Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35997 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35997 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/04/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza pronunciata dal GIP del Tribunale di Roma in data 13.04.2022 che aveva condannato COGNOME NOME alla pena di mesi 3 di arresto ed euro 750 di ammenda per il reato di cui all’art. 186, comma 7 D.Lvo. 30 aprile 1992, n. 285.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge in riferimento alla pronuncia di responsabilità penale a suo carico e quindi alla configurazione del reato di cui all’art. 186, comma 7 C.D.S.
Il motivo è meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito (pag. 2 e 3 della sentenza impugnata). E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame (sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568; sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849; sez. 2, n. 19951 del 15/5/2008, COGNOME, Rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME, Rv. 236945; sez. 1, n. 39598 del 30/9/2004, COGNOME, Rv. 230634; sez. 4, n. 15497 del 22/2/2002, COGNOME, Rv. 221693).
Reiterando i motivi proposti in appello, lamenta il ricorrente che, dal momento che la PG intervenuta sul posto non disponeva di un etilometro, non si sarebbe potuto configurare il reato contestato, in quanto il rifiuto non avrebbe potuto essere indirizzato all’uso di una apparecchiatura che i militari non avevano, né all’imputato era stato rivolto l’invito di recarsi presso il più vicino ufficio comando ( ai sensi dell’art. 186, comma 4 CdS), né si era verificato un incidente stradale, non potendosi perciò applicare il comma 5. La Corte territoriale, con argomentazioni pienamente aderenti al dato normativo e al materiale istruttorio acquisito rileva che : 1) l’imputato, notato a bordo della propria moto per una condotta di guida irregolare, manifestava difficoltà di equilibrio, di eloquio e occhi lucidi; 2) nessuna previsione di legge condiziona la sussistenza del reato alla disponibilità immediata dell’apparecchio né vi è obbligo di accompagnamento del conducente presso il comando più vicino; 3) l’art. 186, comma 4, CdS, espressamente stabilisce che “quando si ha motivo di ritenere che il conducente si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante
dalla influenza dell’alcool, gli organi di polizia stradale hanno facoltà di effettuare l’accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento, anche accompagnandolo presso il più vicino ufficio o comando”; 4) come si evince dall’utilizzo dell’inciso ” anche”, gli operanti non devono necessariamente procedere all’accompagnamento del conducente presso il comando vicino, ben potendo scegliere di eseguire l’accertamento sul posto, provvedendo a chiedere l’ausilio di altra pattuglia; 5) la manifestata opposizione all’accertamento in loco mediante etilometro, risultante dalla annotazione di servizio pienamente utilizzabile nel giudizio abbreviato, integra conseguentemente il reato di rifiuto. Va in proposito ribadito che il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici integra un reato di natura istantanea che si perfeziona con la manifestazione di indisponibilità da parte dell’agente (Sez. 4, n. 5909 del 08/01/2013, Rv. 254792 – 01; Sez. 4, n. 5409 del 27/01/2015, Rv. 262162 – 01).
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 ottobre 2025.