Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 313 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 313 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Taurianova il 24/11/1969
COGNOME COGNOME nato a Taurianova il 21/05/1978
avverso l’ordinanza del 06/06/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano
dichiarati inammissibili;
lette le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione specializzata per il riesame, ha confermato l’ordinanza del 7 maggio 2024 con cui il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Palmi ha applicato nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME la misura interdittiva della sospensione dal servizio di agenti della Polizia Municipale per la durata di dieci mesi, in relazione alla imputazione relativa al reato di cui agli artt. 110 e 328, comma 1, cod. pen.
Ai due ricorrenti si contesta di avere omesso di intervenire per effettuare tutti i rilievi del caso dopo aver ricevuto da un passante, alle ore 9,50 del 6 dicembre 2023, la segnalazione della presenza di un’autovettura gravemente incidentata che si era schiantata contro un palo della luce, pur essendosi recati sul posto attorno alle ore 10,20, come emerge dall’analisi del GPS dell’autovettura di servizio, e sebbene ne avessero certamente rilevato la presenza, essendo posizionata a bordo strada, in luogo ben visibile dalla carreggiata.
L’autovettura veniva rinvenuta circa un ora dopo (alle ore 10,59) dai Carabinieri che accertavano il decesso di NOME COGNOME il cui corpo esamine giaceva sul sedile anteriore, lato guida.
Nell’atto a firma del difensore di fiducia, COGNOME e COGNOME chiedono l’annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al travisamento dei dati tratti dal GPS dell’autovettura di servizio dei due ricorrenti. Si osserva che i tempi ed i luoghi indicati non corrispondono a quelli reali come emerge dal confronto con la videoripresa effettuata dalle telecamere del Bar Moscato che allo stesso orario segnava una posizione diversa dell’auto, ciò anche per il valore attribuito al GPS per ricostruire il senso di marcia dell’autovettura di servizio utile a dare conto delle difficoltà di avvistamento dell’auto incidentata.
2.2. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione alla integrazione del reato di rifiuto di atti di ufficio, atteso che l’ordinanza assume due posizioni tra loro antitetiche, poiché o i due indagati non si sono attivati adeguatamente per ricercare il luogo del sinistro, e quindi la loro condotta sarebbe solo colposa, oppure hanno individuato il luogo del sinistro ed hanno fatto finta di non vedere.
Inoltre, il ricorso si sofferma a valutare la versione resa da COGNOME ovvero la persona che ha per primo avvistato l’auto e che si assume non avrebbe descritto una situazione di pericolo o di urgenza, non avendo fatto riferimento alla presenza di feriti.
In secondo luogo si contesta il dato che l’autovettura fosse agevolmente visibile dalla strada come si evince anche dalla consulenza svolta dalla difesa per la presenza di folta vegetazione e la possibilità di ostruzione visiva dovuta al passaggio di automezzi pesanti.
Di conseguenza, la colpa eventualmente ascrivibile per una non attenta perlustrazione dei luoghi non potrebbe avere rilevanza ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 328 cod.pen. punito solo a titolo di dolo.
2.3. Violazione di legge e vizio della motivazione per travisamento della rilevanza probatoria della testimonianza di COGNOME, la cui attendibilità è stata vagliata in modo superficiale, atteso che a distanza di quattro mesi dalla prima deposizione avrebbe modificato la versione dei fatti, affermando di avere riferito agli agenti che l’auto si era schiantata contro il palo elettrico.
2.4. Violazione di legge e vizio della motivazione per aver attribuito valenza probatoria anche alle dichiarazioni rese dagli indagati per avere mentito nel riferire il senso di marcia percorso durante la perlustrazione della strada interessata dalla segnalazione, per non essersi tenuto conto della difficoltà di ricordare a distanza di quattro mesi il tragitto percorso in quella circostanza.
2.5. Violazione di legge e vizio della motivazione in merito alle affermate esigenze cautelari, individuate nel pericolo di reiterazione senza una base giustificativa coerente, trattandosi di soggetti incensurati dalla condotta professionale specchiata durante il loro stato di servizio ventennale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato, atteso che la maggiore parte delle censure sono state sviluppate senza fare emergere alcun vizio della motivazione sotto il profilo della logicità delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Si deve ricordare che con specifico riguardo alla materia delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che concerna la valutazione in punto di gravi indizi di colpevolezza o di esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (da ultimo, Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828).
Di tali condivisibili principi non hanno tenuto conto i ricorrenti là dove, pur confrontandosi con l’apparato logico argomentativo svolto dal Tribunale calabrese, hanno riproposto dinanzi a questa Corte le medesime doglianze già fatte oggetto del ricorso ex art. 309 cod. proc. pen. sollecitando una non consentita rilettura delle emergenze processuali in un senso ritenuto più plausibile di quello prescelto dai Giudici della cautela.
La motivazione del Tribunale del riesame – valutata in unione alla motivazione dell’ordinanza coercitiva genetica (essendo l’ordinanza applicativa
della misura e quella che decide il ricorso ex art. 309 tra loro strettamente collegate e complementari) – non presta il fianco alle censure dedotte col ricorso.
Il Tribunale ha dato conto delle emergenze processuali integranti la gravità indiziaria, evidenziando la irrilevanza degli eventuali margini di errore dei dati estratti dal GPS dell’autovettura di servizio dei due ricorrenti, per avere gli stessi indagati ammesso di essersi recati sul luogo del sinistro stradale, e, sotto altro profilo, perché tali errori di rilevazione non avrebbero avuto alcuna incidenza nella ricostruzione della direzione di marcia della autovettura dei due agenti, aspetto ritenuto rilevante per escludere le difficoltà di avvistamento dell’auto incidentata posizionata a meno di un metro dalla carreggiata.
Con riferimento al secondo motivo, diversamente da quanto dedotto dai ricorrenti la imputazione del rifiuto di atti di ufficio è basata essenzialmente sulla omessa attività di rilevazione del sinistro stradale, essendosi ritenuta sussistente la gravità indiziaria rispetto al fatto che i due agenti, pur avendo notato l’auto incidentata, avrebbero omesso di procedere al dovuto sopralluogo.
L’alternativa che i due agenti non si fossero proprio recati sul posto è stata ritenuta recessiva perché superata oltre che dalle risultanze del GPS anche dalle stesse dichiarazioni rese dai due indagati che si sono giustificati affermando di non aver visto l’autovettura incidentata, pur essendosi recati sul luogo del sinistro stradale, circostanza questa, del mancato avvistamento ritenuta – in modo non illogico – non plausibile dai Giudici del riesame per la riscontrata vicinanza dell’auto al bordo della strada.
Pertanto, tutte le doglianze volte a mettere in discussione la corretta qualificazione giuridica della condotta omissiva sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato non considerano che la ricostruzione del comportamento dei due vigili urbani è incentrata sull’avvistamento dell’auto da parte degli stessi, sicchè risultano inconsistenti le critiche mosse sul carattere solo colposo della loro condotta.
D’altra parte neppure possono in questa sede vagliarsi le soluzioni alternative, del tutto ipotetiche sollecitate dalla difesa circa l’eventualità che il passaggio di autoveicoli ingombranti possano di fatto avere ostacolato la visuale ed impedito ai due agenti di vedere l’autovettura che si trovava a circa un metro dalla careggiata, tenuto conto delle argomentazioni sviluppate ampiamente nell’ordinanza impugnata incentrate sul senso di marcia percorso dall’auto di servizio corrispondente alla corsia più vicina al luogo in cui l’auto incidentata era posizionata, così escludendosi in radice la possibilità di interferenze nella visuale per il transito di altri autoveicoli.
Le altre censure sull’attendibilità delle informazioni testimoniali rese dalla persona (COGNOME), che ha riferito di avere avvisato i due agenti della presenza dell’autovettura sono anch’esse infondate, non potendosi ritenere immotivate le valutazioni di attendibilità operate nell’ordinanza impugnata in ragione dell’oggettivo riscontro costituito proprio dal rinvenimento dell’auto nel luogo indicato dal predetto testimone e della irragionevolezza di una descrizione del fatto in termini di accresciuta gravità con intenti calunniatori, a fronte della presenza di una persona deceduta che non era stata comunque neppure segnalata dal predetto testimone ai due agenti, per ammissione dello stesso teste.
Si tratta, quindi, di una motivazione che non presenta vizi logici manifesti e decisivi, che risulta coerente con le emergenze processuali e non risulta incrinata dalle doglianze difensive che si limitano ad invocare una diversa ricostruzione di merito non consentita in questa sede.
Il motivo sulle esigenze cautelari, sotto il profilo del pericolo di reiterazione di reati dello stesso genere è inammissibile nella parte in cui ne esclude la sussistenza attraverso una diversa ricostruzione storica dei fatti, apparendo senz’altro significativa anche la sola considerazione della vicenda in esame per la sua riconosciuta gravità a giustificare la valutazione prognostica negativa operata dal Tribunale, posta a base della misura interdittiva.
Al rigetto dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma 5 novembre 2024
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