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Rifiuto d’ordine: quando è reato per un militare

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per disobbedienza e insubordinazione con ingiuria a un Brigadiere che si era opposto a un ordine del superiore. La sentenza analizza i limiti probatori del rito abbreviato e le condizioni per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, escludendola in questo caso per la gravità della condotta e il contesto in cui è avvenuta. Il rifiuto d’ordine è stato considerato un reato pienamente integrato.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rifiuto d’ordine: quando la disobbedienza diventa reato militare

Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori sui reati di disobbedienza e insubordinazione in ambito militare. La sentenza chiarisce importanti aspetti procedurali, come i limiti probatori del rito abbreviato, e di diritto sostanziale, come l’inapplicabilità della particolare tenuità del fatto in contesti gerarchici. Il caso riguardava un rifiuto d’ordine da parte di un Brigadiere dei Carabinieri Forestale nei confronti di un suo superiore, sfociato anche in ingiurie.

I Fatti del Caso: Il Rifiuto d’Ordine e le Presunte Ingiurie

I fatti risalgono all’8 marzo 2019. Un Brigadiere, Comandante di Stazione, mentre si trovava in un’autovettura di servizio, riceveva una telefonata dal suo superiore, un Maggiore. L’ordine era chiaro: raggiungere il superiore, insieme ad altri militari della pattuglia, per svolgere un’attività di polizia giudiziaria.

Secondo l’accusa, il Brigadiere non solo si rifiutò di obbedire, ma offese anche il prestigio e l’onore del Maggiore con frasi ingiuriose. La difesa dell’imputato ha sempre sostenuto una versione diversa, basata su registrazioni telefoniche che, a suo dire, avrebbero dimostrato l’assenza di qualsiasi insulto.

L’Iter Processuale: Dalla Condanna alla Cassazione

Il Tribunale militare di Napoli, in primo grado e con rito abbreviato, aveva dichiarato il Brigadiere colpevole dei reati di disobbedienza e insubordinazione con ingiuria, condannandolo a due mesi di reclusione militare. La Corte militare di appello di Roma aveva parzialmente riformato la sentenza, riducendo la pena a un mese e venti giorni.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente vizi di motivazione e violazioni di legge riguardo la gestione delle prove e la qualificazione giuridica del fatto.

I Motivi del Ricorso e il Rifiuto d’Ordine

La difesa ha basato il ricorso su quattro motivi principali:

1. Mancata rinnovazione dell’istruttoria: Si contestava il rigetto della richiesta di una perizia informatica sul cellulare dell’imputato per verificare l’autenticità e la completezza delle registrazioni telefoniche.
2. Travisamento della prova: Secondo la difesa, i giudici di appello avrebbero erroneamente ricostruito i fatti, ipotizzando l’esistenza di una terza telefonata (non registrata) in cui sarebbero state proferite le ingiurie, senza elementi concreti a supporto.
3. Vizio di motivazione: La Corte non avrebbe adeguatamente considerato le prove documentali che, secondo la difesa, dimostravano un pregresso stato di astio e rancore da parte del Maggiore nei confronti del Brigadiere.
4. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si sosteneva che il fatto, per le sue modalità e per la personalità dell’imputato, dovesse essere considerato non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. Le motivazioni della decisione sono cruciali per comprendere la posizione della giurisprudenza su temi delicati come il rifiuto d’ordine.

Innanzitutto, la Corte ha ribadito che nel giudizio d’appello celebrato dopo un rito abbreviato, la rinnovazione dell’istruttoria non è un diritto dell’imputato, ma una facoltà del giudice, esercitabile solo se assolutamente necessaria. In questo caso, i giudici hanno ritenuto le prove esistenti sufficienti per decidere.

Sul presunto travisamento della prova, la Cassazione ha considerato logica e coerente la ricostruzione della Corte d’Appello. I giudici di merito avevano concluso che le registrazioni prodotte dalla difesa non potevano corrispondere alla telefonata incriminata, basandosi sulle testimonianze del superiore e di un altro militare presente. La ricostruzione dei fatti non è apparsa manifestamente illogica, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.

Infine, riguardo alla particolare tenuità del fatto, la Corte ha escluso la sua applicabilità. La decisione si è basata sulla valutazione complessiva della condotta: l’immediata opposizione all’ordine ricevuto e la natura ingiuriosa della condotta, avvenuta peraltro alla presenza di altri militari subordinati. Questo, secondo i giudici, ha aggravato la lesione all’onore e al prestigio della persona offesa, rendendo l’offesa tutt’altro che tenue.

Le Conclusioni

La sentenza consolida alcuni principi fondamentali. In primo luogo, la scelta del rito abbreviato comporta una rinuncia all’acquisizione di ulteriori prove in appello, salvo casi di assoluta necessità. In secondo luogo, il reato di rifiuto d’ordine, specialmente se accompagnato da ingiurie e commesso in un contesto gerarchico e alla presenza di altri subordinati, difficilmente potrà essere considerato di ‘particolare tenuità’. La pronuncia sottolinea la necessità di tutelare la disciplina e il rispetto gerarchico all’interno dei corpi militari, considerando la condotta oppositiva e offensiva come un’offesa grave che non ammette attenuazioni di sorta.

In un processo con rito abbreviato, l’imputato può chiedere nuove prove in appello?
No, non è un suo diritto. La celebrazione del processo con rito abbreviato comporta la rinuncia all’acquisizione di ulteriori prove. Il giudice d’appello può disporre la rinnovazione dell’istruttoria (cioè l’assunzione di nuove prove) solo se la ritiene assolutamente necessaria per la decisione, ma non vi è un obbligo di motivare il diniego a una richiesta dell’imputato.

Perché il reato non è stato considerato di ‘particolare tenuità’ ai sensi dell’art. 131-bis c.p.?
La Corte ha ritenuto che l’offesa non fosse di particolare tenuità per due ragioni principali: le modalità della condotta, caratterizzata da un’immediata e ferma opposizione a un ordine di servizio, e la circostanza che la condotta ingiuriosa era stata posta in essere alla presenza di altri militari subordinati, aggravando così la lesione all’onore e al prestigio del superiore.

Come è stata gestita la discordanza tra le registrazioni dell’imputato e la testimonianza della persona offesa?
I giudici di merito, con una valutazione ritenuta logica dalla Cassazione, hanno concluso che le registrazioni fornite dalla difesa non si riferivano alla conversazione in cui erano state proferite le offese, ma ad altre telefonate intercorse tra i due. La Corte ha dato credito alla ricostruzione basata sulle testimonianze della persona offesa e di un altro militare presente, ritenendo che la condotta illecita fosse avvenuta in una conversazione diversa da quelle registrate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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