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Rifiuto atti d’ufficio: reato istantaneo e prescrizione

Un sindaco non esegue un’ordinanza di demolizione. La Cassazione conferma la natura di reato istantaneo del rifiuto di atti d’ufficio, facendo decorrere la prescrizione dal momento della prima omissione e non dalle successive richieste. Ricorso della parte civile dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rifiuto di Atti d’Ufficio: Reato Istantaneo e Decorrenza della Prescrizione

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, torna a pronunciarsi su una questione cruciale per i reati contro la Pubblica Amministrazione: la natura giuridica del rifiuto di atti d’ufficio. Comprendere se si tratti di un reato istantaneo o permanente ha implicazioni dirette e significative sul calcolo della prescrizione. La vicenda analizzata riguarda l’inerzia di un sindaco di fronte a un’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo, un caso che chiarisce in modo definitivo da quale momento inizia a decorrere il termine per l’estinzione del reato.

I Fatti di Causa

La controversia ha origine da un’ordinanza di demolizione emessa nel lontano 2001 per un manufatto abusivo. Nonostante l’ordine, per anni non veniva data esecuzione al provvedimento. Nel 2013, un nuovo sindaco si insediava e veniva informato della situazione da un cittadino, che sollecitava un intervento per ragioni di sicurezza, igiene e ordine pubblico.

Nonostante le ripetute richieste, anche formali, inoltrate a partire dal 2016, il sindaco rimaneva inerte. Il Tribunale di primo grado lo condannava per il reato di cui all’art. 328 del codice penale, riconoscendo anche il diritto al risarcimento del danno per la parte civile.

In appello, però, la situazione veniva ribaltata. La Corte d’Appello, pur riconoscendo la condotta omissiva, la qualificava come reato istantaneo e riteneva che la prescrizione fosse maturata. Secondo i giudici di secondo grado, il reato si era consumato poco dopo l’insediamento del sindaco nel 2013, quando era venuto a conoscenza dell’obbligo di agire. Di conseguenza, il reato era già estinto prima della sentenza di primo grado, con conseguente revoca delle statuizioni civili.

Il Ricorso per Cassazione: La Tesi del Reato Permanente

La parte civile proponeva ricorso in Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello. La tesi difensiva si basava su un punto fondamentale: il rifiuto di atti d’ufficio non doveva essere considerato un reato istantaneo, bensì permanente. Secondo questa prospettiva, l’omissione del sindaco si protraeva nel tempo, continuando a ledere il bene giuridico protetto fino a quando l’inerzia non fosse cessata.

Di conseguenza, il termine di prescrizione non sarebbe dovuto decorrere dal 2013, ma dalle ultime sollecitazioni o, addirittura, dalla cessazione della carica di sindaco. In subordine, si sosteneva che ogni nuovo sollecito a provvedere costituisse un nuovo e autonomo reato di omissione, spostando in avanti la data di consumazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando integralmente l’impostazione della Corte d’Appello. Le motivazioni dei giudici di legittimità sono chiare e si fondano su principi consolidati.

La Natura Istantanea del Reato

Il punto centrale della decisione è la qualificazione del reato. La Cassazione ribadisce che il reato di rifiuto di atti d’ufficio, previsto dall’art. 328, primo comma, c.p., è un reato di natura istantanea. La sua consumazione si perfeziona e si esaurisce nel momento stesso in cui il pubblico ufficiale, che ha il dovere di agire, omette o ritarda indebitamente il compimento dell’atto.

L’inerzia, anche se si protrae nel tempo, non trasforma il reato in permanente. La legge punisce il momento della violazione del dovere di agire ‘senza ritardo’, non la persistenza degli effetti di tale violazione.

L’Irrilevanza delle Sollecitazioni Successive

Una volta che il reato si è consumato con la prima omissione ingiustificata, le eventuali e successive richieste o diffide da parte dei cittadini sono giuridicamente irrilevanti ai fini della configurazione di nuovi reati o dello spostamento del termine di prescrizione. Il delitto è già stato commesso. La persistenza dell’inattività dell’agente può, al più, essere valutata dal giudice ai fini della determinazione della pena, ma non incide sulla struttura del reato.

Individuazione del Momento Consumativo

La Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito nell’individuare la decorrenza della prescrizione dal momento in cui il sindaco, una volta assunta la carica, è venuto a conoscenza della situazione e dell’obbligo di provvedere. Essendo questo avvenuto poco dopo il suo insediamento nel 2013, il termine di prescrizione, calcolato da quel momento, era già spirato alla data della sentenza di primo grado.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione: il rifiuto di atti d’ufficio si consuma con la prima omissione o ritardo ingiustificato, e da quel momento inizia a decorrere la prescrizione. Le successive sollecitazioni non hanno l’effetto di far ‘rivivere’ il reato né di creare nuove fattispecie autonome. Questa interpretazione, se da un lato garantisce la certezza del diritto, dall’altro sottolinea l’importanza per i cittadini di agire tempestivamente per denunciare le omissioni della pubblica amministrazione, al fine di evitare che l’azione penale sia vanificata dal decorso del tempo.

Il reato di rifiuto di atti d’ufficio è istantaneo o permanente?
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, il reato di rifiuto o omissione di atti d’ufficio (art. 328, comma 1, c.p.) è un reato istantaneo. La sua consumazione si esaurisce nel momento in cui si verifica l’omissione o il ritardo indebito, e non si protrae nel tempo.

Da quale momento inizia a decorrere la prescrizione per il reato di omissione di atti d’ufficio?
La prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il reato si è consumato, ovvero quando il pubblico ufficiale, avendo l’obbligo di agire ‘senza ritardo’, omette o ritarda il compimento dell’atto dovuto. Nel caso di specie, è stato individuato nel momento in cui il sindaco, dopo l’assunzione della carica, ha avuto conoscenza diretta dell’obbligo di eseguire l’ordinanza.

Le successive richieste di adempimento a un pubblico ufficiale possono interrompere o posticipare la prescrizione del reato?
No. Una volta che il reato si è consumato con la prima omissione, le successive sollecitazioni o diffide rivolte al pubblico ufficiale sono irrilevanti ai fini della decorrenza della prescrizione. Non configurano nuovi reati né spostano in avanti il momento consumativo di quello già commesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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