Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45497 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45497 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a BRESCIA il 01/01/1979
avverso la sentenza del 02/02/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia del 10 maggio 2023 con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro millecinquecento di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 187, comma 8, C.d.S.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione degli art. 114 disp. att. cod. proc. pen. e 350, 191, 546, 356 cod. proc. pen. (inutilizzabilità del verbale di spontanee dichiarazioni acquisito al fascicolo del dibattimento e omesso avviso della facoltà di nominare un difensore in occasione di accertamento irripetibile).
3. Il ricorso è inammissibile.
Aldilà dell’inquadramento formale del verbale acquisito al fascicolo del dibattimento, la Corte d’appello ha rilevato che il rifiuto dell’imputato di sottoporsi agli accertamenti sanitari è stato provato dalle dichiarazioni del teste di P.G. NOME COGNOME il quale spiegava che l’imputato, dopo un primo test non invasivo che aveva confermato la sua positività a tre sostanze, deducibile da sintomatologia evidente, aveva opposto un categorico rifiuto alla sottoposizione ad ulteriori accertamenti, nonostante fosse stato avvisato delle conseguenze penali del suo diniego.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per lo svolgimento di accertamenti irripetibili non sussiste in caso di rifiuto di sottoporsi ai medesimi, in quanto la presenza del difensore è funzionale a garantire che l’atto in questione sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini (Sez. 4, n. 33594 del 10/02/2021, COGNOME, Rv. 281745; Sez. 4, n. 16816 del 14/01/2021, COGNOME, Rv. 281072; Sez. 4, n. 34753 del 12/11/2020, NOME, non massimata; Sez. 4, n. 29939 del 23/09/2020, COGNOME, Rv. 280028; Sez. 4, n. 34355 del 25/11/2020, Cavalieri, Rv. 279920; Sez. 4, n. 4896 del 16/01/2020, COGNOME, Rv. 278579; Sez. 4, n. 40275 del 19/07/2019, Jaha, non massimata; Sez. 4, n. 29275 del 12/06/2019, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 34470 del 13/05/2016, Portale, Rv. 267877; Sez. 4, n. 25534 del 20/02/2019, Riso, non massimata; Sez. 4, n. 43845 del 26/09/2014, COGNOME, Rv. 260603).
Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non
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sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro 3.000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 novembre 2024.