Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38429 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38429 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RODI GARGANICO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Militare, AVV_NOTAIO, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; che conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato AVV_NOTAIO NOME COGNOME del foro di FOGGIA in difesa di COGNOME NOME conclude insistendo nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale militare di Napoli, con sentenza in data 15/3/2023, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava NOME COGNOME responsabile dei reati di disobbedienza e insubordinazione con ingiuria, entrambi aggravati dal grado rivestito, e concesse le circostanze attenuanti generiche valutate prevalenti sulla aggravante contestata e, ritenuto il vincolo della continuazione tra i fatti e tenuto conto de diminuente per il rito, lo condannava alla pena di mesi due di reclusione militare.
La Corte militare di appello, con la sentenza in esame, in parziale riforma della sentenza suddetta, ha ridotto la pena a mesi uno e giorni venti di reclusione militare.
1.1. Secondo il costrutto accusatorio, avallato dai suddetti Giudici di entrambi i gradi di giudizio, in data 8 marzo 2019 verso le ore 13.00 a bordo di un’autovettura di servizio l’odierno imputato, Brigadiere dei Carabinieri RAGIONE_SOCIALE e Comandante della Stazione Carabinieri RAGIONE_SOCIALE in Vico del Gargano, aveva rifiutato di obbedire all’ordine, attinente al servizio, intimatogli telefonicamente dal AVV_NOTAIO, di raggiungerlo unitamente agli altri militari della pattuglia, p procedere con attività di polizia giudiziaria, e aveva offeso il prestigio e l’onore COGNOME rispondendo all’ordine del AVV_NOTAIO con la frase “sei un pazzo, sei un pazzo, sei uno scemo, scemo, scemo”.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione viene denunciata violazione degli artt. 192, 495, 546 e 603 cod. proc. pen., in relazione alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale tramite perizia informatica sul telefono cellula dell’imputato, e vizio di motivazione.
La difesa rileva che la perizia informatica sul telefono cellulare dell’imputato e sulle conversazioni telefoniche registrate era stata richiesta dal AVV_NOTAIO della Repubblica all’esito dell’esame dell’imputato e che il primo Giudice, aveva bypassato la richiesta, fraintendendola e in particolare ritenendo che fosse stata avanzata una richiesta di perizia fonica. Per consentire, comunque, l’esecuzione della perizia, la difesa rileva di aver messo a disposizione del G.u.p. il telefono cellulare in cui erano presenti le registrazioni delle due conversazioni avvenute tra l’imputato e COGNOME nel giorno dei fatti e da cui emergeva che non erano state profferite le frasi ingiuriose contestategli. Osserva che, quindi, la perizia sarebbe servita proprio a verificare che le registrazioni si riferivano esclusivamente al giorno e all’ora dei fatti, che non eran
state alterate, manomesse o modificate; e soprattutto sarebbe servita a verificare la veridicità o la falsità delle affermazioni rese dai testi.
Si duole il difensore che la conclusione della Corte militare di appello, secondo cui il contenuto della seconda trascrizione, relativa ad una conversazione telefonica di un minuto e trentanove secondi, non corrisponde al contenuto della seconda telefonata intercorsa tra l’imputato e la persona offesa, bensì al contenuto della prima telefonata in cui ci fu solo una breve interlocuzione tra i due, sarebbe del tutto illogic e contraddittoria, in quanto, in questo modo, la Corte giungerebbe ad ipotizzare la presenza di una terza telefonata, senza spiegare da quali elementi ciò si potrebbe dedurre, ovvero di un’alterazione eseguita dall’imputato (e avallata dal suo difensore).
2.2. Col secondo motivo di ricorso la difesa si duole del vizio di motivazione e della violazione degli artt. 187, 190, 192 e 546 cod. proc. pen.
Rileva il difensore che la Corte militare di appello è incorsa in un travisamento quando ha ritenuto che la conversazione indicata come seconda tra le due intervenute nel giorno dei fatti non fosse quella incriminata, ma fosse altra e diversa conversazione telefonica. Lamenta la contraddittorietà tra le conclusioni cui è giunta la Corte e il materiale probatorio utilizzato per giungere a quelle conclusioni. In particolare, osserva che la Corte avrebbe dovuto confrontarsi con le dichiarazioni rese da COGNOME e COGNOME, che hanno entrambi riconosciuto la suddetta conversazione come quella intervenuta in data 8.3.2019, seppure tronca, e, soprattutto, con la consulenza tecnica del AVV_NOTAIO COGNOME secondo cui le conversazioni non sono state in alcun modo manomesse.
2.3. Con il terzo motivo di impugnazione vengono dedotti vizio di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 192, 546, 533 cod. proc. pen., per avere la Corte militare confermato la penale responsabilità già ritenuta dal primo Giudice senza confrontarsi e dare risposta alle obiezioni mosse alla sentenza di primo grado. In particolare, sarebbe incorsa in un vero e proprio travisamento della prova, ritenendo esistente un’ulteriore conversazione telefonica tra le parti; inoltre, non avrebbe verificato le deduzioni difensive circa i motivi di astio e di rancore del AVV_NOTAIO COGNOME nei confronti dell’imputato documentati dalla difesa, giungendo, anzi, a valutazioni opposte rispetto a quelle emergenti dagli atti.
2.4. Col quarto motivo di ricorso sono denunciati, infine, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 131 bis cod. pen.
Rileva il difensore che la Corte militare è incorsa in una erronea applicazione della norma, in quanto nel caso di specie non vi è alcun limite all’applicabilità della fattispecie in questione, l’imputato non è stato dichiarato delinquente abituale,
professionale o per tendenza, non ha commesso altri reati della stessa indole e non si tratta di reati che hanno ad oggetto condotte plurime o reiterate. Osserva, inoltre, che la particolare tenuità dell’offesa si può dedurre dalle specifiche circostanze in cui è avvenuto il fatto, oltre che dalla personalità dell’imputato. La stessa persona offesa, infatti, ha ribadito che i rapporti con l’imputato sono sempre stati cordiali e che tal episodio, unico ed isolato, è stato ininfluente per l’attività operativa successivamente posta in essere.
Per tutti i summenzionati motivi la difesa chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, perCOGNOME, rigettato.
1.1. Infondato è il primo motivo di impugnazione.
Il ricorrente, nel dolersi della violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione alla richiesta di perizia informatica sul cellulare di proprietà dell’imputat ripercorre argomenti già affrontati dalla pronuncia impugnata.
Secondo costante giurisprudenza, la celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato, se non impedisce al giudice d’appello di esercitare i poteri di integrazione probatoria, comporta tuttavia l’esclusione di un diritto dell’imputato a richiedere la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ed un corrispondente obbligo per il giudice di motivare il diniego di tale richiesta (per tutte Sez. 2, n. 3609 18/01/2011, Sermone e altri, Rv. 249161). Infatti, con la richiesta di essere giudicato alla stato degli atti, l’imputato rinuncia all’acquisizione di ulteriori prove, tranne qu alla cui acquisizione, eventualmente, il giudizio abbreviato era stato subordinato. Inoltre, nel giudizio di appello conseguente allo svolgimento del giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato le parti – ivi compreso il pubblico minister nonostante non abbia più il potere di consenso sulla richiesta del rito speciale – non possono far valere un diritto alla rinnovazione dell’istruzione per l’assunzione di prove nuove sopravvenute o scoperte successivamente, spettando in ogni caso al giudice la valutazione se sia assolutamente necessaria la loro acquisizione (Sez. 1, n. 3584 del 23/05/2012, P.g. in proc. Andali, Rv. 253729).
Nel caso di specie, il giudizio abbreviato è stato condizionato all’esame dell’imputato e successivamente è stata richiesta la rinnovazione istruttoria, rispetto alla quale le argomentazioni della sentenza in esame sono scevre da vizi logici e giuridici.
Invero, la Corte militare sottolinea che la perizia rappresenta un mezzo di prova che viene disposto dal giudice al fine di acquisire un determinato dato, quando sono necessarie specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche e quando il dato ricercato non sia in altro modo acquisibile; e che, perCOGNOME, nel caso in esame, non ritenendo essa Corte di porre in dubbio le conclusioni della consulenza tecnica posta a sostegno della suddetta richiesta, secondo cui le due registrazioni acquisite agli atti, estrapolate dal consulente informatico forense dallo smartphone dell’imputato, non presenterebbero alterazioni, costituendo la riproduzione di conversazioni telefoniche integre, ossia complete e mancanti di interruzioni, analogamente al contenuto delle due registrazioni riportato nella relazione tecnica di trascrizione prodotta dalla difesa in corso di indagini preliminari, deve ritenersi non necessario l’espletamento di una perizia tecnica di ufficio.
1.2. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
La difesa si duole della ricostruzione della vicenda cui è pervenuta la Corte militare di appello che, a suo avviso, è incorsa in un travisamento delle prove, ipotizzando l’estraneità della conversazione di cui alla prima registrazione/trascrizione all’ipotesi di accusa e l’esistenza di una terza conversazione rispetto a quelle di cui alle consulenze tecniche della difesa oggetto di registrazione e trascrizione, contenente le offese di cui al secondo capo di imputazione.
La Corte militare, invero, confrontandosi con le deposizioni di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, evidenzia che: – la prima conversazione telefonica intercorsa tra COGNOME e COGNOME, ossia quella attivata da chiamata del primo al secondo, si interruppe accidentalmente per una caduta della linea telefonica e, come confermato dallo stesso imputato, in quell’occasione il AVV_NOTAIO COGNOME gli chiese di essere raggiunto per un’attività di servizio, ma il ricorrente gli espose subito le difficoltà si frapponevano all’esecuzione di tale richiesta; – nella seconda telefonata, sempre secondo le dichiarazioni dell’imputato, il dialogo tra i due sarebbe pervenuto all ;intesa secondo cui COGNOME avrebbe raggiunto la Stazione di Vico del Gargano in attesa di ulteriori indicazioni, mentre il AVV_NOTAIO COGNOME si sarebbe rivolto al servizio RAGIONE_SOCIALE 1515; – dunque, indipendentemente dal reale contenuto della comunicazione intercorsa tra i due soggetti in questa seconda telefonata, essa non si concluse per improvvisa e fortuita interruzione della linea, ma evidentemente per volontà di uno o di entrambi gli interlocutori; – ne consegue che il contenuto della seconda (registrazione e) trascrizione non può corrispondere, sulla base proprio delle dichiarazioni dei testi e dello stesso imputato, al contenuto della seconda telefonata intercorsa quel giorno tra l’imputato e la persona offesa, telefonata attivata da una chiamata di COGNOME e nella quale sarebbero state profferite le offese contestate,
apparendo, invece, tale trascrizione, sempre avendo riguardo a quanto riferito dai presenti, corrispondente al contenuto della prima telefonata, nella quale ci fu solo una breve interlocuzione tra i due interrotta dalla caduta della linea telefonica; – ciò trae conferma dall’ascolto del file in cui, pur essendo udibile la sola voce di COGNOME e non anche del suo interlocutore, le parole pronunciate dall’imputato palesano sostanzialmente il contenuto della complessiva conversazione, proprio alla luce delle rimostranze avanzate da COGNOME alla disposizione ricevuta dal AVV_NOTAIO in grado, deducendosi che la conversazione telefonica si interruppe all’improvviso accidentalmente e che il ricorrente adoperò un tono tranquillo per tutta la durata della telefonata; – il contenuto della trascrizione della telefonata in questione, invero è sufficiente per comprendere che non vi fu alcun cenno da parte di nessuno dei due ad interventi di altre unità operative, esaurendosi in giustificazioni varie addotte dal Brigadiere al AVV_NOTAIO per spiegare la mancata disponibilità in quel momento a raggiungerlo e concludendasi con una serie di frasi che rendono attendibile quanto dichiarato dai testi COGNOME e COGNOME (che era col AVV_NOTAIO all’atto delle telefonate, di cui la seconda sicuramente secondo il teste si svolse in modalità viva voce), secondo i quali tale registrazione riporta la prima telefonata e non la seconda, apparendo sia l’intonazione che il discorso condotto da COGNOME ancora interlocutori e non conclusivi, e che una seconda telefonata, per ricordo di tutti i soggetti presenti, vi fu proprio per riprendere il discorso interrottosi pochi minuti prima; – il contenut della conversazione di cui alla prima registrazione e trascrizione (che, a detta della difesa, corrisponderebbe alla prima telefonata intercorsa tra i due) non è stato riportato da nessuno dei testi e neanche dallo stesso imputato, e dal medesimo non pare emergere alcun elemento che colleghi tale conversazione al AVV_NOTAIO, contenendo una mera indicazione del tragitto che l’imputato stava compiendo da RAGIONE_SOCIALE a Vico del Gargano e persino un riferimento non meglio chiarito ad una “lavanderia”, del quale non vi è traccia in alcuna delle testimonianze acquisite. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tale essendo l’iter argomentativo della sentenza in esame, che spiega in modo non manifestamente illogico perché la prima telefonata registrata era sicuramente rivolta a persona diversa dal COGNOME e che la seconda telefonata registrata era solo la prima delle due conversazioni intercorse tra l’imputato e la persona offesa, di cui danno atto tutte le persone escusse che erano presenti a dette conversazioni, è evidente che i Giudici di appello non sono incorsi in alcun travisamento probatorio, essendo completa e analitica la valutazione di tutte le fonti probatorie e coerente con tale valutazione le conclusioni cui giungono detti Giudici.
1.3. Infondato è il terzo motivo di impugnazione.
Oltre a ritornare sulla tematica del travisamento di cui sopra, il difensore si duole della mancata valutazione dei documentati motivi di astio e di rancore della persona offesa nei confronti dell’imputato.
Diversamente da come lamentato, la Corte militare si confronta con la deduzione difensiva secondo cui COGNOME avrebbe indagato in vari affari edilizi in cui sarebbe stato coinvolto COGNOMECOGNOME COGNOME che lo stesso, a riprova della sua ostilità nei confront di detto personaggio “scomodo”, avrebbe effettuato un’ispezione a sorpresa nei suoi confronti in una giórnata festiva. Rileva, a tale riguardo, che: – quanto alla documentazione prodotta dalla difesa, la stessa non appare dimostrativa di uno stato di contrasto tra l’imputato e la persona offesa, esaurendosi in una serie di atti di P.g., redatti congiuntamente da appartenenti al RAGIONE_SOCIALE e al RAGIONE_SOCIALE, nell’ordinanza del Sindaco di Vico del Gargano di confisca di un cavallo e in pratiche amministrative paesaggistiche; quanto all’ispezione asseritamente eseguita a sorpresa, tre mesi prima dei fatti, in relazione alla quale peraltro COGNOME ha dichiarato di avere preavvisato la stazione del suo arrivo, il AVV_NOTAIO, come si evince dal relativo verbale, ebbe ad annotarne un esito oltremodo positivo, utilizzando toni del tutto elogiativi nei confronti de Brigadiere COGNOME. Aggiunge la Corte militare che nel verbale di sommarie informazioni testimoniali rese in data 16 maggio 2019, l’Appuntato Siciliano, presente anche alla suddetta ispezione, riferiva dei rapporti sempre buoni tra il AVV_NOTAIO e il Brigadiere e del fatto che il primo avesse apprezzato l’incremento dell’attività operativa dopo la nomina a Comandante del secondo. Conclude, quindi, la Corte per ritenere integrata al di là di ogni ragionevole dubbio – considerata la circostanza pacifica e incontestata che COGNOME non raggiunse COGNOME disattendendo il suo ordine – anche l’insubordinazione con ingiuria, in considerazione della piena attendibilità dei testi COGNOME e COGNOME in merito al contenuto delle espressioni utilizzate dall’imputato nei confronti dello stesso COGNOME e della sicura valenza lesiva dell’onore e del prestigio di tali espressioni. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.4. Parimenti infondato è il quarto e ultimo motivo di ricorso, vertente sul diniego della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Corte militare di appello, invero, si sofferma sulla valutazione dell’entità dell’offesa arrecata nel caso in esame, ritenendola non di particolare tenuità. E ciò in considerazione sia delle modalità della condotta, immediatamente oppositiva e inottemperante all’ordine ricevuto che COGNOME non ritenne mai di eseguire, non mostrando resipiscenza, quantomeno sotto il profilo dell’obbedienza, neanche dopo che il contrasto con il AVV_NOTAIO COGNOME era sfociato in ingiurie nei confronti di quest’ultimo; sia della circostanza che la condotta ingiuriosa fu consapevolmente
6
posta in essere alla presenza di più militari subordinati, con maggiore aggravio della lesione all’onore della persona offesa.
L’iter argomentativo percorso appare pienamente coerente con l’indirizzo ermeneutico prevalente della giurisprudenza di legittimità , ferma nel ritenere che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolar tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richi una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024.