Rifiuto Test Antidroga: Quando l’Avviso al Difensore Non è Necessario
Il rifiuto test antidroga è una fattispecie di reato prevista dal Codice della Strada che solleva spesso questioni procedurali complesse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo i confini dei diritti della difesa in questa specifica situazione. La Corte ha stabilito che, qualora l’automobilista si rifiuti di sottoporsi all’accertamento, decade l’obbligo per la Polizia Giudiziaria di avvisarlo della facoltà di essere assistito da un difensore. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Il Rifiuto e la Condanna
Un automobilista veniva fermato dalle forze dell’ordine che, riscontrando una sintomatologia sospetta, gli chiedevano di sottoporsi agli accertamenti per verificare un eventuale stato di alterazione psico-fisica dovuto all’assunzione di sostanze stupefacenti. L’uomo si rifiutava, commettendo così il reato previsto dall’art. 187, comma 7, del Codice della Strada.
Per tale comportamento, veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello. La difesa decideva quindi di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la violazione delle garanzie difensive, in particolare il mancato avviso della possibilità di farsi assistere da un legale.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità del Ricorso per Rifiuto Test Antidroga
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali: l’inammissibilità per motivi non consentiti e l’infondatezza della questione relativa all’avviso al difensore.
La Critica ai Motivi del Ricorso
In primo luogo, la Corte ha sottolineato che il ricorso era basato su doglianze ripetitive, che non offrivano una critica puntuale e specifica delle argomentazioni contenute nella sentenza d’appello. Nel giudizio di legittimità, non è sufficiente riproporre le stesse tesi già respinte, ma è necessario dimostrare in che modo il giudice di secondo grado abbia sbagliato nell’applicare la legge. Questa mancanza ha reso il ricorso, ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, proceduralmente inammissibile.
Il Punto Centrale: l’Avviso al Difensore in Caso di Rifiuto
Il cuore della questione risiedeva nella presunta violazione dell’art. 114 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. La difesa sosteneva che l’obbligo di avvisare l’indagato della facoltà di farsi assistere da un avvocato sussistesse sempre. La Cassazione ha respinto questa interpretazione, allineandosi a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte chiariscono la logica dietro la decisione. L’obbligo di avviso al difensore è strettamente funzionale a garantire che un ‘atto non ripetibile’, come il prelievo di campioni biologici, si svolga nel pieno rispetto dei diritti della persona indagata. La presenza del legale serve a vigilare sulla correttezza delle operazioni.
Tuttavia, quando l’interessato oppone un netto rifiuto, l’atto non viene compiuto. Di conseguenza, la finalità stessa della garanzia difensiva viene meno. Non essendoci alcun accertamento da eseguire, non c’è alcuna procedura da controllare. Pertanto, l’obbligo di dare l’avviso non sorge. La Corte ha richiamato numerose sentenze conformi, dimostrando come questa interpretazione sia solida e costante nel tempo.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il diritto alla difesa deve essere bilanciato con la logica e la finalità delle norme procedurali. Nel caso specifico del rifiuto test antidroga, i diritti dell’indagato non sono violati se la polizia non fornisce l’avviso di farsi assistere da un legale, proprio perché la scelta di non collaborare impedisce la realizzazione dell’atto che quella garanzia mira a proteggere. La decisione comporta la condanna definitiva dell’imputato, che oltre a rispondere del reato, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
È obbligatorio per la Polizia Giudiziaria avvisare della facoltà di farsi assistere da un difensore chi rifiuta il test antidroga?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di avviso è finalizzato a garantire la presenza del difensore durante l’esecuzione dell’accertamento, che è un atto irripetibile. Se la persona rifiuta il test, l’atto non viene compiuto e, di conseguenza, l’obbligo di avviso viene meno.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché proposto per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità. In particolare, le argomentazioni erano mere ripetizioni di quelle già presentate, senza una necessaria analisi critica della decisione impugnata, come richiesto dall’art. 606, comma 3, c.p.p.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro (in questo caso specifico, 3000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23160 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23160 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIGEVANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
La difesa di COGNOME NOME ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di Milano, con la quale è stata confermata la sentenza del Tribunale cittadino di condann per il reato di cui all’art. 187, comma 7, codice strada, per essersi rifiutato, a procedente che aveva ritenuto esistente una sintomatologia legittimante il controllo, d accertamenti dello stato di alterazione psico-fisica (in Cesate il 25/12/2019);
ritenuto che il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, siccome costituiti da doglianz scandite da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 2 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i c principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), con le quali i giudici motivatamente escluso l’obbligo dell’avviso di cui all’art. 114 disp. att. cod. proc. pen non si proceda all’accertamento opponendovi un rifiuto l’interessato, interpretazione i con l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza, secondo cui tale obbligo, infat a consentire la presenza del difensore, funzionale a garantire che l’atto, in quanto condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini (sez. 4, n. 4 Lachhab, Rv. 278579-01; n. 29275 del 12/6/2019, COGNOME, Rv. 278547-01; n. 40275 del 19/7/2019, NOME, Rv. 278548-03; n. 29939 del 23/9/2020, Merlino, Rv. 280028-01; n. 34355 del 25/11/2020, COGNOME, Rv. 279920-01; n. 16816 del 14/1/2021, NOME, Rv. 281072-01; n. 33594 del 10/2/2021, Brune/li, Rv. 281745-01);
rilevato che alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’articol condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero (Corte cost. 186/2000)
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 29 maggio 2024.
La Consigliera est.
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