestato come commesso il 3 dicembre 2021, la pena concordata con il Pubblico Ministero, sostituita con la prestazione di attività lavorativa non retribuita in favore della collettività ai sensi dell’art. comma 8-bis, del d. Igs. n. 285 del 1992.
Il giudice ha anche disposto (ultima pagina della decisione), risultando di un terzo estraneo la vettura condotta nell’occasione dall’imputato, in applicazione degli artt. 186, comma 7, e 187, comma 8, del codice della strada, la sospensione della patente di guida per la durata di diciotto mesi, dichiarando contestualmente sospesa l’esecutività di tale sanzione amministrativa accessoria sino all’adozione dei provvedimenti conseguenti alla valutazione dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità.
Ciò posto, ricorre per la cassazione del provvedimento l’imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con cui denunzia violazione di legge (artt. 186, commi 7 e 8, del d.lgs. n. 285 del 1992) con riferimento alla determinazione del periodo di applicazione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida.
Si evidenzia come il richiamo alla circostanza della proprietà altrui della vettura guidata dall’imputato in occasione del controllo di polizia stradale sarebbe del tutto irrilevante quanto alla concreta determinazione della durata della misura, in particolare del raddoppio. Ciò alla luce di quanto puntualizzato dalle Sezioni Unite della cassazione nella sentenza n. 46624 del 24/11/2015, COGNOME, Rv. 265024: «Al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, non si applica la previsione di cui all’art. 18 comma secondo, lett. c), cod. strada nella parte in cui dispone che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata qualora il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estranea al reato».
Si pone in luce che, in ogni caso, la decisione, nonostante applichi la sospensione in misura pari al triplo del minimo (6 mesi X 3) e addirittura prossima al massimo, essendo fissata in meno di 1 /4 del massimo (24 mesi : 4 = 6 X 3 = 18 mesi), è priva di motivazione, fatta eccezione per un vago riferimento
alla ritenuta “congruità”, peraltro in contrasto – si assume – con l’essere stat individuata la sanzione principale in misura pari al minimo edittale.
Si richiamano, ritenendoli pertinenti, plurimi precedenti di legittimità, tra c Sez. F, n. 24023 del 20/08/2020, COGNOME NOME, Rv. 27963502: «In tema di sospensione della patente di guida applicata con la sentenza di patteggiamento, il giudice deve fornire una motivazione solo quando la misura si discosti dal minimo edittale e non anche quando essa vi coincida, se ne allontani di poco o sia molto più vicina al minimo che al massimo, essendo sufficiente, in tali casi, la motivazione implicita. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato sentenza limitatamente alla durata della sanzione accessoria, avendo il giudice ritenuto “equa” la durata della sospensione nella misura massima facendo generico riferimento alle modalità, non descritte, di realizzazione della condotta)».
Si chiede, in definitiva, l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria.
Il P.G. della Corte di cassazione, nella requisitoria scritta ex art. 611 cod. proc. pen. del 4 giugno 2024, ritenuto fondato il ricorso, ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.
Il principio di diritto fissato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cort di cassazione (Sez. U, n. 46624 del 24/11/2015, COGNOME, cit.: «Al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, non si applica la previsione di cui all’art. 186, comma secondo, lett. c), cod. strada nella parte in cui dispone che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata qualora il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estranea al reato»), che è espressamente richiamata dal ricorrente, non è applicabile nel caso di specie, in cui non si contesta il rifiuto di sottopo all’accertamento per la verifica dello stato di ebrezza alcolica ma per la verifica dell’eventuale stato di alterazione psicofisica alla guida per effett dell’assunzione di stupefacenti o di sostanze psicotrope.
Il principio puntualizzato nella richiamata sentenza di Sez. U del 2015, ric. COGNOME, si applica alla violazione dell’art. 186, comma 7, ma non già a quella dell’art. 187, comma 8, del d. Igs. n. 285 del 1992, in ragione del richiamo integrale da parte del comma 8 dell’art. 187 del codice della strada «alle sanzioni
di cui all’art. 186, comma 7» e, quindi, al regime di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), che prevede il raddoppio, raddoppio da applicarsi e )72 ffiéReda parte del giudice di merito ove emerga che «il veicolo appartiene a persona estranea al reato» (come si legge espressamente alla p. 2 della sentenza impugnata).
Nel caso di specie, per effetto del combinato disposto degli artt. 187, comma 8, e 186, comma 7, del codice della strada, di cui occorre fare applicazione, a fronte di una forbice edittale circa la durata della sospensione ricompresa tra un anno (dodici mesi) e quattro anni (quarantotto mesi), il Tribunale ha ritenuto congrua (ultima pagina della sentenza) la sospensione nella misura di un anno e mezzo (diciotto mesi), durata inferiore al medio (pari a due anni e tre mesi cioè ventisette mesi).
Trova, quindi, applicazione nel caso di specie il principio secondo il quale il giudice che applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida deve fornire una motivazione sul punto soltanto allorché la misura si allontani dal minimo edittale, e non già quando sia pari a questo o se ne discosti da poco o sia molto più vicina al minimo che al massimo edittale (tra le numerose, Sez. F, n. 24023 del 20/08/2020, COGNOME NOME NOME, cit.; Sez. 4, n. 21194 del 27/03/2012, Tiburzi, Rv. 252738; Sez. 4, n. 35670 del 26/06/2007, Petiti, Rv. 237470).
Né ha pregio il richiamo da parte del ricorrente alla durata della pena principale, fissata dal decidente nel minimo edittale, in quanto, come già – e condivisibilmente – più Wi volte affermato dalla S.C., «Nei casi di applicazione, da parte del giudice, della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, prevista dall’art. 222 cod. strada, la determinazione della durata di tale sospensione deve essere effettuata non in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. proc. pen., ma in base ai diversi parametri di cui all’art. 21 comma 2, cod. strada, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento» (così Sez. 4, n. 4740 del 18/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280393; nello stesso senso v. già Sez. 4, n. 55130 del 09/11/2017, COGNOME, Rv. 271661; Sez. 4, n. 862 del 17/03/1999, COGNOME, Rv. 213150).
Discende la reiezione del ricorso, con condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.
Motivazione semplificata, dovendosi fare applicazione nel caso di specie di principi già reiteratamente affermati dalla RAGIONE_SOCIALE. e condivisi dal Collegio, ricorrendo le condizioni di cui al decreto del Primo Presidente della Corte di cassazione n. 84 dell’8 giugno 2016.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21/06/2024.